A partire dal Dieselgate è cominciata una campagna di demonizzazione dei motori a gasolio: Parigi, Copenaghen, Stoccolma, Oslo e, forse, Roma hanno annunciato il divieto di circolazione per i veicoli diesel dal 2025. La Germania ha concesso maggiore autonomia ai comuni che ne vorranno limitare l’utilizzo; in Italia, Lombardia, Veneto, Piemonte ed Emilia-Romagna prevedono lo stop dei diesel Euro 4 a partire dal 2020. Insomma, stiamo assistendo alla fine di un’epoca? A che prezzo?
Stiamo assistendo più che altro ad un errore di interpretazione storica. Se da una parte è vero che gli Accordi di Parigi e i diversi impegni sul clima sottoscritti a livello internazionale prevedono e sostengono un'avanzata del trasporto elettrico, dall'altra non dobbiamo dimenticare che la fase che ci aspetta nel breve termine si chiama, non a caso, "transizione". Il tema allora è come gestire la transizione. E il pericolo, come possiamo osservare, è quello di credere a ricette magiche o di farsi distrarre da annunci e a promesse vacue, perché illudersi che tra 5 o 10 anni tutti viaggeremo su un auto elettrica non ha niente a che vedere con la realtà e anzi ci porta a distogliere l'attenzione sul presente. Un presente in cui i cosiddetti motori tradizionali a diesel e benzina fanno a tutti gli effetti parte del gioco e come tali devono essere trattati. Annunci estemporanei contro questa o quella tecnologia non fanno altro che esacerbare un dibattito che al contrario deve mantenersi lucido e razionale.
Alcuni divieti parrebbero riguardare tutte le auto diesel senza distinzione tra vecchie e nuove, ignorando così gli sforzi compiuti dalle case automobilistiche in termini di riduzione delle emissioni e minando la cosiddetta neutralità tecnologica. Non sarebbe meglio promuovere uno svecchiamento del parco circolante senza distinzione in termini di alimentazione?
La Strategia Energetica Nazionale - che con lo scorso governo abbiamo approvato dopo una lunga discussione con tutti gli stakeholder e con il Parlamento – individua interventi a favore dello svecchiamento del parco circolante e dice chiaramente che la neutralità tecnologica è alla base di questo periodo di transizione. Neutralità tecnologica significa puntare sui carburanti ad oggi disponibili che presentano le migliori performance ambientali senza favorirne alcuni rispetto ad altri. Allo stato attuale, i motori diesel e benzina di ultima generazione rientrano a tutti gli effetti nella categoria delle tecnologie che rispondono alle esigenze ambientali e climatiche, senza nulla invidiare ai motori elettrici o a gas naturale. Quindi un approccio che rischia di demonizzare il diesel a priori non è corretto. Si tratta di valutare caso per caso quale tecnologia motoristica rappresenta la soluzione ideale.
Una delle cause del crollo delle vendite dei veicoli a gasolio in Italia e in Europa è legata al ruolo che avrebbero in termini di emissioni di PM, NOx e CO2. Eppure i motori diesel di ultima generazione presentano emissioni di queste sostanze ormai prossime allo zero. Lo sforzo dei costruttori non è quindi servito a niente?
Innanzitutto bisogna fare molta attenzione a criminalizzare il settore dei trasporti. Il mondo e l'Italia sono alle prese con due ordini di problemi. Il primo è quello legato alle emissioni di CO2, il secondo, che riguarda in particolare il nostro paese, è quello legato alle tristemente note PM10, ossia il particolato. Questo è un dilemma che affligge in particolar modo la Pianura Padana, ovvero una delle aree geografiche che per via della sua natura morfologica presenta uno dei dati più preoccupanti di tutta Europa. Quando si dice Pianura Padana si sta parlando del 50% del PIL nazionale e quasi della metà della popolazione italiana. Non si pensi allora di risolvere il problema delle polveri sottili affrontandolo solo dal lato automobilistico. Le responsabilità del parco circolante non vanno certo taciute, ma vanno considerate unitamente a quelle dell'industria e del riscaldamento. In quest'ottica, la Strategia Energetica Nazionale affianca agli investimenti sull'efficientamento energetico degli edifici il rinnovo del parco circolante nazionale - che per inciso è uno dei più datati d'Europa - sempre privilegiando la neutralità tecnologica. Più che un nemico allora, serve un'azione coordinata e allargata a tutti i settori responsabili del problema.
L’Emilia Romagna ha recentemente sospeso e rinviato al 2020 il provvedimento che limitava la circolazione ai diesel Euro 4 a partire dall’autunno 2018. Questo dietrofront, oltre ad aver infiammato il dibattito politico, sembrerebbe dimostrare che i tempi per una transizione drastica nella mobilità non sono ancora maturi, neanche in una delle regioni più sensibile ai temi ambientali. Qual è il suo parere?
Da Ministro feci varare un protocollo di intesa sullo smog con le 4 grandi regioni del Nord (Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna) con l'obiettivo di omologare una serie di misure in grado di attenuare il livello delle polveri sottili agendo su riscaldamento, trasporto, agricoltura e industria. L'idea è che se tutti fanno la stessa cosa, e la fanno su tutto lo spettro dei settori responsabili, il risultato è più facilmente raggiungibile. Al contrario si rischia che l'azione, pur ragionevole, di un singolo Comune, risulti inutile. L'Emilia Romagna, non lo nascondo, è una delle regioni più virtuose in termini ambientali, ha destinato risorse e ottenuto ad esempio risultati tutt'altro che scontati per quanto riguarda l'economia circolare e l'efficienza energetica. Anche la città di Bologna si è spesa in tal senso. Ma ripeto: tutto questo non basta se non viene attuato su uno spettro geografico e settoriale ampio. E spero vivamente che questo Governo continui sulla strada dell'omologazione degli interventi tra le diverse regioni. Finché l'azione non sarà coordinata, le decisioni di questo o quel comune rimarranno segnali simbolici, certamente importanti da un punto di vista di coscienza civica ma poco efficaci sul piano pratico.
Il Dieselgate, scoppiato negli Stati Uniti - dove i veicoli diesel detengono una quota marginale del mercato automobilistico (meno dell'1%) - sta avendo ripercussioni sul mercato europeo dove le auto a diesel fino all’anno scorso rappresentavano il 50% delle immatricolazioni. C’è chi sostiene che questa coincidenza non sia del tutto casuale e che, in realtà, sottenda un duro scontro industriale tra potenze economiche in aspra competizione che, peraltro, favorirebbe indirettamente il colosso cinese in velocissima accelerazione sulla mobilità elettrica. Cosa ne pensa?
Io non credo ai complotti dell'eco-economia. Dico solo che stiamo combattendo il nemico sbagliato. Ad oggi il Dieselgate ha fatto accendere i riflettori sui motori diesel, distogliendo l'attenzione dell'opinione pubblica da altre fonti di inquinamento altrettanto responsabili. Il diesel è un problema, certo, ma al pari degli altri.