Picchi estivi di domanda elettrica, problemi al nucleare francese, aumenti dei prezzi del barile, strategie di produttori e acquirenti, esigenze di riempimento degli stoccaggi, declino della produzione interna: sono questi alcuni dei principali fattori a cui è possibile attribuire la sbalorditiva corsa delle quotazioni all’ingrosso del gas dell’ultimo anno. O quantomeno provarci: il boom dei prezzi, che fa brindare i grandi fornitori di gas, è infatti qualcosa che gli esperti faticano a spiegarsi del tutto.
Da settembre 2017 a settembre 2018 il prezzo del gas spot day ahead sul mercato olandese TTF, benchmark per l’Europa continentale, è aumentato di oltre il 60% a 27,7 euro circa per MWh. Poco inferiore al 60% l’aumento sullo hub italiano PSV, dove si è attestato in media sui 29 euro. Entrambi i livelli sono i più alti da dicembre 2013. Scenario analogo per le quotazioni a termine: comprare gas per gennaio costa oggi circa il 50% in più di un anno fa su entrambi i mercati.
La corsa si è delineata con particolare chiarezza con la fine dell’inverno, quando le quotazioni non hanno mostrato la consueta flessione che segue la stagione fredda e si sono invece mantenute grosso modo sui livelli di febbraio. Per imboccare poi in primavera e ancor più in estate una spirale rialzista, che non si è ancora interrotta. Gli aumenti si sono inseriti, come detto, in un contesto caratterizzato da molteplici fattori.
La stagione del riempimento degli stoccaggi, ad esempio, si è aperta ad aprile con tassi di iniezione molto elevati per compensare i robusti svasi dell’inverno dovuti alle temperature rigide. Questo elemento può aver giocato un ruolo nel trainare domanda e quindi prezzi almeno nei primi mesi della stagione, anche se già dalla seconda metà dell’estate il riempimento delle scorte è abbastanza in linea con gli scorsi anni.
Sul fronte delle commodities di riferimento il Brent a maggio si è scambiato in media a quasi 77 dollari al barile contro i 66 di marzo ed è rimasto ampiamente sopra i 70 dollari, con ciò che ne consegue per i prezzi del gas indicizzati al greggio e ai suoi derivati, che in parte ancora caratterizzano il mercato europeo e ancor più quello del GNL asiatico. Quest’ultimo, per parte sua, rappresenta un riferimento importante per i mercati europei, dove il prezzo “marginale" è influenzato appunto da quello di un carico di GNL reperibile sul mercato, che a sua volta risente in misura rilevante della domanda asiatica.
Sul fonte elettrico, la siccità estiva in Francia ha determinato una sensibile riduzione dell’offerta nucleare, con numerosi impianti della regione del Rodano tenuti forzatamente fermi per contenere i prelievi di acqua per il raffreddamento. Per compensare la fermata dei reattori, tanto più sentita in un’estate dalle temperature medie elevate, è stato necessario un maggior ricorso alle tecnologie termoelettriche, incluso il gas, con conseguente incremento della domanda che ha influenzato i prezzi in Nord Europa. Nel contempo, già nel corso di settembre, il fenomeno si è ridimensionato, col rientro in servizio di molti impianti e l’abbassarsi delle temperature.
Ai fattori citati possono aggiungersene altri: la riduzione della produzione interna europea, sia strutturale, col cammino accelerato verso la chiusura del giacimento di Groningen in Olanda e il declino del Mare del Nord, sia congiunturale, con la flessione delle esportazioni della Norvegia; la limitata flessibilità dei sistemi europei rispetto agli improvvisi aumenti di domanda stagionali, che tra Uk e Olanda lo scorso inverno hanno prodotto tensioni sui prezzi che potrebbero ripetersi; possibili strategie di approvvigionamento degli shipper che, memori di tali tensioni, hanno deciso di aumentare gli acquisti.
Nel complesso, però, a sentire esperti e operatori del settore la corsa dei prezzi del gas fatica a trovare una spiegazione esauriente, salvo iscriversi nel complessivo movimento rialzista che da un anno caratterizza praticamente tutti i mercati energetici e ambientali, dal petrolio al carbone, dall’elettricità alla CO2.