Le comunità di energia rinnovabili raggruppano cittadini, piccole e medie imprese e enti territoriali per garantire la condivisione dell’energia rinnovabile prodotta fra i membri della stessa comunità. In un ambito territoriale molto circoscritto - quello delle utenze sotto la stessa cabina secondaria (equivalente a un piccolo quartiere) - la comunità può fare impianti propri o convenzionarsi con impianti di terzi per organizzare la condivisione dell’energia.

Gli impianti devono essere piccoli (allacciati in bassa tensione quindi generalmente fino a 100 kW) e devono essere di nuova costruzione.

Uno speciale premio in termini di incentivi e restituzione di alcune voci pagate in bolletta dai membri della comunità sarà dovuto in relazione all’energia che gli impianti convenzionati con la comunità produrranno simultaneamente al consumo da parte dei membri della comunità.

Tale energia simultaneamente prodotta e consumata si considererà energia condivisa e avrà quindi una valorizzazione pari a oltre il triplo del valore che viene ordinariamente dato all’energia immessa in rete. Sarà, poi, possibile cumulare a tale beneficio sull’energia condivisa quello della detrazione fiscale per gli impianti finanziati direttamente dalla comunità o da privati o condomini che aderiscono alla comunità, a certe condizioni in parte ancora da chiarire, come si vedrà in seguito.

Qualora gli impianti messi a disposizione della comunità fossero impianti dei Comuni, in alternativa alle detrazioni fiscali potranno essere ottenuti, se disponibili a livello regionale o nazionale, contributi in conto capitale alla realizzazione dell’impianto.

I vantaggi delle comunità energetiche

I benefici dati da queste configurazioni giustificano la attribuzione di tali incentivazioni  (contributi in conto produzione + detrazioni fiscali) per quattro ordini di ragioni: 1) perché si tratta di energia rinnovabile; 2) perché è energia prodotta e consumata localmente e quindi ci sono meno costi per il suo trasporto e meno perdite sulla rete; 3) perché stimolare il consumo di energia nell’arco temporale in cui vi è produzione rinnovabile è importante per ottimizzare l’uso dell’energia rinnovabile e diminuire la necessità di supporti a fonte fossile ai fabbisogni di capacità e infine 4) perché si stimola lo sviluppo locale e l’attenzione alle situazioni locali di povertà energetica.

Le comunità di energia rinnovabile possono associare i loro membri con qualsiasi forma ammessa dalla normativa che garantisca alla comunità di assumere diritti e doveri e devono essere “aperte”. Cioè deve essere possibile a qualsiasi soggetto residente nel quartiere poter aderire alla comunità.

Il carattere aperto delle comunità implica che le condizioni di adesione alle comunità dovrebbero essere tali da non pregiudicare la potenziale adesione anche di soggetti in stato di povertà energetica.

I ricavi della comunità al netto dei costi di gestione amministrativa della comunità, di gestione tecnica dell’impianto e di ammortamento dei costi di investimento potranno essere destinati alla restituzione ai membri della comunità.

Uno strumento contro la povertà energetica

Le comunità consentono, dunque, a soggetti in stato di povertà energetica che non potrebbero mai investire nella realizzazione di impianti a fonte rinnovabile di condividere, invece, i benefici della installazione di un impianto a fonte rinnovabile e di ottenere così importi che contribuiscono alla riduzione dei loro costi energetici.

Gli importi che i soggetti in situazione di povertà energetica potranno ottenere saranno tanto più alti quanto minore è il costo di investimento sopportato dalla Comunità.

Il massimo contributo alla povertà energetica si potrà dunque ottenere quando la Comunità si avvale della detrazione fiscale congiuntamente allo sconto in fattura o quando per la condivisione di energia si utilizzano impianti messi a disposizione (anche grazie a contributi pubblici) dai Comuni gratuitamente o a condizioni molto favorevoli.

Da un punto di vista pratico, dunque, per fare sì che la comunità energetica possa dare un effettivo contributo alle situazioni di povertà energetica sarà importante: (i)  evitare di subordinare l’ associazione alla comunità al pagamento di quote di associazione; (ii) prevedere nello Statuto o negli accordi per la ripartizione dei proventi che una quota parte preferenziale delle restituzioni ai membri sia garantita ai soggetti in stato di povertà energetica; (iii) ridurre quanto più possibile le spese di gestione della comunità attraverso il ricorso a strumenti quanto più possibili semplici come le associazioni non riconosciute; (iv) cercare per quanto possibile di massimizzare le condizioni di convenienza dell’adesione alla comunità attraverso l’uso del beneficio fiscale della detrazione fiscale, ovvero attraverso il convenzionamento con impianti messi a disposizioni dai Comuni.

Per stimolare e aiutare le comunità a supportare la povertà energetica sarebbe utile che la legislazione regionale che si sta diffondendo in materia di comunità energetiche si concentrasse nella messa a disposizione dei Comuni di fondi per supportare il loro investimento in infrastrutture da mettere a disposizione delle comunità di energia rinnovabile e in particolare a quelle che danno un contributo preferenziale ai soggetti in situazione di povertà energetica.

Altro punto importante sarebbe meglio chiarire la disciplina fiscale delle comunità di energia rinnovabile di cui alla Risoluzione 18/E dell’Agenzia delle Entrate del 12 Marzo 2021. In particolare per quanto riguarda le detrazioni fiscali e la configurazione come reddito diverso dell’energia venduta dagli impianti che aderiscono alle comunità.

Per quanto riguarda la detrazione fiscale l’Agenzia delle Entrate scrive che quest’ultima è comunque subordinata alla condizione che l’impianto sia installato per far fronte ai bisogni energetici dei componenti della configurazione medesima, la cui attività non costituisce svolgimento di attività commerciale abituale”. Il che sembra non tenere conto che le comunità sono soggetti aperti e rivolti non solo a cittadini ma anche a piccole e medie imprese e enti territoriali. Sarebbe opportuno chiarire che quando un impianto è finanziato da una Comunità costituita in forma di ente non commerciale o messo a disposizione di una  comunità in forma di ente non commerciale la detrazione è sempre possibile.

L’Agenzia delle Entrate scrive poi che “il corrispettivo per la vendita dell’energia, nella misura in cui l’energia prodotta e immessa in rete resta nella disponibilità del referente della configurazione, con facoltà di cessione al GSE medesimo, sia fiscalmente rilevante, configurando un reddito diverso di cui all’articolo 67, comma 1, lett. i)”. Sarebbe opportuno da parte dell’Agenzia delle Entrate specificare che costituisce reddito solo l’energia venduta che non è oggetto di autoconsumo collettivo. Altrimenti tassando il valore dell’energia auto-consumata collettivamente si riduce significativamente l’efficacia della disciplina e la si rende meno conveniente rispetto all’autoconsumo fisico e allo scambio sul posto dove rispettivamente l’energia auto-consumata e l’energia conguagliata in conto scambio non sono considerate reddito per gli enti non commerciali.