Nel panorama delle fonti fossili non convenzionali, la notorietà delle sabbie bituminose (oil sands in inglese) è stata sinora ampliamente inferiore a quella dello shale gas. Probabilmente per l’effetto superiore che quest’ultima risorsa ha avuto sul mix energetico della maggiore superpotenza mondiale, ovvero gli Stati Uniti d’America.

La gran parte dei giacimenti globali di sabbie bituminose, invece, è concentrata in Canada (minori riserve sono presenti in Venezuela e Siberia), per la precisione nell’Alberta, uno Stato sicuramente meno centrale nello scacchiere globale rispetto agli Usa. Nei giorni scorsi, però, il Canada è prepotentemente finito sotto i riflettori dei media internazionali proprio per una decisione strettamente legata a queste risorse: il primo ministro Justin Trudeau, noto anche per il suo impegno ambientalista, ha dato il via libera al piano di estensione della capacità dell’oleodotto Trans Mountain, che trasporta il greggio estratto dalle sabbie bituminose della provincia dell’Alberta sino alla costa pacifica della Columbia Britannica, snodandosi per oltre 1.000 km. Un progetto che consentirà di triplicare l’attuale capacità, arrivando a regime ad oltre 300.000 barili di petrolio al giorno (bbl/g), con ricadute importanti da un punto di vista economico anche per lo stesso governo canadese, che dovrebbe arrivare a incassare circa 500 milioni di dollari l'anno in maggiori entrate fiscali. Trudeau ha promesso che questo surplus sarà destinato a sostenere gli investimenti nelle energie pulite, ma l’impegno assunto non è bastato a spegnere le polemiche.

In effetti, i procedimenti di estrazione del greggio dalle sabbie bituminose sono da tempo nel mirino delle associazioni ecologiste di tutto il pianeta. Fondamentalmente le oil sands non sono altro che dei particolari tipi di rocce sedimentarie nelle cui porosità si trova una miscela di acqua, argilla e bitume: l’obiettivo è separare e recuperare quest’ultimo, attraverso due differenti tecniche: a cielo aperto e sotterranea. Attualmente, la maggior parte delle estrazioni avviene attraverso perforazione e, nei casi più complessi, la sabbia bituminosa viene anche lavata con acqua bollente mescolata a sostanze chimiche per separare il bitume e ricavare petrolio sinteticoCon l’aggiunta di idrogeno è possibile poi trasformare il petrolio ottenuto in carburanti di uso comune come diesel e benzina. Gli effetti ambientali negativi sono legati all'estrazione e alla lavorazione del bitume: sotto accusa, in particolare, ci sono gli impatti climatici, dal momento che le emissioni di gas a effetto serra per l'estrazione e la lavorazione delle sabbie bituminose sono significativamente maggiori di quelle del petrolio convenzionale. Inoltre, in questi procedimenti sono rilasciati altri gas inquinanti per l'ambiente, come NOx e SOx.

Uno dei punti più critici riguarda l’impatto sulle risorse idriche, dal momento che l'estrazione di bitume dalle sabbie richiede l’utilizzo di una grande quantità di acqua. Le associazioni ambientaliste lamentano il fatto che anche le operazioni di bonifica dei terreni utilizzate siano estremamente complicate, in particolare a causa del rilascio di numerose sostanze chimiche. Accuse che vengono in buona parte ridimensionate dall’associazione dei produttori petroliferi del Canada, secondo cui i progressi tecnologici hanno ridotto in maniera sostanziale le emissioni legate ai processi di estrazione e lavorazione, come peraltro imposto dalle stesse normative statali. Inoltre, l’acqua impiegata nell’estrazione delle sabbie bituminose può essere completamente riciclata, mentre i terreni di estrazione vanno sempre riportati al loro stato originale, così come imposto dalla legislazione canadese.

Quel che è certo è che, grazie alle sabbie bituminose, il Canada è il terzo Paese al mondo per riserve di idrocarburi. Con le tecnologie attuali, infatti, è possibile sfruttare ben 170 miliardi di bbl di petrolio, di cui il 96% si trova proprio nei territori delle sabbie bituminose.

L’esistenza di questa risorsa è nota dall’Ottocento, ma è soltanto in tempi più recenti, più o meno una dozzina di anni fa (all’incirca in concomitanza con lo shale gas), che i progressi tecnologici nelle tecniche di estrazione hanno consentito di sfruttare con maggiore efficacia e più in profondità i giacimenti di bitume. Questa possibilità aveva attirato anche l’attenzione delle maggiori compagnie petrolifere globali, , ma la discesa dei prezzi nel 2015, unitamente ai costi di estrazione onerosi, aveva spinto buona parte degli operatori internazionali a ritirarsi da questa partita. Anche per la mancanza di infrastrutture capaci di convogliare la produzione al di fuori dei confini canadesi, problema che però ora dovrebbe essere risolto dall’aumento di capacità dell’oleodotto Trans Mountain. Il mercato delle sabbie bituminose è quindi prevalentemente in mano degli operatori locali, che nei prossimi anni potranno aumentare l’export del combustibile estratto, quotazioni del greggio permettendo. Una delle destinazioni dell’import potrebbe senz’altro essere l’Unione Europea la quale nel 2017 ha sottoscritto con il Canada un trattato di libero scambio, il Ceta, che non stabilisce dei divieti espliciti per l’importazione di greggio estratto dalle oil sands.