Dal Rapporto Rifiuti Urbani 2020 al Recovery Fund. Intervista a tutto tondo al Direttore Generale di Ispra, Alessandro Bratti, che prevede un nuovo impulso per l’economia circolare, ma teme che senza una riformulazione del sistema di autorizzazioni e un potenziamento deli organi di controllo i nuovi investimenti rischiano di non tradursi in una transizione concreta.
Se si potesse fare una fotografia della situazione dei rifiuti urbani in Italia, quali sarebbero i tratti più interessanti?
Il Rapporto Rifiuti Urbani che fotografa il 2019 registra un dato interessante ed importante, ossia il disaccoppiamento, seppure lieve, tra il PIL e la produzione dei rifiuti. A fronte, infatti, di una crescita del primo, la produzione di rifiuti è calata, a differenza di ciò che avveniva in passato, quando, contestualmente alla ripresa economica, si osservava un aumento della produzione dei rifiuti. L'altro dato positivo è l'aumento della raccolta differenziata che riguarda tutta la penisola, addirittura con percentuali di incremento maggiore al Sud e al Centro. Il dato nazionale si attesta al 61,3%, una soglia incoraggiante e significativa. Per quanto riguarda il riciclo e il recupero, l'Italia è tra i leader in Europa, non solo per la quantità di rifiuti riciclati ma anche per il tasso di riutilizzo all'interno delle filiere produttive. Con riferimento alle singole frazioni dei rifiuti di imballaggio (carta, vetro, organico, legno), fatta eccezione per la plastica, abbiamo già superato gli obiettivi europei previsti al 2025. Sul fronte dello smaltimento le note sono meno positive, poiché ad oggi conferiamo ancora in discarica il 21% dei rifiuti prodotti, una quota che va dimezzata entro il 2035. Allo stesso modo c'è da intervenire sulla frazione organica, che ad oggi rappresenta la metà dei rifiuti urbani su scala nazionale. Da questo punto di vista c'è da intervenire sia sull'impiantistica che sulla qualità della raccolta, poichè se l'obiettivo è quello di trarre valore da questa frazione allora il rifiuto che giunge all'impianto deve essere il più possibile "pulito" per evitare ulteriore scarto al momento della lavorazione. Il quadro del 2020 presenta evidentemente tinte più fosche, dovute all'impatto della pandemia, che si spera transitorio. Come ISPRA stimiamo una riduzione su scala nazionale, ma bisognerà aspettare un bilancio consuntivo per poterla confermare.
Un mese fa, in un’intervista, ha dichiarato che sull’economia circolare le norme ingessano i processi. A cosa si riferiva?
Su questo punto bisogna essere molto precisi. Vi è infatti una differenza sostanziale tra la normativa, che nel nostro caso è di matrice prettamente comunitaria, e le procedure che invece ci troviamo ad affrontare a livello nazionale e locale. I limiti che noi ravvisiamo riguardano il secondo aspetto, ossia tutti quei processi di carattere amministrativo che spesso, invece, che facilitare una transizione la ostacolano, o meglio la ingessano. Basterebbe, infatti, razionalizzare le procedure e gli iter autorizzativi per riuscire a dimezzare le tempistiche delle autorizzazioni, pur rispettando la normativa e la verifica da parte degli organi di controllo. Personalmente, come già ho proposto in passato, ritengo che per uscire da questa impasse basterebbe semplificare gli iter autorizzativi in fase di realizzazione, rafforzando però i controlli e il monitoraggio ex post. Mi spiego meglio: non sto dicendo di sbloccare in maniera selvaggia, anche perchè la normativa europea è molto precisa circa gli obblighi in fase di autorizzazione. Ma sicuramente oggi siamo in possesso di tecnologie inimmaginabili fino a qualche anno fa, che consentirebbero di costruire un sistema di "intelligence" e di controllo più efficace, il che permetterebbe di spalmare la fase di verifica lungo un arco temporale più congruo, senza arrestare la transizione o ricadere sulle imprese, pubbliche o private che siano.
Non si rischia però di favorire i furbetti? Alimentando quei conflitti tra salute e transizione ecologica sui quali spesso ISPRA è chiamata ad intervenire?
Guardi, le posso assicurare che oltre il 90% delle imprese lavorano su altissimi standard di sicurezza e serietà. Un migliore modello di controllo permetterebbe di ostacolare ed eliminare dal mercato quel 10% che oggi danneggia la credibilità dell’intero sistema e di conseguenza una transizione che si fa ogni giorno più urgente. Il conflitto tra un sistema imprenditoriale che punta a fare in “fretta” e i cittadini che temono che le cose non si facciano “bene” è fisiologico. Il trade-off tra velocità e sicurezza esiste, non possiamo tacerlo, e probabilmente oggi paghiamo le inefficienze della storia recente del nostro Paese che hanno acuito le preoccupazioni dei consumatori, dei cittadini e degli organismi di controllo. Questo vale per il vecchio tanto quanto vale per il nuovo. Idrogeno, batterie, eolico, fotovoltaico: la transizione passa per nuove tecnologie che avranno sicuramente un impatto ambientale. Il nostro ruolo è quello di conoscere, misurare, ridurre, divulgare e infine accettare questo impatto. Purtroppo, a differenza di quello che molti pensano, nel campo della scienza – lo stiamo scoprendo con i vaccini - non esiste il bianco e il nero, ma tante sfumature fatte di probabilità, cifre, analisi. Si tratta di costruire una cultura della consapevolezza che nel nostro paese manca. Una missione che, come ISPRA, ci vede in prima linea.
Cosa ci si aspetta che possa cambiare con lo sviluppo del Green Deal e con i fondi in arrivo dal Recovery fund in tema di rifiuti?
Dalla bozza del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che abbiamo avuto modo di vedere risultano diversi investimenti in termini di economia circolare. Non sono in grado di dirle nel dettaglio come verranno spesi e indirizzati questi finanziamenti, ma seguiamo con grande interesse gli sviluppi del piano e sappiamo che l'impulso alla circolarità passa dall'ammodernamento dei vecchi impianti e dalla realizzazione di nuovi. Riciclo chimico e molecolare della plastica, riutilizzo degli altri imballaggi, rapporto tra agricoltura e industria, bioplastica: mi sembrerebbe strano che in un piano come il Recovery Fund non vi fosse un'attenzione verso uno sviluppo omogeneo di tutta la filiera dell'economia circolare. Il vero tema sarà quello delle autorizzazioni e dei controlli, poiché una volta ottenuti i finanziamenti, con il sistema di autorizzazioni di cui parlavo sopra rischiamo di non vedere una traduzione concreta del piano di ripresa.
Se verranno finanziati nuovi impianti come ISPRA non rischiate di rimanere travolti da un'ondata di nuove richieste di verifica e controllo?
Ho già espresso le mie preoccupazioni e le rinnovo. Al momento, pur rispettando tutte le scadenze, fatichiamo a sbrigare l'ordinario. Senza un aumento di organico e un potenziamento della struttura rischiamo di trovarci impreparati all'appuntamento più importante. Ad oggi tutti si stanno concentrando sulla definizione dei progetti, ma nessuno ancora sta considerando in che modo questi progetti verranno poi realizzati. Per questo abbiamo lanciato una serie di seminari che prende il nome "PRESTO e BENE”. Perché a un certo punto bisognerà capire come passare dal progetto al cantiere.