Fino a qualche anno fa erano in molti a scommettere sull’impossibilità per il tight oil americano di poter competere con le risorse convenzionali di Opec e Russia, estraibili a costi molto inferiori rispetto a quelle non convenzionali. Invece, l’industria dello shale/tight oil statunitense si è dimostrata in grado di sopravvivere ad un contesto di mercato estremamente volatile, con prezzi del greggio che sono anche scesi sotto i 30 doll/bbl (inizio 2016), condizione che aveva indotto i più a decretarne la fine imminente; ad oggi, sembrerebbe addirittura riuscire ad operare con un breakeven (inteso come pareggio contabile, vale a dire il prezzo necessario affinché un nuovo progetto di estrazione di petrolio sia profittevole) che si avvicina di molto ai giacimenti convenzionali del Medio Oriente. È quello che emerge da un’indagine di Rystad Energy, condotta da Espen Erlingsen, che abbiamo intervistato per capire cosa questo comporti.
Mr. Erlingsen, secondo le vostre stime, il tight oil americano parrebbe aver raggiunto un costo operativo nettamente inferiore anche solo a pochi anni fa. È così?
Secondo i risultati dell’ultimo aggiornamento della curva di costo di offerta stimata da Rystad Energy che classifica il totale delle risorse petrolifere recuperabili globali per il loro prezzo di breakeven, il tight oil nordamericano sta emergendo come la seconda fonte più economica tra le nuove risorse petrolifere a livello globale, posizionandosi poco al di sotto del mercato onshore nel Medio Oriente. E questo, se confermato, rappresenterebbe una svolta importante.
Come mai?
Poiché le major si stanno mobilizzando per sostituire le risorse petrolifere convenzionali, e il tight oil rappresenta una ricca fonte di risorse alternative. Il tight oil - come lo shale oil onshore negli Stati Uniti - ha assistito a un turnaround impressionante negli ultimi anni. Nel 2015, lo shale oil nordamericano era classificato come la seconda risorsa più costosa in base alla curva dei costi globali del petrolio di Rystad Energy, con un prezzo medio di breakeven di 68 doll. al barile. Il prezzo medio di breakeven del Brent per il tight oil è ora stimato a 46 doll. al barile, appena quattro dollari dietro i giganteschi campi onshore in Arabia Saudita e gli altri paesi del Medio Oriente. Stiamo parlando di qualcosa di impensabile fino a pochi anni fa.
Quindi è tutta una questione di costi?
Non solo. Dal momento che, mentre i costi sono stati ridotti, il potenziale della risorsa è cresciuto considerevolmente negli ultimi quattro anni. Dalle nostre stime infatti risulta che il totale delle risorse recuperabili dal tight oil nordamericano sia più che triplicato dal 2014. E questo è sempre conseguenza della trasformazione dell'industria nordamericana del tight oil.
Stiamo quindi parlando di un enorme vantaggio competitivo in favore dell’Oil&Gas a stelle e strisce?
Senza dubbio. Per le compagnie petrolifere che hanno difficolta a rimpiazzare le risorse convenzionali dopo anni di risultati d’esplorazione deludenti, il tight oil offre contemporaneamente una base per la crescita, una maggiore flessibilità, e rendimenti invitanti. Mentre l'offshore richiede normalmente dai 7 ai 12 anni per recuperare i costi, in genere il tight oil richiede solo dai 2 a 4 anni.
Il tight oil è un investimento di breve periodo con un tempo di esecuzione, che va dall’approvazione di nuovi pozzi all'inizio della produzione, relativamente breve. Ciò conferisce alle società E&P la flessibilità di adattarsi alle tendenze del mercato e di adeguare facilmente i livelli di attività. In un contesto caratterizzato da prezzi del petrolio in continua evoluzione, gli investimenti nel tight oil sono quindi meno volatili rispetto a quelli nell`offshore ".