Pitesai sta per Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee. L’acronimo, di conio grillino, vede la luce all’inizio del 2019: alle polemiche di No Triv e Verdi per il rilascio di alcuni permessi ambientali per la ricerca di idrocarburi, il ministro dell’Ambiente Sergio Costa risponde con una nota annunciando un prossimo provvedimento blocca-trivelle – nonostante l’esito contrario del referendum di tre anni prima. Gli fa eco pochi giorni dopo l’allora sottosegretario allo Sviluppo economico Davide Crippa (M5S), annunciando un emendamento al decreto Semplificazioni allora in fase di conversione in legge. Gli emendamenti, tutti targati M5S, saranno addirittura quattro.

Si era allora sotto il primo governo Conte e la maggioranza era composta da Lega e M5S. La proposta blocca-trivelle prevedeva in origine una moratoria di tre anni per i permessi di ricerca e prospezione già rilasciati e lo stop ai procedimenti per il rilascio di nuovi permessi di prospezione, ricerca o coltivazione. La proposta M5S dava a Mise e Minambiente 24 mesi di tempo per approvare, appunto, il Pitesai, cioè un piano che avrebbe dovuto indicare le aree idonee alla ricerca e produzione di idrocarburi e quelle invece in cui, all’atto di adozione del Piano, sarebbero decaduti i permessi di ricerca e prospezione, mentre i giacimenti in produzione sarebbero arrivati a naturale scadenza, senza possibilità di proroga.

Ne seguì un’aspra trattativa con la Lega, che produsse, come contropartita per l’alleato, la regionalizzazione delle concessioni idroelettriche e, in tema di idrocarburi, una riduzione dei tempi: 18 mesi per approvare il Pitesai e 24 mesi di moratoria, con esclusione dei permessi di coltivazione. Termini che sarebbero tornati all’originaria impostazione (24 e 30 mesi) appena un anno dopo, con un nuovo governo Conte e con un emendamento al decreto Milleproroghe approvato a fine 2019 e convertito in legge a inizio 2020.

La moratoria, secondo quanto dichiarato allora dal Mise, determinò la sospensione di 73 permessi di ricerca vigenti (47 in terra, e 26 in mare), di cui 35 già sospesi per istanza del titolare, e 79 istanze pendenti di permessi di ricerca (54 in terra, e 25 in mare), oltre a 5 istanze di permesso di prospezione in mare. Questi sono dunque i termini in vigore: il Pitesai deve essere adottato entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore della legge (13 febbraio 2021); se non viene approvato, allo scadere dei 30 mesi (13 agosto 2021) cessa la moratoria sui procedimenti e sulle attività di ricerca e prospezione.

Lo scorso luglio, la sottosegretaria allo Sviluppo economico Alessia Morani annunciava il prossimo avvio della Valutazione ambientale strategica (Vas) sul Piano, entro ottobre 2020. Il Piano, secondo Morani, sarebbe stato “approvato come previsto dal Milleproroghe entro il 13 febbraio 2021 di concerto con il ministero dell'Ambiente”, anche con l'intesa della Conferenza Unificata.

Sempre in estate, però, emergono indiscrezioni su un nuovo intervento restrittivo. Fino a quando, poco prima di Natale, iniziano a circolare bozze di un decreto Milleproroghe che dispone la soppressione del Pitesai e lo stop istantaneo e definitivo per nuovi permessi di ricerca e prospezione di idrocarburi su tutto il territorio nazionale. La norma dura meno di 24 ore. No Triv e ambientalisti protestano, ma da Palazzo Chigi il decreto-legge esce senza il nuovo blocca-trivelle. La norma fantasma è in qualche modo rivendicata dal ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli in un’intervista rilasciata a Repubblica la settimana successiva. Il “blocca trivelle” definitivo, dice Patuanelli, sarà riproposto in un provvedimento ad hoc: “abbiamo deciso di superare l'idea della mappa che doveva definire dove è consentito e dove no trivellare, per vietarlo ovunque. Questo non si poteva fare col Milleproroghe e ci sarà quindi una norma ad hoc”.

Passa appena un mese e Patuanelli, rispondendo a un’interrogazione parlamentare, sembra riportare pienamente in pista il Pitesai, sottolineando tra l’altro che il Piano non è “in antitesi con le necessità di salvaguardare la produzione nazionale di gas e i livelli occupazionali”, visto che le concessioni di coltivazione non solo non sono oggetto di sospensione ma possono addirittura essere prorogate. Tanto più sensata sarebbe la razionalizzazione introdotta con il Pitesai, sottolinea il ministro, dal momento che la produzione di gas nazionale è concentrata in una ridotta percentuale delle concessioni. Circa il 13% delle concessioni attive fornisce l'80% della produzione nazionale: quattro miliardi di metri cubi sui cinque prodotti nel 2019 sono venuti da appena 15 concessioni.

La partita non è chiusa: proprio in questi giorni il Parlamento è alle prese con la conversione in legge del nuovo Milleproroghe. Sia Lega che M5S hanno presentato emendamenti per allungare di 12 mesi i tempi di adozione del Pitesai. Per i grillini però questo andrebbe di pari passo con una proroga della moratoria, mentre per il Carroccio la sospensione non dovrebbe proseguire. Non pervenuta, per ora, la posizione del PD. Il Piano dovrebbe essere quasi pronto e a breve, a quanto pare, potrebbe partire la prima fase della Vas. Ma la proroga – con o senza moratoria – serve comunque, visto che il termine scade tra appena dieci giorni.