Il settore dei rifiuti sta attraversando una fase di profonda trasformazione e di evoluzione strategica a livello europeo e nazionale. In poco più di 20 anni siamo passati dalla gestione dei rifiuti come scarti da cui liberarsi al nuovo paradigma economico dell’economia circolare dove i rifiuti diventano beni da riutilizzare o riciclare come materia prima seconda nei cicli produttivi in un’ottica di simbiosi industriale.

Tuttavia, il settore in Italia attraversa una profonda crisi che ha le sue radici nella poca lungimiranza degli enti competenti nel pianificare un’adeguata rete di impianti sul territorio nazionale. In verità, alcune aree del Paese sono adeguatamente strutturate e, anzi, contribuiscono, grazie alla loro sovraccapacità di trattamento, a contenere le emergenze che si susseguono a ritmo settimanale nel resto del Paese. La causa di questa disomogeneità è dovuta principalmente alla elevata frammentazione organizzativa e gestionale che ha negato al sistema Paese quelle precondizioni necessarie per lo sviluppo industriale del settore.

In particolare, al Nord il contesto istituzionale, sociale e produttivo ha consentito, attraverso l’aggregazione di più soggetti, alla nascita di operatori del settore con capacità tecniche e finanziarie adeguate, capaci di operare su bacini sufficientemente ampi e su tutto il ciclo di gestione dei rifiuti.

Il risultato di tali scelte è sotto gli occhi di tutti: il Nord, messo in sicurezza il territorio, attraverso una rete di impianti a tecnologia complessa, ha attuato la strategia europea di massimizzazione del recupero di materia attraverso l’implementazione di raccolte differenziate efficaci, mentre il resto del Paese ha continuato a raccogliere i rifiuti in modo indifferenziato e a smaltirli in discarica.

E’ evidente che per raccogliere rifiuti in modo indifferenziato e successivamente “interrarli” non è necessario dotarsi di operatori particolarmente strutturati a maggior ragione quando operatori privati proprietari di discariche consentono di contenere i costi di smaltimento a poche decine di euro alla tonnellata, grazie soprattutto a mancati accantonamenti per la gestione post operativa, non adeguate prescrizioni gestionali, non adeguate ecotasse per lo smaltimento in discarica e soprattutto la “garanzia” di flussi perenni.

In tale contesto si inserisce il pacchetto sull’economia circolare che individua nuovi obiettivi ancora più sfidanti in termini di recupero di materia e di minimizzazione dell’uso della discarica al 2030.

Obiettivi che sono già stati raggiunti in gran parte dei territori dell’Italia settentrionale ma che nel resto del Paese sono ancora molto lontani, in particolare sull’uso della discarica che in alcune regioni raggiunge 80% dei rifiuti raccolti. Vani risultano, anche, gli sforzi di alcuni Sindaci del centro–sud che “investono” sulle raccolte differenziate ma che non trovano impianti di recupero e valorizzazione delle frazioni raccolte in prossimità dei luoghi di produzione rendendo insostenibile, ambientalmente ed economicamente parlando, il loro trattamento negli impianti del Nord.

Il tentativo di modernizzare il settore o quanto meno di convergere verso le migliori realtà gestionali c’è stato con la c.d. Riforma Madia e in particolare con il Testo Unico sui servizi pubblici locali. La proposta - mai approdata a norma per le note vicende legate alla sentenza della sentenza della Corte Costituzionale che ha di fatto interrotto l’iter di approvazione - aveva l’ambizione di dar corpo, anche per il servizio rifiuti, ad un impianto normativo basato sulla previsione di dimensioni gestionali adeguate e di un sistema di responsabilità e controlli che già tempo sono previsti per gli altri servizi pubblici a rilevanza economica.

Inoltre attribuiva all’Autorità di regolazione (AEEGSI) funzioni di regolazione e controllo anche per i rifiuti “al fine di migliorare il sistema di regolazione del ciclo dei rifiuti, anche differenziati, urbani e assimilati, per garantire accessibilità, fruibilità e diffusione omogenee sull’intero territorio nazionale, adeguati livelli di qualità in condizioni di efficienza ed economicità della gestione, armonizzando gli obiettivi economico finanziari con quelli generali di carattere sociale, ambientale e di impiego appropriato delle risorse”.

Fortunatamente, con solo un anno di ritardo, tale previsione è diventata legge, e dall’inizio del 2018 l’Italia è il secondo paese in Europa a dotarsi di una Autorità di regolazione, denominata ARERA, anche per i rifiuti.

In linea generale, qualsiasi intervento di natura regolatoria da parte dell’Autorità (ARERA) deve considerare il quadro esistente, indirizzando con efficacia un cambio di passo nella risoluzione strutturale della gestione dei rifiuti, con un approccio industriale che superi le ottiche di breve periodo, ma che al contempo tenga conto, delle ricadute di carattere ambientale e sociale, e delle diverse realtà gestionali e di governance presenti sul territorio, in un’ottica di convergenza dei sistemi, senza «penalizzare» quelle realtà più innovative e virtuose già presenti sul territorio nazionale.

Occorre prioritariamente mettere in sicurezza il sistema complessivo di gestione dei rifiuti agendo su due fronti: quello della gestione della materia recuperata a fronte dell’attuale percentuale di raccolta differenziata e quello della gestione delle frazioni residue in quelle aree del Paese sottodimensionate dal punto di vista impiantistico.

Sul fronte dei costi e delle tariffe i principi guida della regolazione sono la copertura integrale dei costi, compresi gli oneri finanziari secondo il principio del recupero dei costi efficienti e del principio "chi inquina paga".

Pare quindi ragionevole ipotizzare un metodo tariffario da attuare attraverso una regolazione asimmetrica, capace di adattarsi alle diverse esigenze di un settore, che presenta notevoli differenze, anche a livello di governance, tra le varie realtà presenti sul territorio nazionale e che parta dalla definizione di indicatori di qualità del servizio e relativi standard minimi prerequisito fondamentale per una regolazione omogenea su tutto il territorio nazionale.