L’indagine 2020 sulle famiglie e la casa condotta da Nomisma da oltre dieci anni su un campione rappresentativo di famiglie italiane intende restituire, anche in questa edizione più difficile, alcune chiavi con cui interpretare la complessità del tempo-Covid, gli “apprendimenti” durante-Covid e gli “anticipi di futuro” di una domanda di mercato per molti versi ancora ignota, per altri inedita.
Il mantra del “nulla sarà più come prima” associato al “ne usciremo migliori” arma la peggiore delle trappole: pensare al “futuro automatico”. La dicotomia del “prima-dopo” non ci aiuta a uscire dalla trappola dell’automatismo e l’indagine 2020 (somministrata tra fine aprile e inizio maggio) ha avuto l’obiettivo di analizzare il vissuto delle famiglie italiane nel “durante”, con la consapevolezza che comprendere “cosa” e “come” i nuclei familiari stanno vivendo significhi spiare quali nuove consapevolezze stanno maturando e quali visioni di futuro iniziano a prefigurare.
Riattraversare la fase 1 della pandemia con gli occhi delle famiglie e della casa significa assumere uno sguardo “speciale” per diversi motivi. Le famiglie sono gli attori protagonisti indiscussi di questo tempo-Covid, ma il desiderio di leggere le dinamiche pone la questione di un continuum della complessità familiare dalle 8,5 milioni di famiglie uni-personali alle 10 milioni di famiglie con figli di cui la metà “famiglie sandwich” con una compresenza di compiti educativi per la presenza di minori e di compiti di cura per anziani e disabili. La casa si è trasformata in un caleidoscopio di esperienze ed è diventata simultaneamente il luogo della scuola, del lavoro e del tempo libero. In molti casi l’unico “campo di gioco” per affetti, desideri, paure e speranze.
Quali sono i primi effetti-Covid sulle famiglie e la casa? Come le famiglie hanno rivisto le proprie priorità e l’“agenda politica” del Paese? In che modo reinterpretano l’abitare e l’opportunità di una casa green?
Nello spirito di radicarci nel “durante”, che per molti versi diventa anche un “duramente”, senza fughe nel “dopo” che potrebbe tradursi in pericolose semplificazioni, proponiamo alcune aree di cambiamento in corso dello sguardo familiare o qualche evidenza da cui iniziare a cogliere buoni lasciti o addirittura qualche “anticipo di futuro”.
Primo, ansia da ripristino e in-consapevolezza sociale. L’effetto del Covid è visibile, ma non ancora drammatico, sui dati hard (reali) ma non si trasferisce ancora sui dati soft (percezioni). Per il 23,4% delle famiglie il reddito netto famigliare disponibile è diminuito e le famiglie che hanno accumulato ritardi nel pagamento degli affitti sono passate dal 9,6% al 24%. Tuttavia, sulle intenzionalità, i dati non sono così dissimili dall’edizione 2019: sono sempre 2,5 milioni le famiglie potenzialmente intenzionate ad acquistare casa, 2 milioni quelle sul mercato dell’affitto e oltre 6 milioni disposte a ristrutturare l’abitazione (al netto del Decreto Rilancio con il super bonus del 110%). Questo contesto insolito ci ha indotti ad aggiustare i dati sulle percezioni di futuro con quelli delle reali possibilità economico-reddituali, evidenziando come nell’indagine 3D (in cui è stato introdotto questo elemento di “realtà aumentata”) la domanda di acquisto è di 630mila famiglie (160mila considerate più probabili) e quella di affitto di 730mila. Tali risultati testimoniano che probabilmente c’è stato ancora poco tempo da parte delle famiglie per elaborare la possibile “catena delle crisi” (sanitaria, economica, sociale, democratica) del Covid o, ancora peggio, che le famiglie siano state avvolte da un contesto di auto-rassicurazione e di attesa per un tempestivo ripristino della normalità. Possiamo riconoscere come gli arcobaleni sono serviti a mitigare l’angoscia di molti bambini ma non riescono ad oscurare la realtà. Meriterebbe un’analisi particolare la dinamica della comunicazione pubblica che, per qualità e quantità delle informazioni prodotte in fase 1, ha avuto un ruolo determinante nella costruzione degli immaginari familiari.
Secondo, fiducia da fronteggiamento e concretezza. Il tempo-Covid ha subito manifestato la sua influenza determinando una originale gerarchia tra gli attori. Le famiglie riconoscono solo una massiccia fiducia nei confronti di medici e infermieri (8,2 in una scala di 10), del volontariato (7,8) e degli insegnanti (6,5), tre attori sociali che hanno assicurato una presenza determinante nel garantire la tenuta delle famiglie sul fronte della cura e dell’istruzione. In questo senso le famiglie italiane manifestano una “fiducia da fronteggiamento”, in quanto orientata soprattutto verso quei soggetti che nel quotidiano sono stati percepiti come capaci di fronteggiare le minacce tipiche della pandemia, prime fra tutte quelle dell’area sanitaria e, a seguire, quelle di tipo sociale. L’investimento fiduciario sulla figura degli insegnanti può essere letto in una duplice direzione. Da una parte, è un esplicito riconoscimento dell’importanza delle figure educative che, nella stragrande maggioranza dei casi, hanno saputo trovare nuovi equilibri, in modo da garantire una didattica a distanza e una tenuta delle relazioni a fronte di una radicale disarticolazione dell’organizzazione scolastica e dei processi di apprendimento. Dall’altra parte, si può leggere in filigrana il riconoscimento del valore dell’istruzione per la vita dei figli, sul piano non solo della conoscenza, ma anche della socialità. In questo contesto sarà importante valutare gli effetti del sovraccarico delle famiglie che si sono dovute reinventare spazi, strumenti, tempi e presenze coerenti con le necessità delle lezioni. Una particolare attenzione sarà necessaria per le famiglie a basso capitale culturale e quindi in difficoltà nel garantire supporto e accompagnamento ai propri figli, che sono quindi esposti ai rischi della povertà educativa.
Terzo, green solo se social. Lo sguardo familiare durante-Covid modifica le priorità sia nei confronti del sistema, sia rispetto al proprio abitare. L’agenda politica delle famiglie italiane subisce profonde variazioni: rispetto al tempo pre-Covid la disoccupazione registra un aumento di importanza del 66,9%, il debito pubblico del 49,9% e le disuguaglianze economico-sociali del 49,2%. Un dato particolarmente significativo è il rilevante calo dell’importanza dell’immigrazione (-8,6%), che tra gli anziani (65 anni e più) raggiunge il -20,4%. Sul proprio abitare, oltre al forte orientamento sulle case per vivere e non per dormire (dove si sono concentrati gli sforzi urbanistici e di progettazione dell’ultimo decennio), le famiglie segnalano il desiderio di re-interpretazione del green e del social senza una soluzione di continuità. Se da un lato l’esperienza del lockdown ha imposto un ripensamento degli spazi interni, facendo emergere l’esigenza di un giardino privato o di un balcone, oltre alla dotazione di servizi digitali necessari per la connessione veloce, nella ricerca di una casa i fattori più rilevanti per le famiglie sono connessi alla qualità dell’immobile (in termini di sicurezza sismica ed efficientamento energetico), alla qualità contestuale (accessibilità, aree verdi, servizi di vicinato), agli spazi esterni (spazi pubblici e di relazione). Tutti elementi per cui le famiglie sarebbero disposte a pagare un sovrapprezzo di oltre il 20%, ma verso i quali sarà difficile rinvenire un’offerta adeguata se ad esempio il super bonus del 110% viene concepito solo come copertura dei costi delle famiglie e non venga invece pensato come un sostegno gestito da una regia pubblica che consenta di
rigenerare “spicchi di città” in chiave green e social, con attenzione ai contenitori (edifici) ma anche ai contenuti (servizi e contesto).
È proprio nel tempo-Covid che la Città è chiamata a lasciarsi sfidare dal suo “oltre-Covid”, che per le famiglie diventa un oltre-casa (il quartiere, le strade, la piazza) e un oltre-green (la prossimità, le relazioni, gli spazi pubblici).