Algeria e Marocco sono ai ferri corti. Il 24 agosto scorso, il ministro degli Esteri algerino, Ramtane Lamamra, ha dichiarato l’intenzione “di tagliare le relazioni diplomatiche” con Rabat. Sebbene i rapporti tra le due parti siano tesi da circa trent’anni, sono state le “azioni ostili” condotte dal Regno marocchino a partire da luglio scorso ad aver spinto Algeri a prendere una simile decisione. Quello che viene ritenuto il più grave punto di crisi diplomatica mai raggiunto tra i due paesi dagli anni Settanta comporta una ricaduta sul settore energetico, dal momento che Algeri intende bypassare il Marocco nelle sue esportazioni di gas verso la Spagna, preferendo impiegare soltanto il gasdotto Medgaz e abbandonando la linea del Maghreb–Europe Gas Pipeline (MEG), che attraversa il Marocco per 540 chilometri. Ma andiamo per gradi.
Tra geopolitica...
Per comprendere l’origine dei dissidi bisogna fare un passo indietro, fino al 1975, anno dell’inizio della disputa sul Sahara Occidentale, una vasta striscia di deserto che si estende lungo la costa atlantica, a nord della Mauritania. Un tempo colonia spagnola, l'area è stata rivendicata nell'ultimo mezzo secolo sia dal Marocco sia dal Fronte Polisario, un movimento costituitosi il 10 maggio 1973, prima di annunciare, nel 1976, la nascita della Repubblica Democratica Araba dei Sahrawi (SADR). Il movimento instaurò allora un governo in esilio in Algeria, dando il via a una guerriglia per l’indipendenza, durata fino al 6 settembre 1991. In tale anno, venne dichiarato un cessate il fuoco, promosso dalla Missione delle Nazioni Unite per il referendum nel Sahara Occidentale (MINURSO), che è stato pressoché rispettato, ad eccezione di sporadiche tensioni, come quelle verificatesi nel novembre 2020, quando le autorità marocchine decisero di intervenire nella zona cuscinetto di Guerguerat, un piccolo villaggio nell’estremo Sud-Ovest del Sahara occidentale, per rispondere alle “pericolose e inaccettabili provocazioni” del Fronte Polisario.
Ad oggi, il governo di Rabat rivendica la propria sovranità sul Sahara Occidentale, mentre il Fronte Polisario, sostenuto da Algeri, continua a battersi affinché venga indetto un referendum per l’autodeterminazione del proprio territorio, che ospita circa mezzo milione di individui. In tale quadro, il movimento indipendentista controlla una striscia desertica del Sahara Occidentale a Est delle mura di difesa del Marocco, ma i suoi quasi 10.000 militanti sono concentrati non nel Sahara Occidentale, bensì nell’algerina Tindouf, città sede di campi profughi per la popolazione sahrawi. Motivo per cui per anni Rabat ha accusato Algeri di fornire al movimento indipendentista armi, munizioni e addestramento militare. Accuse mai del tutto né confermate né negate. Il Marocco, dall’altro lato, detiene il controllo su circa l’80% del territorio, che comprende depositi di fosfato e zone per la pesca.
Ad aver complicato ulteriormente la situazione vi è stata la scelta di Washington, sotto la precedente amministrazione di Donald Trump, di riconoscere la sovranità marocchina sul Sahara Occidentale. Tale decisione è da inserirsi nella cornice degli accordi di normalizzazione con Israele, ufficializzati il 22 dicembre 2020, che hanno visto Rabat ripristinare legami diplomatici con la parte israeliana dopo circa venti anni. Sino ad oggi, nessun altro Paese ha seguito la mossa degli Stati Uniti, sebbene Giordania, Emirati Arabi Uniti e Bahrein abbiano aperto consolati nel Sahara occidentale nell’ultimo anno, rafforzando ulteriormente la posizione di Rabat. Quest’ultima, infatti, ritiene che l’apertura di rappresentanze diplomatiche straniere nella contesa regione confermi la propria sovranità.
Non è un caso che l’elenco delle motivazioni enumerate dal governo marocchino il 24 agosto includano anche Israele, con particolare riferimento alle affermazioni di Yair Lapid, ministro degli Esteri israeliano, sul possibile avvicinamento di Algeri a Teheran e sulla campagna volta a impedire a Israele di divenire membro osservatore dell’Unione africana. Le “azioni ostili” riguardano, poi, attività di spionaggio con il software israeliano Pegasus e le dichiarazioni del rappresentante marocchino all’Onu sul diritto all’autodeterminazione della regione algerina di Cabilia. Non da ultimo, Marocco e Israele sono stati accusati di sostenere MAK, movimento separatista a maggioranza berbera di Cabilia, tra i presunti responsabili dell’ondata di incendi che ha colpito l’Algeria dal 9 agosto, provocando circa 90 vittime.
...ed energia
A due giorni dall’annuncio dello stop diplomatico, il 26 agosto, il ministro dell’Energia algerino, Mohamed Arkab, nel corso di un incontro con l’ambasciatore spagnolo, Fernando Moran, ha riferito che il proprio Paese fornirà gas alla Penisola iberica senza più passare per i territori marocchini, impiegando esclusivamente Medgaz, un gasdotto che, attraversando il Mediterraneo, collega l’algerina Béni-Saf ad Almeria, città del Sud della Spagna. Anche in tal caso, si è trattato di una mossa non inaspettata. Già il 13 luglio scorso, infatti, era stato concordato l’ampliamento di Medgaz per una capacità aggiuntiva di 2 miliardi di metri cubi all’anno, per arrivare a superare i 10 miliardi di metri cubi all’anno di capacità totale dal quarto trimestre del 2021. Tale accordo, in realtà, era stato raggiunto dopo che la Spagna aveva temuto un mancato rinnovo del contratto da parte del Marocco per via dei dissidi tra i due paesi. Ciò aveva spinto l’Algeria ad agire su Medgaz, fornendo rassicurazioni al partner spagnolo prima ancora di recidere i legami con il Regno marocchino. L’espansione comporta l’installazione di un quarto turbocompressore, con un investimento pari a circa 73 milioni di euro. A tal proposito, Sonatrach ha fatto sapere che a fine novembre tale quarta unità entrerà in funzione, consentendo l’esportazione di 10,5 miliardi di metri cubi di gas naturale, in aumento rispetto agli 8 miliardi esportati in precedenza.
Al momento, il destino del MEG, Maghreb–Europe Gas Pipeline, è ancora incerto. La conduttura sottomarina di 1.400 chilometri trasporta, da 25 anni, oltre 10 miliardi di metri cubi di gas all’anno dalla città algerina di Hassi R’Mel ai territori di Spagna e Portogallo, passando per il Marocco, che riceve il 7% delle royalties sul gas trasportato. Il contratto scadrà il 31 ottobre e, sinora, non è stato stabilito nulla di ufficiale. Rimane quindi incerta la fine che rischiano di fare gli introiti del Marocco, passati nel corso degli anni, dai 500 milioni ai 2,4 miliardi di dirham, rispettivamente 47 milioni e 227 milioni di euro. Secondo la stampa algerina, il valore delle importazioni di gas naturale del Marocco per l'anno 2020 è stato di 750 milioni di metri cubi, di cui 600 milioni forniti dal gasdotto maghrebino-europeo.
Pertanto, il mancato rinnovo di MEG costringerebbe Rabat a cercare alternative per soddisfare le proprie esigenze, oltre a vedersi privata di una significativa fonte di guadagno. Il gas rappresenta il 10% del consumo energetico nazionale e la perdita di accesso al gas algerino colpirebbe in particolare due centrali elettriche situate nel Nord del Marocco, a sud di Tangeri e a sud di Jerrada, entrambe basate sul gas importato. Ad ogni modo, per limitare la propria dipendenza da Algeri, il Regno marocchino ha già messo a punto un piano nazionale in materia di gas naturale, volto a soddisfare la domanda interna di produzione di energia elettrica, nel quadro di una road map che si estende fino al 2050.
Al contempo, esperti marocchini ritengono che l’Algeria verrà colpita negativamente dalle sue stesse mosse. Alcune delle conseguenze potrebbero essere anche di tipo legale, in quanto MEG è regolato da un accordo tra diverse parti internazionali e la violazione dei suoi termini potrebbe comportare ingenti risarcimenti. Inoltre, far dipendere le consegne da un unico gasdotto, anziché da due, potrebbe essere rischioso per un’economia, quella algerina, che dipende per il 93% dalle entrate di gas e petrolio, soprattutto se si considerano eventuali guasti e incidenti tecnici. Ad essere compromessa è poi la posizione di Algeri stessa, risultata essere, nel 2020, il maggiore fornitore di gas della Spagna e il secondo per l’Italia. Lo scorso anno, Roma ha ricevuto circa 12 miliardi di metri cubi di gas algerino, il 18% in più rispetto al 2019, mentre secondo i dati di S&P Global Platts Analytics, la Spagna ne ha importato circa 9 miliardi di metri cubi, di cui circa un 60% tramite Medgaz e il rimanente via MEG. Come evidenziato da Gonzalo Escribano, direttore del Programma Energia e Clima dell'Elcano Royal Institute, una presunta riduzione del quantitativo di gas fornito, a fronte di un possibile aumento della domanda, potrebbe rendere i prezzi di questa materia prima ancora più cari di quanto non lo siano in questa particolare congiuntura di quotazioni record. Motivo per cui Madrid potrebbe negoziare con Algeri una chiusura graduale di MEG, così da testare via via l’efficienza di Medgaz.
Tuttavia, nonostante i rapporti tesi e complicati, è verosimile pensare al raggiungimento di accordi sul funzionamento della conduttura sottomarina che passa per il Marocco che continuerà a rappresentare un elemento di cooperazione strategica da cui ciascuna parte coinvolta può trarre benefici.