Che il 2020 sia stato un anno particolare anche per il mondo dell’energia è evidente a tutti: la situazione emergenziale, divenuta ormai strutturale, introdotta dalla pandemia ha ridotto i consumi elettrici abbassando i prezzi dell’energia (per la prima volta dal 2013 il PUN ha toccato il floor di 0 €/MWh). Se questo da una parte ha ridotto la spesa per i consumatori, dall’altra ha creato qualche mal di testa ai produttori rinnovabili, a causa dell’aumento della cannibalizzazione dei prezzi, e ai termoelettrici che hanno visto il clean spark spread entrare in terreno negativo.

Tuttavia, nonostante i timori di una crisi prolungata, benché il prezzo medio dell’anno 2020 abbia raggiunto il minimo storico, nel secondo semestre il mercato si è attestato a valori non distanti allo stesso periodo dell’anno precedente con una riduzione di 4 €/MWh, in linea con la contrazione della domanda (-3% vs secondo semestre 2019). Infatti, dopo il lockdown primaverile, caratterizzato da una vera e propria serrata di molti siti produttivi, domanda e prezzi elettrici hanno imboccato un trend crescente, invertito solo ad ottobre ma subito recuperato a partire da novembre, che ha portato la richiesta di energia elettrica di dicembre 2020 a superare il valore registrato nel 2019, evento simbolicamente rilevante considerando il contesto in cui si inserisce. Il dato che vede la domanda elettrica del 2020 in contrazione del 5,3% anno su anno non deve quindi trarre in inganno sull’effettivo stato di salute del mercato elettrico: la riduzione è dovuta principalmente ai mesi delle restrizioni più severe per combattere la pandemia, mentre la restante parte dell’anno ha soddisfatto le attese portando i consumi a 302 TWh, lo stesso valore previsto prima dell’estate da Elemens.

Il nuovo anno: commodities, domanda e soprattutto import

Non sorprende, quindi, che il 2021 sia iniziato con i prezzi elettrici in risalita rispetto ai mesi precedenti, ma a fronte della fiammata registrata nei primi venti giorni di gennaio (che vede il PUN crescere del 17% rispetto a dicembre 2020) e dello stato di incertezza che caratterizza i mercati energetici in questo periodo è lecito chiedersi, e cercare di capire, se questo aumento sia dovuto a una fisiologica risposta alla variazione dei classici driver di prezzo o se possa essere ricondotto a un cambiamento strutturale dei fondamentali tale da riflettersi sulle aspettative degli operatori di mercato. A tal proposito, nonostante l’approssimazione che caratterizza questo esercizio poiché concentrato su un periodo di tempo estremamente ridotto, può essere interessante confrontare il PUN delle prime tre settimane di gennaio del 2021 con lo stesso periodo dell’anno precedente valutando l’impatto dei singoli fattori sul prezzo.

Dall’analisi emerge come i tre fattori che solitamente influiscono in maggior misura sui prezzi di mercato – rinnovabili, domanda e costo delle commodities – in questo caso pesino solo per la metà dell’aumento su base tendenziale. Difatti se le rinnovabili - spinte soprattutto dall’eolico che, con una crescita superiore al 30%, bilancia le variazioni di PV e idroelettrico – smussano leggermente i prezzi, la domanda in lieve rialzo e i costi delle commodities in forte aumento (con il prezzo gas che registra un aumento maggiore del 50% rispetto a gennaio 2020) contribuiscono a una crescita significativa del PUN. La spinta decisiva al PUN al superamento dei 60 €/MWh è stata tuttavia data dall’import: gli scambi di energia sulla frontiera Nord con le nazioni continentali si sono ridotti circa del 40% andando ad aumentare la quantità di energia prodotta sul territorio nazionale con l’ovvia conseguenza, come suggerito dalla struttura del costo di generazione termoelettrica, di un innalzamento del Prezzo unico nazionale trascinato anche da una possibile riduzione della pressione competitiva sul parco di generazione. Il crollo dell’import è dovuto principalmente all’innalzamento del costo dell’energia a livello europeo che ha causato la riduzione del differenziale di prezzo tra PUN e zone continentali confinanti (-66% anno su anno) ed ha, a cascata, impattato anche gli scambi con l’Italia. La tendenza bullish che ha caratterizzato i prezzi spot ha diverse cause nei singoli paesi, ma verosimilmente i principali fattori di questo andamento sono da cercare, ancora una volta, nell’aumento del costo delle commodities e della domanda elettrica, quest’ultima alimentata dalle basse temperature (in Spagna i prezzi sono cresciuti fino superare in media i 70 €/MWh, una soglia raggiunta solo da due mesi negli ultimi 5 anni).

Cause delle principali variazioni tendenziali del PUN (elaborazioni Elemens)

Fonte: Elemens

Un mutamento delle aspettative?

Per capire se la fiammata sta producendo effetti strutturali, è utile anche volgere lo sguardo ai futures, valori che più riflettono gli umori degli operatori. L’aumento del PUN, sicuramente unito ad un cauto ottimismo sulla possibilità di contenere la pandemia grazie alla diffusione dei primi vaccini, ha contribuito a rialzare i valori delle quotazioni a termine: è significativo a tal proposito l’esempio dato dal prodotto mensile per il mese di febbraio 2021 che si è apprezzato di circa 10 €/MWh nel solo mese di dicembre, per poi continuare a salire anche nel corso di gennaio. Questo andamento è seguito quasi pedissequamente anche da altri prodotti, come ad esempio il baseload 2022 che crescendo gradualmente ha già recuperato 4 €/MWh nell’ultimo mese. Tuttavia, tale andamento dei mercati, pur collocandosi in un contesto rialzista abbastanza stabile potrebbe essere ancora soggetto ad una significativa volatilità, perfettamente comprensibile vista l’incertezza del periodo che potrebbe aumentare l’instabilità dei mercati.

Per sapere cosa ci riserveranno i prossimi mesi, soprattutto sul mercato a termine, sarà necessario tenere d’occhio le previsioni sull’evoluzione nel breve periodo della domanda elettrica - che risultano significativamente variabili e soggette a repentini cambiamenti legati all’evoluzione della pandemia - e del mercato del gas, recentemente soggetto a forte volatilità congiunturale.  Nel mentre, gli operatori rinnovabili potranno sfruttare questa finestra rialzista per provare ad ottenere condizioni leggermente più convenienti nella stipula dei contratti di lungo periodo.