La ripartenza delle politiche a favore delle energie rinnovabili con l’atteso Decreto FER1 apre oggi nuove prospettive per il settore ma pone anche una serie di interrogativi per il domani.
Gli obiettivi al 2030 della proposta di Piano Energia Clima prevedono una quota di rinnovabili sul consumo elettrico interno lordo del 55,4% rispetto al 34,5% del 2018, quasi raddoppiando la potenza eolica installata e triplicando quella fotovoltaica. Una crescita impegnativa, in larga parte spostata in avanti nel tempo dal Piano confidando in un futuro, ulteriore, calo dei costi. Si prospetta una forte accelerazione degli investimenti che seguirebbe un lungo periodo di frenata causato dalle incertezze generate dalla straordinaria stagione di crescita spinta dagli incentivi.
La generazione da rinnovabili non sta vivendo il suo momento migliore: nel 2018 è salita solo di 11 TWh rispetto al 2017, grazie all’idroelettrico, ai massimi dal 2015. Le altre fonti, invece, segnano un calo: -1,7 TWh per il solare (-7,1%), -1,4% l’eolico e -0,8% le bioenergie. Le nuove realizzazioni sono da tempo molto rallentate. Nel 2018 si sono registrati in Italia progetti in nuovi impianti FER (o rinnovamento di esistenti) per una potenza di 1,1 GW e un valore di 2 miliardi di euro.
Il decreto FER1 dovrebbe portare circa 8 GW di nuove installazioni in meno di tre anni, con un calendario di aste piuttosto stretto a causa dei ritardi accumulati finora.
Ma poi, come si procederà? Il calo dei costi di generazione (-47,5% il LCOE dell’eolico dal 2012 al 2018 in Italia; -58% il fotovoltaico in Europa) renderà superflui gli strumenti di supporto? I contratti di lungo periodo si svilupperanno a sufficienza da sostenere gli investimenti necessari? La discesa della spesa per incentivi, sempre più marcata nei prossimi anni, libererà risorse che saranno allocate per sostenere il PNIEC? Oppure saranno impiegate per ridurre gli oneri in bolletta? O ancora, destinati ad altri investimenti (come gli accumuli e le infrastrutture) necessari a garantire la sicurezza del sistema con quote crescenti di rinnovabili? O addirittura saranno indirizzate verso usi fuori dal settore energetico?
Le nostre analisi indicano che il sistema delle aste con contratti per differenza (CFD) comporteranno oneri molto limitati (o addirittura nulli) per sviluppare le rinnovabili. Una conferma arriva anche dalle aste tedesche, in alcune delle quali i prezzi di aggiudicazione sono stati inferiori a quelli di mercato. L’avvio di investimenti merchant anche in Italia, inoltre, induce a ritenere che le rinnovabili si svilupperanno “autonomamente”. La questione, sfortunatamente, non pare così semplice.
In assenza di policy chiare e stabili, gli investimenti nelle rinnovabili potranno crescere solo se effettivamente più remunerativi di quelli tradizionali. Ciò può, ad esempio, avvenire se i prezzi delle emissioni si manterranno sufficientemente sostenuti, come sta avvenendo ora, dopo anni di quotazioni molto basse. In ogni caso, le rinnovabili sono inserite in un più ampio sistema elettrico, ben più articolato e complesso della sola fase di generazione.
Un disegno organico per il settore e per il Paese nel suo complesso è dunque imprescindibile. Da questo punto di vista, paiono anche superate le valutazioni condotte solo sui costi generazione (LCOE). Bisogna piuttosto ragionare in termini di costo complessivo per il sistema, ovvero del kWh consegnato al cliente finale. In altri termini, il prezzo del prodotto non più “franco fabbrica”, ma “franco destino”.
Sono, infatti, necessari cospicui interventi per assicurare la sicurezza e l’economicità del sistema elettrico. Da una parte, occorre rinforzare le reti di trasmissione nazionali e le interconnessioni con l’estero per gestire flussi via via crescenti, vista la differente localizzazione degli impianti di generazione (Sud e Isole) rispetto alla maggiore domanda (Nord). Dall’altra, serve una riforma organica della regolazione per la Generazione Distribuita (GD) e l’autoconsumo, passando per le comunità energetiche locali e sfruttando l’aggregazione di domanda e offerta, oltre agli accumuli.
Il modello distribuito in Italia è già sviluppato e potrà crescere ulteriormente. Al 2017 vi erano circa 789.000 impianti per una potenza di 31,3 GW (26,7% del parco nazionale) e una generazione di 64,2 TWh. La produzione GD consumata on site è stata di 15,5 TWh, in aumento rispetto ai 14,1 TWh del 2016, mentre gli autoconsumi sono stati di 28 TWh (9% dei consumi totali). L’aumento dell’autoconsumo inciderà tuttavia sugli equilibri tra infrastrutture della distribuzione e quelle della trasmissione e, quindi, vedrà ruoli diversi per DSO e TSO (rispettivamente operatori dei sistemi di distribuzione e trasporto), aprendo le porte a nuove figure e modelli di business innovativi.
Peraltro, l’elettrificazione crescente, la diffusione dello storage, dell’e-mobility e la crescita dei prosumer renderanno il sistema sempre più complesso e interconnesso.
Gli obiettivi del Piano Energia-Clima, con un forte sviluppo delle rinnovabili unito al phase-out del carbone pongono, dunque grandi sfide per l’equilibrio del sistema elettrico. La sua adeguatezza è un tema strategico per il nostro Paese. Il margine di riserva si è ridotto, al di sotto dei livelli 2009-2014, e l’Italia dipende di fatto dalle importazioni.
Al 2025, anno di uscita del carbone, il PNIEC ipotizza una crescita dell’eolico a 15,7 GW e del fotovoltaico a 26,6 GW. Secondo le simulazioni NET di Althesys, si potrà arrivare a 13,4 GW eolici e 29,2 GW solari, con una produzione lorda annua normalizzata rispettivamente di 22,1 e 39,8 TWh.
La crescita attesa delle rinnovabili, unita all’invecchiamento del parco tradizionale, necessita dunque di molteplici e cospicui investimenti, sia in flessibilità che in accumuli e reti. Lo sviluppo di accumuli, sia batterie che pompaggi, richiede la creazione delle condizioni regolatorie e di mercato che permettano di attrarre investimenti. Sono altresì necessari forti e reali snellimenti nelle procedure di permitting, i cui tempi sono attualmente incompatibili con il termine del 2025.
In conclusione, serve un cambio di passo, con il disegno di una strategia lungimirante e una roadmap stringente e credibile. La fine della stagione degli incentivi e l’avvento di strumenti di mercato, paradossalmente, rende ancora più difficile sviluppare policy efficaci. Le complessità di governance, regolatorie e tecnologiche richiedono una visione complessiva di ampio respiro che sappia guidare la transizione energetica con mano leggera ma ferma.