Il 2018 è stato forse l’anno dei record sui mercati petroliferi internazionali, non tanto dal lato dei prezzi, ancora lontani dai picchi del 2008, quanto da quello della domanda e dell’offerta. La prima, nell’ultimo trimestre dell’anno, ha superato la soglia psicologica dei 100 milioni di barili al giorno (mil. bbl/g); la seconda è andata oltre i 101 milioni. Gli Stati Uniti, con una produzione di 15,4 mil. bbl/g, pari a quella di Arabia Saudita, Iraq ed Ecuador messe assieme, hanno a loro volta registrato un altro record, coprendo quasi per intero l’incremento della produzione mondiale registrato nel 2018 (2,1 su 2,3 mil. bbl/g). Il petrolio, con una quota del 32% rispetto al 27% del carbone e del 22% del gas, ha ribadito il suo primato tra le fonti di energia a livello mondiale, in particolare nel settore dei trasporti (merci e persone) dove copre il 92% del fabbisogno.
Questo vale anche e soprattutto per l’Italia - che dipende per circa l’80% dalle fonti estere, avendo rinunciato in parte alle proprie - con un impatto sulla nostra fattura energetica che, complice l’aumento delle quotazioni delle diverse fonti importate, nel 2018 si stima intorno ai 40,2 miliardi di euro, in aumento di 5,5 miliardi rispetto allo scorso anno, ma inferiore di circa 25 se confrontata con il picco del 2012. A parte il calo dei combustibili solidi e delle biomasse, a salire è stato l’esborso per il gas di circa 1,9 miliardi, quello per il petrolio di circa 3,5, cui si accompagna un altro mezzo miliardo derivante dalle importazioni nette di energia elettrica.
Nel complesso, nel 2018 la domanda di energia italiana si stima intorno ai 162,7 milioni di tonnellate equivalenti petrolio (Mtep) (-0,4% rispetto al 2017); anche se il gas (in flessione del 3% sia per la maggiore disponibilità di energia idroelettrica che per il calo dei consumi industriali) si è confermato la prima fonte energetica del Paese con un peso del 36,7%, la fonte petrolifera ha recuperato terreno arrivando a coprire il 36,2% del nostro fabbisogno energetico, più del doppio di quanto hanno fatto le rinnovabili (fig. 1).
Fig. 1 - Domanda di energia italiana per fonti
Fonte: Stime UP su dati MISE
Un fabbisogno che è assicurato da una filiera petrolifera capillare e ben distribuita sul territorio, in grado di lavorare, stoccare e distribuire al consumatore finale i prodotti richiesti in modo sicuro, flessibile ed economico.
Partendo dal greggio, nel 2018 l’Italia ha importato da 24 Paesi per 69 tipi diversi. Il nostro principale fornitore rimane l’Azerbaijan con un peso di quasi il 19%, seguito dall’Iraq con il 13,9% e dall’Iran con l’11,6% (paese soggetto alle sanzioni Usa entrate in vigore lo scorso 5 novembre da cui sono stati esentati per sei mesi diversi Paesi, tra cui l’Italia); la prima area di provenienza, per il terzo anno consecutivo, è invece quella del Medio Oriente con un peso di circa il 39%, seguita dall’area Ex-Urss con circa il 32%.
La produzione nazionale di greggio si stima intorno ai 4,8 milioni di tonnellate (mil. ton), 600.000 tonnellate in più (+15%) rispetto allo scorso anno, cosa che nel 2018 ha permesso un risparmio di quasi 2 miliardi di euro in termini di fattura petrolifera.
In aumento sono altresì risultate le importazioni, pari a 16,4 mil. ton (+2,7%), di cui circa il 73% rappresentate da gasolio, jet fuel e GPL. In diminuzione le esportazioni, stimate in 30,2 mil. ton (-5,8%), con un controvalore in termini di bilancia commerciale di circa 14 miliardi di euro.
Dal punto di vista delle lavorazioni, nel 2018 il sistema industriale della raffinazione ha processato 70,8 mil. ton. tra greggio e semilavorati (-3,7%) registrando un tasso di utilizzo degli impianti sceso all’82,8%. Quanto alle bioraffinerie italiane, l’impianto di Porto Marghera ha prodotto in totale 300.000 tonnellate di biocarburanti (+13%).
Analizzando più nel dettaglio i consumi petroliferi, per il 2018 si stimano intorno ai 60,4 mil. ton, in progresso dell’1,2% rispetto al 2017, ricostruito per renderlo omogeneo con il nuovo campione adottato nella rilevazione del 2018 (fig.2). L'aumento di circa 800.000 tonnellate registrato quest'anno è stato determinato dalla crescita più o meno marcata di diversi prodotti. Tra i carburanti, aumenta lievemente soltanto il gasolio autotrazione (+0,8%), mentre scendono sia benzina (-2,4%) che GPL auto (-0,8%).
Fig. 2 – Consumi petroliferi italiani
Fonte: Stime UP su dati MISE
In lieve flessione sono risultati i prodotti distribuiti sulla rete (-0,4%), in aumento il fabbisogno della petrolchimica (+12,2%) e la richiesta di jet fuel (+8,7%) che ha continuato a risentire degli effetti positivi dei flussi turistici (fig. 3) diretti verso il nostro Paese (+6,7%).
Fig.3 - L’aumento del traffico passeggeri negli aeroporti traina le vendite di jet fuel*
*Primi 10 mesi 2018
Fonte: UP su dati Assaeroporti e MISE
Dal punto di vista dei prezzi dei carburanti, è importante rilevare come quelli industriali, ossia al netto delle tasse, continuino a mantenersi in linea con quelli europei sebbene la nostra struttura distributiva presenti ancora criticità ed inefficienze e sia distante dagli standard europei (fig. 4).
Nel 2018 il cosiddetto “stacco Italia” ponderato (benzina+gasolio), che misura i nostri andamenti rispetto a quelli degli altri Paesi europei, si è praticamente azzerato, attestandosi a 3 millesimi al litro. Ciò che ci differenzia dall’Europa è la tassazione, che spiega per intero le ampie differenze che si registrano nei prezzi al consumo.
Fig. 4 – Numero punti vendita principali paesi europei e vendite rete
Fonte: Stime UP, Cpdp, FuelsEurope, Associazioni petrolifere nazionali
Tutto ciò ha garantito all’Erario un gettito fiscale intorno ai 39,6 miliardi di euro nel 2018, in aumento di 620 milioni (+1,6%) rispetto al 2017, di cui 26,7 miliardi derivanti dalle accise e 12,8 miliardi dall’Iva.
Quanto alla rete carburanti, la necessaria razionalizzazione stenta ancora a concretizzarsi anche per il dilagare di fenomeni di illegalità che vanno contrastati e sconfitti. È ormai evidente, anche presso l’opinione pubblica, che si tratta di un fatto degenerativo che mette a rischio la tenuta dell’intero sistema e dunque la sicurezza energetica del Paese.
L’evoluzione che attende il settore richiederebbe invece una rete qualificata ed efficiente su cui realizzare i necessari investimenti per ampliare l’offerta a tutte le forme di energia necessarie a tutte le modalità di trasporto lungo tutta la filiera.