La consapevolezza che per evitare le catastrofi legate ai cambiamenti climatici bisogna eliminare i gas serra e che per sopperire alle richieste di energia - che cresceranno inevitabilmente col crescere della popolazione (si prevede una necessità doppia nei prossini 30 anni) le rinnovabili da sole molto difficilmente saranno sufficienti ha stimolato una accelerazione dell’impegno mondiale per rendere l’energia da fusione una realtà.
Gli scenari di lungo periodo mostrano che la fusione, se sarà competitiva dal punto di vista dei costi, potrà avere un ruolo significativo nella transizione energetica, in particolare nel caso di traiettorie di decarbonizzazione molto ambiziose. Inoltre, questa tecnologia, la cui disponibilità richiede ancora alcuni decenni, può contribuire a rendere meno complessa la gestione in sicurezza del sistema elettrico del futuro. In un momento di grande fermento dello scenario energetico ed ambientale, l’impegno del mondo della ricerca per sviluppare l’energia da fusione rappresenta non soltanto una sfida sul fronte scientifico e tecnologico ma anche un’opportunità per il sistema industriale nazionale in un settore con un potenziale rilevante in termini di crescita economica, nuova occupazione altamente qualificata e di competitività.
La ‘sfida’ della fusione ha avuto nel tempo una formidabile evoluzione. Il programma, inizialmente circoscritto agli studi di fisica, si è costantemente ampliato fino ad arrivare oggi a un sistema complesso, articolato, dove scienza, tecnologia, industria ed accademia hanno trovato le giuste sinergie per portare il Paese ai massimi livelli. Ad oggi l’Italia è ancora tra i principali protagonisti in questo settore in Europa e nel mondo, grazie a laboratori e impianti di eccellenza, alla capacità di ideare soluzioni tecnologiche innovative e di instaurare rapporti di collaborazione stabili con il mondo delle imprese per la realizzazione dei componenti necessari alla realizzazione dei progetti.
La svolta determinante per il programma arriva con la decisione di costruire ITER da parte di Europa, Stati Uniti, Russia, Cina, Corea del Sud, India e Giappone. ITER sancisce la dimensione mondiale di uno sforzo che a questo punto è orientato definitivamente alla realizzazione dell’energia da fusione.
Il reattore sperimentale ITER in costruzione a Cadarache (Francia): altezza 30m, diametro 30 m, peso circa 25000 t
Fonte: sito web ITER.org
L’aver orientato il programma alla realizzazione dell’energia da fusione ha determinato la necessità di identificare una roadmap europea che guarda al primo reattore dimostrativo DEMO, previsto verso il 2050.
La roadmap europea per la fusione
Fonte: Eurofusion
All'interno della roadmap, è stato riconosciuto che il problema dello smaltimento della potenza è un aspetto molto critico da risolvere prima della definitiva progettazione di DEMO.
Forte della sua tradizione d’eccellenza nella fisica e nell’ingegneria, l’Italia ha deciso di prendere parte all’iniziativa proponendo la realizzazione di una infrastruttura, in grado di sperimentare quei sistemi indispensabili per rendere l’energia da fusione non solo fattibile, ma anche economicamente competitiva.
La Divertor Tokamak Test facility (DTT) è stata concepita per affrontare questa grande sfida, che prevede lo sviluppo di un sistema "divertore" - la regione della camera di reazione dove viene smaltita l’energia termica del plasma – per il quale bisogna sviluppare meccanismi di smaltimento molto sofisticati per poter resistere ai grandi carichi termici attesi in una centrale a fusione.
I sistemi finora sviluppati non sono sufficientemente adeguati per l'applicazione in DEMO. In questo quadro, DTT è destinata affrontare e ad integrare tutti i problemi di fisica e tecnologia associati. Gli esperimenti condotti con DTT consentiranno un prezioso sviluppo di tecnologie innovative in diversi campi, con rilevanti ricadute per le industrie europee.
La DTT è finanziata da fondi pubblici/privati nazionali, europei e internazionali e la strategia di procurement è operativa dal 2019. L’investimento complessivo è superiore ai 600 milioni di euro e il tempo stimato di costruzione è di 7-8 anni.
Vista impianto DTT: Hall sperimentale e sistemi di riscaldamento del plasma
Fonte: DTT Scarl
Accanto a questi progetti vi sono delle iniziative che hanno l’obiettivo o di accelerare lo sviluppo di tecnologie che possano rendere più economica l’energia da fusione – come nel caso del programma del Commonwealth Fusion System (CFS) – o quello di sviluppare una alternativa ai tokamak – che oggi sono di gran lunga i sistemi più performanti – mitigando alcuni effetti tipici di questa configurazione: essenzialmente facilitare le operazioni in continua e ridurre i carichi elettromagnetici dovuti alla presenza di una corrente netta presente nel plasma tokamak.
Il CFS, che è uno spin off del MIT a forte partecipazione privata, ha in cantiere il progetto di una filiera di tokamak che operano a campi magnetici molto elevati realizzati con superconduttori cosiddetti ad alta temperatura critica che cioè riescono a condurre corrente senza dissipazione a temperature più elevate dei 4,5 K dei superconduttori tradizionali. Il programma è molto ‘aggressivo’ e prevede un primo prototipo – SPARC - entro 5 anni. A seguire un prototipo di reattore – ARC – che dovrebbe validare la filiera per una eventuale commercializzazione. CFS ha recentemente realizzato con successo un primo prototipo di magnete superconduttore che è ha prodotto un campo magnetico di 20 T. Per paragone, ITER lavorerà con un campo magnetico di 6 T (tesla, unità di misura del campo magnetico).
Questo risultato è molto promettente anche se ci sono ancora problemi da risolvere, incluso quello dello smaltimento dei carichi termici che la DTT si prefigge di superare.
Per quanto riguarda le opzioni alternative ai tokamak, si tratta di dispositivi a confinamento magnetico che, per l’appunto, consentirebbero un funzionamento in continua del reattore molto più agevole che nel caso dei tokamak. Questi dispositivi chiamati ‘stellarator’ hanno un sistema magnetico ‘integrato’ costituito da una serie di bobine di forma tridimensionale che avvolgono la camera di reazione. Anche il plasma ha una sezione che varia lungo la ‘ciambella’.
Lo stellarator Wendelstein 7-X in operazione in Germania che ha recentemente raggiunto un record di temperatura per questo tipo di sistemi
Fonte: web
Da quanto brevemente riassunto sopra, si può dedurre che gli sforzi in atto per realizzare l’energia da fusione coinvolgono istituzioni pubbliche e private di tutto il mondo. Questo fa ben sperare in una accelerazione della roadmap che renderà disponibile una fonte di energia che si prospetta come una grande opportunità per ottenere scenari energetici ad emissioni zero, scongiurando così la più grave minaccia per il futuro del Pianeta.