Uno dei primi testi che mi fu consigliato di leggere quando ero un giovane apprendista nel settore dell’energia aveva un titolo evocativo: “Energy today and tomorrow: living with uncertainty”. Quel libro condensava anni di esperienza maturata da studiosi del calibro di Joel Darmstader e di Hans Landsberg nel centro di ricerca Resources For the Future, che è ancora oggi considerato uno dei più autorevoli think tank internazionali in materia di energia e ambiente. In quegli anni l’incertezza era alimentata dal sempre precario equilibrio tra gli investimenti in ricerca e sviluppo di risorse fossili e i prezzi dell’energia, entrambi esposti alle tensioni che potevano scaturire all’improvviso da assetti geopolitici assai instabili. Politiche conseguenti e lungimiranti avrebbero dovuto puntare all’indipendenza energetica come miglior cura per attenuare l’incertezza dell’oggi e del domani. Nel giro di pochi decenni è mutata radicalmente la prospettiva delle politiche energetiche, che spingono la transizione in una direzione dettata per ora più dalla lotta ai cambiamenti climatici che dalla realtà dei mercati energetici. E l’incertezza oggi promana dall’innovazione tecnologica e dai mercati dell’energia elettrica, dovendo a questo punto dare per certo che se transizione vi sarà essa dovrà passare prima dalla decarbonizzazione della generazione elettrica e dall’elettrificazione della domanda di energia.

Nell’Unione Europea i tempi della transizione sono scolpiti negli obiettivi di riduzione delle emissioni e di incremento della quota di mercato delle fonti rinnovabili che i Paesi membri hanno poi recepito nei Piani nazionali. Mentre i risultati dell’innovazione tecnologica sono per definizione incerti sia nei tempi sia nella portata. Questo vale ovviamente anche nel campo delle fonti rinnovabili, degli accumuli di energia e della demand flexibility, vale a dire tutto quello che sarà essenziale per garantire stabilità ai sistemi elettrici decarbonizzati e affidabilità alle forniture, se non anche la loro convenienza economica. L’impressione di questi anni è che anche in questi ambiti il processo innovativo sia path dependant. Il percorso su cui dovrà avanzare rispettando i tempi della transizione dipenderà in gran parte da come saranno organizzati i mercati dell’energia elettrica che dovranno accogliere le innovazioni. Non esiste purtroppo un design dei mercati pronto da applicare e valido per tutti i sistemi elettrici. Vi è una larga convergenza tra gli studiosi sul fatto che la regolazione dei mercati dovrà essere adattata al contesto così come è definito dalla struttura dei mercati e delle infrastrutture che li supportano, e dal potenziale sfruttabile di risorse rinnovabili.

L’innesco della transizione è però identico: occorre creare le condizioni perché vi sia una crescita rapida e regolare della quota di generazione assicurata da fonti rinnovabili nei sistemi elettrici. Quello che servirà nel prossimo decennio sono tanti investimenti. Ed è quello che da alcuni anni sembra mancare all’Italia a giudicare dai risultati registrati nelle ultime aste per le fonti rinnovabili, dai dati forniti dall’osservatorio Anie e dai bollettini del Gestore dei Servizi Elettrici. Un decennio è lungo e potrebbe non essere sbagliato creare le condizioni affinché gli investimenti si concentrino nella seconda parte del periodo, diversamente da quel che capitò nella stagione degli incentivi a pioggia quando l’entrata dell’Italia fu sia troppo anticipata sia troppo frettolosa.

Un requisito che appare in ogni caso indispensabile è dare più certezze a chi deve investire per quel che concerne sia i criteri da applicare sia i tempi da rispettare nelle procedure di autorizzazione e nella realizzazione delle opere di connessione. Su questo punto si registrano, come al solito, molte lamentele da parte degli investitori. E come al solito ci si deve augurare che sia finalmente possibile trovare un’armonia di intenti tra i soggetti coinvolti a livello centrale e periferico. In parallelo devono essere messi a punto gli strumenti economici per attrarre gli investimenti. L’Italia ha già predisposto praticamente tutto l’armamentario: aste per le diverse tecnologie rinnovabili, capacity market e mercati dell’energia che, esprimendo prezzi dell’elettricità tra i più alti d’Europa,  come si ricava dai monitoraggi dei regolatori europei e dai dati del Gestore del mercato elettrico, sarebbero pronti per attivare Power Purchase Agreement (PPA).  

Quello che evidentemente manca ancora è il fine tuning degli strumenti, che va calibrato in base al contesto in cui gli investimenti si calano. Prendendo ad esempio le deludenti aste italiane, il fine tuning che sembra necessario non riguarda tanto i prezzi base, ma il perimetro delle tecnologie ammesse ai bandi di gara, i volumi da assegnare, la frequenza dei bandi e il coordinamento tra i tempi assegnati ai vincitori all’interno dei bandi e quelli necessari per completare gli iter “esterni”. Last but non least, la componente di incentivo compresa nei prezzi d’asta dovrebbe orientare anche la scelta dei siti in base all’impatto sulle infrastrutture di rete esistenti, tenuto conto che la fase evolutiva successiva dei sistemi elettici riguarderà la penetrazione di accumuli e la diffusione di servizi di demand flexibility in ausilio alla gestione delle reti. La strumentazione regolatoria per questa fase è ancora incerta anche perché sono ancora da decifrare le direzioni che prenderà l’innovazione tecnologica in questi ambiti.

Per capire cosa occorrerebbe fare adesso suggerisco, tanto per cambiare, di dare uno sguardo alla Germania. Nonostante gli investimenti in fonti rinnovabili abbiano già un altro passo - nel 2020 sono stati realizzati quasi 5 GW fotovoltaici e 1,4 GW eolici onshore - a fine dicembre il Parlamento tedesco ha approvato un nuovo Renewable Energy Act. Secondo la sintesi corredata di grafici e tabelle che si può leggere qui, la nuova legge alza gli obiettivi da raggiungere al 2030 e aggiorna di conseguenza il cronoprogramma delle aste per tecnologie. Definisce la remunerazione per gli impianti di taglia minore che non partecipano alle aste. Introduce una soluzione-ponte al problema degli impianti in scadenza di incentivo che dovrebbe estendersi fino al 2027, quando ci si aspetta che i prezzi di mercato siano sufficientemente remunerativi. Inizia a trasferire la copertura degli incentivi dalla tariffa elettrica alla fiscalità generale. Concede incentivi economici alle comunità locali per favorire l’accettazione di parchi eolici. Rivede i modi per orientare la localizzazione dei nuovi investimenti in base allo stato del sistema elettrico. Agevola, infine, la transizione al mercato della produzione rinnovabile riducendo la protezione dai prezzi negativi e impegnandosi a introdurre a breve un quadro di regole che agevolino la stipula di PPA tra impianti rinnovabili e consumatori privati.

Verrebbe da chiudere con un “c’è un legislatore a Berlino”, invitando chi vuole a leggersi La giustizia tra verità inventate e storie parziali - Giustizia Insieme, le vicende più o meno certe del mugnaio di Potsdam e del suo mulino alle prese con l’imperatore e la giustizia tedesche.