Il mercato immobiliare, così come altri settori economici, è interessato da profondi cambiamenti necessari per mantenersi al passo con il processo di transizione energetica in atto. È anche un comparto, che come altri, ha risentito della crisi generata dalla pandemia che ha colpito il settore oltre ad aver definito nuove regole ed esigenze. Di questo e di altri temi legati al real estate abbiamo discusso con Marco Zandonà, Direttore Politiche fiscali presso ANCE.
Il mercato immobiliare è fortemente coinvolto dal processo di transizione energetica: quanto pesano su questo comparto le politiche volte a guidare il sistema economico verso la decarbonizzazione?
Le politiche di decarbonizzazione incidono pesantemente sul mercato immobiliare in quanto sempre più il valore della casa e dell’immobile in generale è direttamente collegato all’efficienza energetica, oltre che alla sicurezza statica dello stesso. In questo contesto, l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione possono contribuire ad accelerare la transizione energetica verso un’economia verde: processo che ha segnato i primi importanti passi nel corso degli ultimi 20 anni e che sembra sempre più indifferibile se il pianeta vuole incamminarsi verso una crescita sostenibile. Tuttavia, nonostante negli ultimi anni siano stati introdotti diversi meccanismi di regolazione e di incentivo all’efficientamento degli edifici (dal 36% al 50%, all’ecobonus e sismabonus e, da ultimo al superbonus del 110%), c’è ancora molto margine per fare di più, soprattutto nel comparto residenziale. Anche perché parliamo di un settore che è responsabile per circa il 27% delle emissioni climalteranti nazionali e il 28% dei consumi, per una spesa di 40,8 miliardi di euro per le famiglie.
Secondo l'indagine di Enea, Fiaip e I-Com, però, nel 2020 gli indicatori di efficienza del mercato degli immobili non segnano passi avanti rispetto all'anno precedente. Si può però dire che la sensibilità degli acquirenti a case più efficienti sia comunque aumentata negli anni?
Assolutamente. Negli ultimi anni il mercato ha evidenziato un vero cambio di rotta nelle richieste degli acquirenti, specie per le abitazioni. Mentre prima il costo più elevato di un nuovo immobile costruito in efficienza energetica e la crisi del mercato immobiliare hanno indirizzato gli acquirenti a ricercare case usate e con bassa efficienza energetica ma con costi più contenuti, magari poi da ristrutturare con gli incentivi fiscali vigenti, negli ultimi tre anni, come evidenziato anche dagli intermediari immobiliari, i potenziali acquirenti si informano di più sulle prestazioni energetiche dell’immobile e sui conseguenti costi condominiali molto più elevati in case energivore. Le nuove costruzioni ormai come obbligo di legge sono in classe A, per l’usato invece, sempre più i clienti, già nella fase di valutazione dell’unità abitativa, si informano sulla classe energetica dell’immobile. Sono informati e sono consapevoli dell’importanza di essere in classe A. Sanno che il valore di acquisto sarà più elevato rispetto ad una classe B o ad un usato, ma comprendono che recupereranno questo maggior esborso iniziale con un basso importo di spese condominiali per quanto attiene al riscaldamento.
La pandemia ha accelerato la sensibilità ambientale dei compratori?
Le mutate esigenze, dettate dalle limitazioni imposte dal Covid hanno chiesto agli ambienti domestici di dimostrare un grado di adattabilità mai visto prima. Gli spazi si sono infatti dovuti via via convertire in ambienti flessibili, polifunzionali e digitali e il vivere più la casa ha fatto emergere una crescita dei consumi e l’esigenza di sistemi di termoregolazione efficienti e economici. Da qui anche l’esigenza dei Governi mondiali di adottare misure incentivanti che catalizzino risorse per tali obiettivi. Molto si può fare, infatti, usando la leva fiscale pe rindirizzare i consumi. Per due anni, nel 2016 e 2017 esisteva una norma che riduceva del 50% l’IVA per l’acquisto di abitazioni in classe energetica elevata a prescindere dal fatto che si trattasse di prima e seconda casa. Gli effetti prodotti sono stati eccezionali anche tenuto conto che, sotto il profilo finanziario, è lo Stato, il socio di maggioranza che ci guadagna di più nelle compravendite immobiliari e indirizzando i consumi consegue anche l’interesse pubblico di risparmiare sulla bolletta energetica nazionale. Il Decreto sostegni bis, appena approvato dal Governo e in corso di discussione parlamentare, prevede l’esenzione dal pagamento delle imposte per gli atti di acquisto della prima casa per i giovani con meno di 36 anni e un ISEE non superiore a 40.000 euro annui. Non si parla, tuttavia di case efficienti sotto il profilo energetico e sicure staticamente. Magari suggerirei modifiche in tal senso nel corso della conversione in legge.
È una critica al Governo?
Questo Governo nasce con l’impegno di mettere l’ambiente al centro della strategia dell’esecutivo e di considerare la decarbonizzazione come una chiave della ripresa del paese post Covid. La creazione di un Ministero della Transizione Ecologica e la revisione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, rappresentano punti chiave per perseguire a breve il sogno di edifici a consumo quasi zero. Al momento il processo si è avviato, ma siamo solo all’inizio. La rivoluzione verde per la transizione ecologica del PNRR avrà un budget di ben 59 miliardi di euro. Questo è un forte segnale per il settore immobiliare. Il settore delle costruzioni è da sempre il motore della crescita, tra tutti i comparti di attività è quello che spinge maggiormente l'economia di un Paese perché genera domanda interna sull'80% degli altri settori economici. Ogni euro speso in infrastrutture si trasforma in 3,5 euro di PIL nel medio periodo. Il nesso tra crescita economica e risorse destinate al settore edilizio è dunque innegabile.
Quali sono stati sul real estate i contraccolpi della crisi generata dalla pandemia?
Come evidenziato dai dati del Centro Studi ANCE, la pandemia non ha risparmiato il settore del real estate e delle costruzioni in particolare. La stima per il 2020 è di un consistente calo degli investimenti in costruzioni del -10,1% su base annua, generalizzato a tutti i comparti. Per il 2021 è previsto un rimbalzo del +8,6% dei livelli produttivi, trainato dal comparto del recupero abitativo (+14%) grazie agli incentivi in vigore. Per consentire tale crescita è fondamentale cogliere le importanti opportunità presenti sul mercato, come il Superbonus 110%, misura per la quale va assolutamente prevista una proroga quantomeno al 2023. Altrimenti rischiamo un arresto incomprensibile di un processo di crescita e di riqualificazione edilizia voluto da tutti.
In Italia oltre 12 milioni di immobili hanno più di 40 anni. È effettivamente così?
Purtroppo, confermo la pessima situazione energetica del patrimonio edilizio nazionale. Il Rapporto annuale 2020 sulla certificazione energetica, elaborato da Enea e CNI, fotografa una situazione in graduale miglioramento, ma la maggior parte degli edifici in Italia rimane in classi energetiche basse al di fuori degli standard europei. Quasi il 60% del parco immobiliare nazionale risulta avere prestazioni energetiche carenti, nelle due classi energetiche F-G. Si tratta per la maggior parte di immobili costruiti tra il 1945 e il 1972 (39,9%), con una quota consistente (20,2%) di edifici anteriori al 1945. Con il Super Bonus al 110%, che richiede il salto di almeno due classi energetiche ci aspettiamo un balzo di qualità ma a patto che si eliminano gli ostacoli che hanno frenato dal 1 luglio 2020 il ricorso a tali incentivi.
Quale è il bilancio ad un anno dall’istituzione del Super Bonus?
I dati del monitoraggio Enea Mise testimoniano il forte interesse dimostrato dal mercato per la misura fiscale: al 17 maggio 2021 risultano 14.450 interventi legati al Superbonus per un ammontare corrispondente di oltre 1,8 miliardi di euro. La maggior parte degli interventi riguarda edifici unifamiliari e unità immobiliari indipendenti, mentre la quota dei condomini risulta piuttosto ridotta (il 9,6%), anche in virtù della maggiore complessità procedurale che rende più difficoltosa la partenza dei lavori rispetto agli interventi che insistono su singole unità abitative. In termini di importi, gli edifici condominiali rappresentano quasi il 40% dell’importo complessivo. Si tratta, ovviamente, di lavori con importo medio importante (oltre 500.000 euro), se raffrontato agli interventi su singole abitazioni (circa 90.000 euro). L’eliminazione del problema della conformità urbanistica degli edifici su cui si interviene, rilancerà il ricorso alla misura. Il decreto semplificazioni, infatti, prevede che per l’avvio dei lavori basterà la CILA, e non è più richiesta la doppia conformità. Via libera, pertanto al 110%.