Trasporti, sviluppo sostenibile e ambiente: non è vero che chi più inquina più paga. E l’auto elettrica, al momento, non è propriamente un ‘miracolo a impatto zero’. Lo abbiamo detto come Conftrasporto il 18 giugno scorso e lo ribadiremo alla prossima edizione del Forum Internazionale dei Trasporti, in programma a Cernobbio il 21 e 22 ottobre prossimi.

Non vi è dubbio che l’innovazione e la sostenibilità siano il futuro del trasporto, ma sono necessari incentivi, meno burocrazia e l’applicazione di una politica unitaria a livello europeo che, assieme alle condivisibili misure previste sul piano ambientale, faccia valere il principio della libera circolazione delle merci. Al contrario, con il ‘pretesto’ della salvaguardia ambientale, assistiamo al paradosso dei pedaggi ai valichi alpini e del ‘dosaggio’ dei Tir al Brennero, in violazione di quel principio.

A rendere necessario un cambio di visione, e di azione, ci sono altri elementi, che smentiscono alcune convinzioni comuni. Lo studio di Conftrasporto e Isfort ad esempio considera gli effetti dell’inquinamento sulla salute umana da un lato, e sull’atmosfera dall’altro (i cosiddetti gas serra).

Guardando ai risultati, si osserva come per la salute umana (soprattutto il particolato - PM 10 e PM 2,5) siano molto più dannose le emissioni del riscaldamento (38%) e degli allevamenti animali (15,1%) che quelle prodotte dall'autotrasporto (7,1%). Mentre per quanto riguarda l’atmosfera, l’energia generata dai motori – in particolare quelli a combustione - è in parte responsabile, specie per quel che riguarda le emissioni di CO2.

Tuttavia, è bene segnalare che negli ultimi 10 anni il suo impatto è decisamente calato rispetto ad altri settori economici e che il trasporto merci su strada rappresenta una quota sempre più piccola del totale circolante e rispetto al peso delle automobili private.

La soluzione è l’auto elettrica? Su questa nuova frontiera della mobilità, quel che si dice a proposito del suo ’impatto zero’ è solo una mezza verità. Le considerazioni di Isfort e Conftrasporto partono da recenti studi dell'Agenzia Europea dell'Ambiente, che ha approfondito il tema delle emissioni nel complesso del ciclo energetico legato al mondo dei veicoli elettrici.

“I processi di produzione dell’energia elettrica necessaria a ricaricare le batterie hanno un impatto considerevole”, dice lo studio di Conftrasporto Isfort. “Nei Paesi con poche o inadeguate fonti rinnovabili l’utilizzo delle vetture elettriche produce in termini ambientali addirittura più danni di un analogo ricorso a veicoli diesel o benzina. E anche le ricadute sulla salute si accentuano notevolmente soprattutto nelle fasi di estrazione e lavorazione delle materie prime per la produzione delle batterie”.

Altro elemento cui porre mano è il costo sproporzionato che i Tir meno inquinanti pagano attualmente in termini fiscali. “L’autotrasporto - spiega l’indagine - versa in accise sul gasolio il doppio rispetto ai danni ambientali generati, con il paradosso che i mezzi meno inquinanti sono i più penalizzati: un Euro6 sborsa 8.650 euro all’anno in più a parità di danno ambientale prodotto.” Rinnovare il parco circolante è sacrosanto, ma bisogna incentivarlo correggendo anche queste storture. 

Che il rinnovo del parco mezzi sia ormai improrogabile lo dimostrano anche i dati Unrae: il nostro parco circolante, infatti, ha un’età media di oltre 13 anni, e i veicoli superiori alle 3,5 tonnellate in circolazione ante euro 4 sono il 61,7% del totale. Bisogna quindi rendere strutturale il sostegno agli investimenti, costruire un piano di incentivazione al rinnovo del parco basato sul principio ‘chi più inquina ed è meno sicuro, più paga’.

Il perseguimento della piena sostenibilità dei trasporti, dal punto di vista ambientale, economico e sociale è una sfida pienamente condivisibile, ambiziosa e complessa.
Numerosi sono, infatti, i fattori che devono essere tenuti in considerazione contemporaneamente.
A questo riguardo credo che la lettura del catalogo dei sussidi dannosi per l'ambiente, debba essere fatta con molta cautela, senza farsi irretire da scorciatoie semplicistiche.
La volontà di confermare o modificare un incentivo deve nascere, infatti, da una completa valutazione delle motivazioni che lo hanno introdotto, degli obiettivi perseguiti, e, poi, degli impatti generali sull'ambiente.
Se ci si sofferma soltanto sugli ultimi, tralasciando i primi, si rischia di fare clamorosi autogol!
Segnalo, a tal riguardo, che i benefici del registro navale internazionale, uno strumento indispensabile per la competitività del trasporto marittimo sostenuto dalle politiche nazionali ed europee per la sostenibilità dei trasporti, sono inquadrati tra i sussidi dannosi per l'ambiente: un vero e proprio corto circuito che soltanto un approccio olistico e globale al tema della sostenibilità ci consentirebbe di superare.

Il trasporto marittimo, sia in ragione della sua alta efficienza energetica sia grazie al progressivo contenimento delle emissioni nocive da parte delle navi (dal 2020 la massima quantità di zolfo ammissibile nei combustibili navali passerà su scala globale dal 3,5% allo 0,5%), rappresenta una soluzione di “sostenibilità” sociale, economica e ambientale. Il prossimo passo verso un’ancora maggiore sostenibilità sarà l’utilizzo di combustibili più ‘puliti’, come il gas naturale liquefatto (GNL), che chiede adeguate infrastrutture e un’efficace connessione tra autostrade, ferrovie e porti.

C’è ancora molto da fare, specie se pensiamo che i depositi costieri autorizzati per il GNL sono soltanto tre (due ad Oristano, uno a Ravenna). Come Conftrasporto-Confcommercio chiediamo infatti agevolazioni che favoriscano una rapida diffusione del GNL. E, a proposito di fiscalità, chiediamo che i depositi costieri vengano inseriti tra le infrastrutture che godono dei benefici fiscali previsti per le ZES nonché l’esenzione d’accisa, al pari degli altri combustibili per la navigazione, per sviluppare un mercato concorrenziale. Se la filiera verrà opportunamente sviluppata anche attraverso questi strumenti, l’Italia potrà raggiungere parametri di sostenibilità invidiabili e diventare un hub di riferimento per l’approvvigionamento del settore.

*L’autore dell’articolo è vicepresidente di Conftrasporto, presidente della FAI Federazione Autotrasportatori Italiani e presidente della Conftrasporto Confcommercio-Imprese per l'Italia