Abbiamo intervistato Paola Gigli (Direttore Tecnico presso Stantec)
Assomineraria, l’associazione che riunisce i principali operatori della filiera estrattiva e dell’energia in Italia, ha creato un gruppo di lavoro dedicato alla tematica del decommissioning offshore, con l’obiettivo di aprire un tavolo di confronto tra operatori, imprese, società di ingegneria e progettazione e istituzioni su questo importante tema. Per comprendere meglio le ragioni che hanno portato alla creazione di questo gruppo, conoscere meglio lo stato del decommissioning offshore in Italia, e le competenze che le aziende italiane possono offrire in questo settore abbiamo intervistato Paola Gigli, la coordinatrice del gruppo, che ha raccolto i pareri dei membri del gruppo e li ha sintetizzati nell’intervista che segue.
Come nasce il gruppo di lavoro di Assomineraria sul decommissioning? Perché ora?
Molte installazioni nell’offshore adriatico sono pronte per una nuova fase, quella che segue il periodo di vita produttiva. Con le Linee Guida Nazionali per la dismissione mineraria delle piattaforme presentate lo scorso febbraio dal MiSE i tempi sono maturi per cominciare a ragionare sulle attività di decommissioning in Italia. Assomineraria non ha fatto altro che cogliere il desiderio che emergeva dalle aziende che oggi fanno parte di questo gruppo di fare squadra e di mettere a fattore comune le proprie esperienze e competenze al fine di essere protagonisti del dibattito nascente tra operatori e istituzioni, anche a livello internazionale. Il gruppo che si è costituito si è poi posto, fin da subito, pochi e chiari obiettivi circa la creazione di una filiera in grado di rispondere alle necessità dei gestori delle piattaforme. Una filiera che riesca a favorire la definizione di un quadro normativo adeguato e mettere a disposizione le migliori competenze e tecnologie per ridurre i rischi e puntare all’eccellenza, oltre che a promuovere la collaborazione con gli stakeholder locali per prevenire e evitare incomprensioni e contestazioni. Quello che si intende fare è sviluppare una strategia di decommissioning condivisa e a lungo termine per l'Italia, che tenga conto della sicurezza, dei processi di esecuzione e della riduzione dei costi. E che permetta di sfruttare una concreta opportunità di business e, in futuro, di esportare il know how nei mercati internazionali che presto si affacceranno su questo mercato.
Quali aziende fanno parte della squadra e di quali competenze sono in possesso?
Le compagnie che fanno parte del gruppo di lavoro coprono tutta la filiera produttiva dell’Oil&Gas: si va dagli operatori (Edison, Eni), ai general contractor (Baker Hughes, Maire Tecnimont, Monsud, Rosetti Marino, Saipem, Schlumberger Italiana) fino alle società di ingegneria e consulenza (DG Impianti Industriali, Golder Associates, Goriziane Group, Rina Consulting, Stantec). Si tratta di aziende che possono vantare una leadership mondiale nel settore Oil&Gas, che hanno già maturato esperienze nel comparto della dismissione, demolizione e bonifica industriale e che posseggono competenze replicabili nei programmi di dismissione degli impianti di estrazione. In particolare, le società di ingegneria e consulenza contribuiscono con un largo bagaglio di esperienze negli ambiti (a titolo esemplificativo) di program/project management, analisi decisionale multicriterio, studi di fattibilità, valutazione di impatto ambientale, monitoraggio degli ecosistemi coinvolti, sviluppo dell’ingegneria, gestione sicurezza, permitting, progettazione alla fase di testing, inspection e auditing. I contractor hanno familiarità con le migliori tecnologie disponibili sul mercato utilizzate direttamente durante tutte le fasi della dismissione di una struttura offshore: dalla messa in sicurezza dei pozzi (in gergo chiamata Plug&Abandonment: P&A) alla rimozione delle strutture emerse e sottomarine. Inoltre sono consapevoli della necessità delle operazioni di logistica offhsore ed onshore e dell’attenzione che va prestata a tutto ciò che concerne la sicurezza e la salvaguardia ambientale.
Storicamente, la filiera dell’Oil&Gas italiana si è sempre collocata tra i leader mondiali di questo settore. Per il decommissioning vale lo stesso discorso?
Mentre in altre parti del mondo sono già state completate rimozioni e demolizioni di piattaforme petrolifere e relative infrastrutture, nel caso dell’Italia si comincia solo in anni recenti ad affrontare tale attività e si dovrà tenere conto della oggettiva sensibilità ambientale e sociale nella quale si dovrà operare. E non mancano le sfide sul profilo tecnico. Il Mare Adriatico ed il Mediterraneo più in generale pongono sfide importanti che richiedono soluzioni tecniche di alto profilo, accompagnate da un adeguato e tempestivo coinvolgimento dei portatori di interesse. In Italia ci sono le conoscenze per affrontare il processo di dismissione delle strutture offshore, le tecnologie sono disponibili sul mercato nazionale o facilmente reperibili sul mercato internazionale. Ci sarà certamente da lavorare per consolidare la filiera, e affinare aspetti quali la logistica onshore, la gestione dei rifiuti, e il permitting. Un altro aspetto stimolante è dato dallo studio di scenari di dismissione che possano comportare il re-utilizzo di queste strutture. Un grande spazio dovrà in generale essere dato a studi, anche con il contributo delle università, per sviluppare il nuovo settore nel contesto del Mediterraneo. Fortunatamente i tempi appaiono ormai maturi per avviare un approfondito ragionamento sul futuro delle strutture offshore non più produttive: le Linee Guida emesse dal governo forniscono sicuramente uno spunto per aprire e portare avanti una discussione in merito, non essendo però di per sé immediatamente applicabili in maniera operativa.
Sorgerebbe spontanea la domanda sulle tempistiche…
Purtroppo non dipende solo da noi. Prevediamo tempi lunghi soprattutto per quanto riguarda il processo autorizzativo, poiché restano da chiarire, da un punto di vista giuridico ed amministrativo, i temi legati alle caratteristiche che dovranno avere le yard di demolizione e, da un punto di vista della normativa rifiuti, come saranno classificate le strutture (piattaforme, sealine, teste pozzo, etc). Ma, come detto, i tempi sono maturi: è il momento di trovare il coraggio di fare il grande passo, così come lo fu nel 1999 per l’avvio strutturato delle caratterizzazioni ambientali e bonifiche in Italia con il D.M. 471/99, uscendo dal circolo vizioso della non piena chiarezza degli aspetti normativi, dei programmi degli operatori, che non permette al sistema di organizzarsi adeguatamente per affrontare il tema con il giusto commitment. Da parte nostra continueremo il processo di condivisione avviato in questi mesi, e organizzeremo una serie di eventi di confronto/ approfondimento sulle tematiche emerse relative agli aspetti normativi, al permitting ambientale e alla relativa logistica.