La tecnologia fotovoltaica è tra le più promettenti in termini di sicurezza energetica e mitigazione dei cambiamenti climatici, e non deve stupire che il suo mercato stia crescendo rapidamente a livello globale. Un aspetto meno indagato ma non per questo meno importante riguarda gli impatti che il fotovoltaico presenta su tutto il ciclo di vita, impatti che, se analizzati, confermano che si tratta di una delle fonti di generazione elettriche più sostenibili sotto il profilo ambientale. Parallelamente allo sviluppo esponenziale delle nuove installazioni a livello globale, aumenterà però il numero di moduli fotovoltaici che raggiungeranno il cosiddetto fine vita e quindi la quantità di rifiuti che dovremo smaltire e auspicabilmente valorizzare. Un rapporto pubblicato nel 2016 dall'International Energy Agency Photovoltaic Power Systems Program (IEA PVPS) e dall'International Renewable Energy Agency (IRENA) prevede infatti che i moduli fotovoltaici esausti al 2030 ammonteranno a 1,7–8,0 milioni di tonnellate, e entro il 2050 raggiungeranno le 60-78 milioni di tonnellate.
Tuttavia, mentre gli impatti del ciclo di vita degli impianti fotovoltaici (PV) sono stati ampiamente esplorati dalla letteratura scientifica, la fase legata al fine vita è stata generalmente esclusa o trascurata da queste analisi, principalmente a causa della bassa quantità di pannelli finora dismessi e della mancanza di dati sul loro smaltimento.
In due recenti studi del 2016 e del 2019, un team di ricerca del Joint Research Centre della Commissione Europea ha analizzato le prestazioni di diversi processi per il riciclo dei pannelli fotovoltaici in silicio cristallino, proprio in un’ottica di Life Cycle Assessment (LCA).
Nel primo lavoro è stato analizzato il processo di recupero integrale denominato FRELP (Full Recovery End-of-Life Photovoltaic), che rispetto ai metodi tradizionali consente di recuperare fino al 98/99% dei materiali originali. Si tratta di un sistema più complesso delle attuali linee di separazione e riciclo, articolato in diverse fasi di tipo meccanico e chimico, che permette di recuperare, da una tonnellata di rifiuti fotovoltaici, la quasi totalità del vetro (98%), del silicio metallico (95%), del rame (99%) e dell’argento (94%) per un totale di 908 kg. Da notare come alcuni dei materiali recuperati sono annoverati dalla Commissione Europea tra le materie prime critiche per l’economia dell’Unione (cd. critical raw materials) per la loro importanza strategica e l’elevato rischio di interruzione dell’approvvigionamento.
Il progetto FRELP viene quindi analizzato su tutto il ciclo di vita, che va dalla raccolta dei rifiuti fotovoltaici alla produzione di materiali riciclabili. I risultati mostrano un processo che, tra gli altri impatti ambientali e il consumo di risorse, genera 370 kg di CO2 eq, per tonnellata di rifiuto trattato (PV waste treated). Al tempo stesso vengono presi in considerazione tutti benefici ambientali derivanti dalla potenziale produzione di materie prime secondarie e confrontati con gli impatti legati alla produzione di materie prime e alla fabbricazione dei pannelli fotovoltaici. Se ne deduce che, quando i materiali di scarto vengono riciclati per produrre materie prime secondarie, si possono ottenere rilevanti benefici ambientali. Ad esempio, la produzione di alluminio dai rottami dei rifiuti fotovoltaici comporta un risparmio di 2.155 kg di CO2 eq per ogni tonnellata di rifiuti fotovoltaici.
La metodologia LCA è stata inoltre applicata per valutare le prestazioni ambientali dell'innovativo processo rispetto ai tradizionali impianti che seguono le modalità di smaltimento dei rifiuti RAEE. I risultati hanno dimostrato che questo metodo implica impatti maggiori per la lavorazione ma benefici molto più elevati in termini di materiali riciclati. Stimando i benefici netti rilevanti, si trova per esempio che rispetto all'attuale riciclaggio il processo FRELP consentirebbe una riduzione di circa il 10-15% delle diverse categorie di impatto (ad es: riscaldamento globale, tossicità, ecotossicità, radiazioni ionizzanti, ecc.). Sono stati inoltre osservati benefici molto più elevati su: tossicità umana, eutrofizzazione, acidificazione, particolato e ozono stratosferico. Per quanto riguarda il consumo di risorse non rinnovabili, i benefici netti del processo FRELP sono di due ordini di grandezza superiori rispetto a quelli dei sistemi attualmente utilizzati. Questi benefici sono principalmente legati al recupero di alcune frazioni altrimenti scartate (ovvero silicio metallico e argento) e alla maggiore quantità e qualità di altre frazioni riciclate (alluminio, vetro e rame). Il processo di recupero consente inoltre il recupero energetico delle materie plastiche utilizzate nei cavi, l'incapsulamento e il back-sheet del pannello fotovoltaico.
In un secondo studio, gli impatti dei diversi processi di recupero sono stati nuovamente confrontati a seconda dei benefici ambientali legati al recupero delle materie prime secondarie. Ne è emerso che i processi attualmente in uso negli impianti esistenti hanno generalmente prestazioni ben al di sotto del reale potenziale, per alcuni aspetti inferiori agli obiettivi della Direttiva europea. Al contrario, un sistema di recupero più efficiente permetterebbe di raggiungere questi obiettivi e di recuperare materiali di alta qualità (come silicio, vetro e argento) che generalmente vengono scartati negli impianti di trattamento tradizionali. I benefici dovuti al recupero di questi materiali controbilancerebbero i maggiori impatti che un processo ad alta efficienza comporta.
Se consideriamo l'intero ciclo di vita del pannello, si osserva come la fase produttiva sia quella che garantisce i più significativi benefici ambientali nel ciclo di vita. Tuttavia, i benefici dovuti ad un riciclo ad alta efficienza presentano interessanti ricadute per alcune categorie di impatto, in particolare per quanto riguarda l’indicatore che tiene in conto il consumo di risorse non rinnovabili. Tra l’altro, la ricerca evidenzia come i trattamenti termici siano generalmente necessari per garantire un’ulteriore efficienza del riciclo. Questi trattamenti devono però essere attentamente valutati poiché possono essere responsabili delle emissioni di inquinanti atmosferici (come il fluoruro di idrogeno potenzialmente rilasciato dalla combustione delle materie plastiche). Inoltre, le potenziali modifiche al processo di riciclo ad alta efficienza, inclusa la delocalizzazione di alcuni trattamenti per l'ottimizzazione del trasporto dei rifiuti e l'introduzione della pirolisi nel trattamento termico dei rifiuti, vanno attentamente valutate.