Il fotovoltaico, dopo la brusca frenata degli ultimi anni, seguita alla spettacolare crescita precedente, sta tornando ai blocchi di partenza per un nuovo straordinario scatto in avanti.  Questo impongono i target europei al 2030 che, per puntare al 32% complessivo di rinnovabili (62% della generazione elettrica per l’Italia), chiedono al fotovoltaico italiano di passare da circa 20 GW attuali a 68 entro i prossimi 12 anni.

Significherebbe più che triplicare l’installato ad oggi, arrivando a produrre fino a 80 TWh da fotovoltaico al 2030, corrispondenti a circa un quarto del fabbisogno elettrico nazionale rispetto ai livelli del 2017. Per centrare questi numeri, si dovrebbero installare in media 4 GW di nuovi impianti all’anno, contro i 400 MW degli ultimi quattro anni, e, naturalmente, non perdere la produzione degli impianti già esistenti.

Moltiplicare per dieci i ritmi di installazione recenti non pare semplice, così come non è scontato mantenere i livelli produttivi attuali. Insomma, per arrivare a questi ambiziosi target è necessario da un lato ammodernare il parco attuale in modo da mantenerlo efficiente ed evitarne il degrado (revamping), dall’altro cogliere tutte le opportunità per sviluppare nuova capacità, tanto attraverso il potenziamento dei siti esistenti (repowering) quanto mediante nuove installazioni. In questo contesto, servono innanzitutto interventi per rinnovare e potenziare gli impianti già costruiti. Le analisi svolte da Althesys mostrano come il parco fotovoltaico italiano, nonostante un’età media ancora bassa (8-10 anni), presenti varie criticità che ne limitano in parte l’efficienza. Si assiste ad un trend calante delle ore di funzionamento, con un -1,6% medio annuo su quello precedente (Fig. 1. Per gli impianti entrati in esercizio prima del 2011, il decadimento della produzione è stimabile nel 2,2% annuo, ben superiore a quello fisiologico. Con il forte calo dell’installato dopo la fine dei Conti Energia e in assenza di interventi, la nuova potenza si limiterebbe a sostituire quella persa per il degrado delle prestazioni. Al 2030, la perdita totale sarebbe in teoria di 5.000 MW, pari al 25% della potenza esistente al 2017.

Fig. 1 - Ore di utilizzo equivalenti del parco fotovoltaico italiano

Fonte: Elaborazioni Althesys

Nota: 2017 caratterizzato da forte irraggiamento; 2018 ottenuto proiettando i primi 9 mesi.

Per arrivare agli obiettivi sopracitati, l’Italia dovrebbe prima di tutto ammodernare il parco fotovoltaico utility scale (0,8% degli impianti totali, ma ben il 43,7% della potenza) con azioni di revamping e repowering. Dal revamping si potrebbero recuperare fino a 4.000 MW di potenza al 2030 altrimenti persa, mentre il repowering può dare 1.550-1.700 MW aggiuntivi.

Ma questo è solo un contributo parziale. È fondamentale rilanciare lo sviluppo di nuovi impianti, costruendone fino a 48 GW. Come è possibile? Il calo del costo della tecnologia sarà ancora un driver chiave. Il mutato trend dei prezzi del mercato elettrico, in forte ripresa rispetto agli ultimi anni, è un altro potente fattore. Le recenti aste per il fotovoltaico in Francia e Germania hanno mostrato quotazioni (comprese tra i 43 e i 52 €/MWh) compatibili con gli attuali livelli del mercato. 

Uno scenario di rilancio, che comprenda l’insieme delle azioni possibili (revamping, repowering, nuovi impianti) porterebbe benefici all’intero sistema Italia. Si stimano 11 miliardi di euro di ricadute solo per gli impianti utility scale, un’occupazione potenziale di quasi 20.000 unità (tra diretti e indiretti) e una riduzione delle emissioni di 12,8 milioni di tonnellate di CO2.

Rilanciare il fotovoltaico è una grande opportunità per cogliere gli obiettivi di decarbonizzazione al 2030, creando valore, lavoro e riducendo gli impatti ambientali. Per queste ragioni, i principali player del fotovoltaico in Italia, oltre 20 imprese e associazioni, hanno sottoscritto la “Carta del rilancio sostenibile del fotovoltaico”, una dichiarazione volontaria con la quale si impegnano a seguire principi di sostenibilità ambientale e sociale per rinnovare e sviluppare gli impianti fotovoltaici.

Bisogna però tracciare una policy precisa, che preveda un quadro regolatorio chiaro e stabile che faciliti gli investimenti nel rinnovamento e potenziamento, dando certezze sulla possibilità di intervenire sugli impianti, con una semplificazione dei processi autorizzativi per gli ampliamenti e un coordinamento per lo sviluppo della rete. 

Il repowering richiede, innanzitutto, la semplificazione dei procedimenti autorizzativi, attuando il comma 6, art. 4 del D.lgs 28/2011 che prevede procedure autorizzative con tempistica accelerata ed adempimenti semplificati per la costruzione di impianti rinnovabili su siti esistenti. Sono necessarie regole chiare per il mantenimento degli incentivi sulla potenza originaria e modifiche alle normative regionali per l’uso delle aree asservite. Un coordinamento con il TSO e i DSO per adeguare le reti in vista della maggior potenza è ugualmente fondamentale.

Al contempo, è necessario creare le condizioni per sviluppare nuovi impianti: semplificazioni autorizzative e stabilità regolatoria sono essenziali. Servono strumenti di classificazione del territorio, anche rivedendo l’art. 65 della Legge 27/2012 che di fatto vieta l’installazione su quelle agricole, posto che i target al 2030 non potranno essere soddisfatti solo con le installazioni su copertura e di piccola taglia.

Va creato un contesto normativo e di mercato adatto ai contratti di lungo termine, anche nelle sue forme più evolute e con l’eventale supporto collaterale di soggetti istituzionali.

Il decreto in fieri del Mise (2018-20) può costituire un passo avanti, facendo ripartire gli investimenti con aste per 6,15 GW al 2020 per fotovoltaico ed eolico insieme e favorendo le installazioni su coperture connesse alla rimozione dell’amianto. Non considera però revamping e repowering e non  rimuove i vincoli per gli impianti a terra, limitando così lo sviluppo. Insomma, un apprezzabile stimolo a far ripartire il settore, ma bisogna guardare molto oltre per andare spediti verso il 2030.

* Direttore scientifico IREX Monitor e CEO Althesys Strategic Consultants