Dopo anni di marginalizzazione, il gas naturale sta conoscendo una nuova fase espansiva in Europa. Complici l’abbondanza di GNL e gas russo, che ne hanno abbassato il prezzo d’importazione, e l’aumento dei prezzi del carbone, concorrente nel settore elettrico, il consumo di gas in Europa è cresciuto a 491 miliardi m3 nel 2017. Grazie a questa rimonta, il gas arriva oggi a coprire quasi un quarto del fabbisogno energetico comunitario, il dato più alto dal 2010.
Non è detto che questo piccolo ‘rinascimento’ sia strutturale e durevole. Tuttavia, la consapevolezza che il prezzo del gas non sia più elevato come in passato sta riportando in auge l’idea di conferirgli un ruolo di primo piano nella transizione energetica. Non solo come fonte transitoria in vista di una completa decarbonizzazione, ma anche come fonte che può svolgere un ruolo definitivo, specie nelle sue versioni rinnovabili (biometano e biogas) e se associata a sistemi di cattura e stoccaggio del carbonio.
Già oggi, in media, una centrale a gas emette la metà del diossido di carbonio di una centrale a carbone, a parità di produzione. Inoltre, l’uso del gas in sostituzione al carbone comporta un sostanziale abbattimento delle emissioni di ossidi di zolfo e altre particelle responsabili dell’inquinamento urbano. Grazie alla rapidità con cui possono essere portate a regime, le centrali a gas a ciclo combinato subentrano agevolmente alle rinnovabili nei momenti di scarsa irradiazione o ventilazione. Insomma, se è vero che il gas naturale non è per il momento una fonte rinnovabile, è anche vero che genera emissioni inferiori rispetto agli altri combustibili fossili. Non a caso, nel ‘Sustainable Development Scenario’ (SDS), costruito sull’assunto che l’obiettivo di limitare il surriscaldamento globale a 2 gradi verrà centrato, l’AIE certifica il gas come unico combustibile fossile compatibile con scenari di decarbonizzazione aggressiva.
Diversi Paesi europei stanno prendendo provvedimenti restrittivi contro il carbone. L’ultima centrale belga ha chiuso nel 2016 avendo raggiunto la fine della propria vita produttiva. La Francia ha annunciato la chiusura delle centrali a carbone entro il 2021, mentre Austria, Irlanda, Italia e Regno Unito le chiuderanno entro il 2025. Il Regno Unito ha nel frattempo introdotto un prezzo base per la CO2 di 18 sterline alla tonnellata che ha generato un crollo dell’utilizzo di carbone dell’80% dal 2012 – largamente rimpiazzato dal gas. Infine, i Paesi Bassi e il Portogallo hanno annunciato la chiusura delle centrali a carbone entro il 2030. Questi piani di phase-out dal carbone offrono chiare opportunità al gas naturale nel breve e medio periodo (anche se in alcuni Paesi, quali il Regno Unito, gran parte dello switching possibile è già avvenuto negli ultimi anni). Fuori dall’Europa, la Cina sta promuovendo una transizione dal carbone al gas alquanto ambiziosa – seppur frenata da considerazioni sull’impatto occupazionale e dal timore di accrescere la dipendenza dalle importazioni (con risvolti macroeconomici e geopolitici). Queste considerazioni potrebbero limitare l’adozione del gas in Cina e negli altri mercati emergenti ed è dunque nell’interesse del settore contenere la volatilità dei prezzi e il rischio geopolitico.
Parallelamente al suo potenziale di sostituzione del carbone, il gas contribuisce ad alleviare alcune delle complessità derivanti dall’elettrificazione del sistema energetico.
Che sia estremamente complicato elettrificare l’intero sistema energetico è una nozione sempre più accettata tra gli osservatori indipendenti. Innanzitutto esistono ostacoli alla realizzazione di nuove linee di trasmissione, indispensabili per la penetrazione capillare delle rinnovabili. E’ illustrativo che i progetti per la costruzione di linee elettriche dal nord della Germania – ricco di vento – al sud della Germania – ricco di industrie – si stanno scontrando con una durissima opposizione di cittadini ed enti locali. E questo è solo un piccolo tassello dell’Energiewende. Una completa conversione di tutte le infrastrutture e applicazioni (commerciali, domestiche e industriali) comporterebbe sforzi logistici immensi, per non parlare degli sforzi economici.
Se l’abbattimento dei costi di installazione del solare e dell’eolico desta giustamente entusiasmo, a volte si dimentica che la transizione verso le rinnovabili comporta anche consistenti costi di adattamento del sistema. Oltre ai già menzionati costi di conversione, vanno considerati anche i costi di bilanciamento del sistema: ad esempio, andrebbe incluso nei computi totali il costo di mantenere centrali convenzionali in standby – centrali che rimangono inutilizzate la maggior parte del tempo ma devono rimanere pronte a entrare in azione. Sono del resto noti i problemi di variabilità nella produzione di energia rinnovabile e l’impossibilità tecnica e commerciale di immagazzinare elettricità per lunghi periodi di tempo. Un’elettrificazione completa dei sistemi di riscaldamento, tornando alla discussione sull’impossibilità di elettrificare l’intero sistema, acuirebbe ulteriormente le difficoltà di far combaciare domanda e offerta – data la stagionalità del profilo della domanda.
In altre parole, i bassi costi di produzione dell’elettricità da eolico o solare non si traducono in prezzi dell’energia egualmente bassi per l’utente finale – prezzi che devono anche riflettere il trasporto, lo stoccaggio e le tecnologie di conversione.
In una prospettiva di lungo termine è necessario ampliare le vedute per immaginare un ruolo centrale del gas nel sistema energetico del futuro.
Per ovviare alla variabilità delle rinnovabili, si pensa sempre di più a soluzioni in cui il gas diventa un vettore per lo stoccaggio di energia. Applicando tecnologie power-to-gas, l’elettricità prodotta per mezzo di rinnovabili può essere trasformata in gas. Questo permetterebbe di utilizzare la rete capillare di infrastrutture esistenti e di continuare a usare il gas direttamente (ossia, senza riconvertirlo in elettricità) nei settori di più difficile conversione. Inoltre, questo permetterebbe di continuare a commerciare energia da una parte all’altra del mondo, sfruttando sinergie e vantaggi comparati. Si può immaginare un sistema ibrido – in cui parte del gas viene ancora estratto dai giacimenti e parte viene prodotto con tecnologie power-to-gas – o una conversione completa al power-to-gas. Nel secondo caso l’industria del gas sarebbe sicuramente ridimensionata perché verrebbe meno la parte upstream, ma rimarrebbe attiva nel segmento downstream e, soprattutto, midstream.
Un’altra soluzione è l’idrogeno. Abbinando la tecnologia dello steam reforming del metano e quella della cattura e stoccaggio del carbonio, si può immagazzinare la CO2 in appositi siti e ottenere idrogeno pulito a partire dal gas naturale. L’idrogeno (esso stesso un gas) potrebbe poi trovare un gran numero di applicazioni, dal settore elettrico a quello dei trasporti (tramite celle combustibili). Un vantaggio non trascurabile dell’idrogeno come fonte di energia pulita è che è versatile e non richiede necessariamente la costruzione di infrastrutture apposite. Con degli adattamenti (ad esempio nei rivestimenti, al fine di evitare corrosione), la rete esistente dei gasdotti potrebbe essere utilizzata per trasportare idrogeno. In un interessante progetto pilota, la città di Leeds nel Regno Unito sta procedendo a una piena conversione all’idrogeno e i risultati preliminari appaiono promettenti.
Tecnicamente, dunque, si può immaginare un futuro – anche lontano – in cui il gas potrà continuare a svolgere un ruolo di supporto alla transizione energetica. Per permettere al gas di esprimere il proprio potenziale, l’industria deve fare il possibile per migliorare le proprie credenziali ambientali – specialmente impegnandosi nella riduzione delle perdite di metano. E’ inoltre importante che il gas venga percepito come una fonte energetica affidabile e competitiva dai decisori pubblici e privati. Infine, occorre mantenere ampie vedute per non approcciare il sacrosanto obiettivo della decarbonizzazione in modo dogmatico e per non perdere di vista soluzioni innovative. La complessità del sistema energetico potrebbe in fondo rivelarsi un’opportunità.