Le previsioni sull’evoluzione del clima terrestre costituiscono una noce dura da rompere, poiché si riferiscono ad un sistema di grande complessità soggetto ad una continua trasformazione. La loro analisi riveste ovviamente grande importanza per l’individuazione di adeguati percorsi di sviluppo concernenti l’impiego dell’energia da parte dell’uomo, con un flusso che attualmente ammonta a circa 16 TW e con un aumento annuo di circa il 10%. Il consumo energetico è infatti il principale responsabile dell’emissione dell’anidride carbonica che si accumula nell’atmosfera.

Nella seconda metà del secolo scorso la missione di molte compagnie produttrici di energia era volta allo sfruttamento delle sorgenti fossili attraverso la costruzione di raffinerie e la commercializzazione dei loro prodotti, utilizzati in buona parte nei trasporti, mentre la fissione nucleare, che in base alle previsioni avanzate nel dopoguerra avrebbe dovuto occupare una posizione egemone, veniva applicata in misura limitata per produrre energia elettrica. Le energie rinnovabili (eolica e fotovoltaica) venivano considerate con interesse anche se il loro contributo alla produzione totale di energia era modesto, mentre l’impiego dei biocarburanti veniva accettato con curiosità e con una punta di sospetto da parte dei petrolieri perché si trattava di prodotti che, entrando nelle pompe di benzina, potevano fare concorrenza ai prodotti derivati dal petrolio.

Se confrontiamo tale situazione con quella attuale dobbiamo anzitutto prendere atto del notevole miglioramento conseguito nelle tecniche estrattive degli idrocarburi, grazie all’ampliamento delle conoscenze sulle caratteristiche geologiche del pianeta e allo sviluppo di una modellistica sempre più sofisticata riguardante il flusso dei fluidi attraverso sistemi porosi. Nel contempo, ha avuto luogo un significativo sviluppo delle tecnologie dei processi di raffinazione, soprattutto per quanto concerne la realizzazione di catalizzatori sempre più efficienti; inoltre le indagini sulla termodinamica delle miscele con più componenti - grazie all’impiego di calcolatori sempre più potenti - consentivano di progettare unità di separazione di grandi dimensioni. Tant’è che ad esempio in India, a Jamnagar, è stata avviata una mega raffineria che in un giorno può trattare una quantità di petrolio greggio pari a circa quello consumato in Italia.  

Importanti e tuttora in corso sono poi gli avanzamenti nel settore della termo-fluido-dinamica che grazie all’impiego dei supercalcolatori ha permesso di migliorare significativamente l’efficienza delle macchine e degli impianti termici. Paradossalmente, però, tale aumento dell’efficienza spesso non raggiunge l’obbiettivo di limitare l’uso dei carburanti perché riducendo i costi incentiva i consumi.

La produzione di energia attraverso la fissione nucleare è leggermente diminuita, pur rimanendo intorno al 5%, mentre l’impiego dell’energia proveniente dalle fonti rinnovabili eolica e solare è   aumentata in senso assoluto, anche se il suo contributo nell’ambito della produzione energetica globale si aggira intorno al 3,5% (2,3% eolico, 1,2% solare). In realtà, le intense e sofisticate ricerche scientifiche condotte nel settore dell’energia solare non hanno ancora portato a significative svolte applicative, anche se il costo delle celle fotovoltaiche è diminuito in accordo alla previsione effettuata mediante la cosiddetta learning curve. Gli sforzi sull’impiego di approcci complementari quali le celle elettro-fotovoltaiche hanno avuto un modesto riscontro applicativo, per cui di fatto l’unica tecnologia che viene applicata resta la fotovoltaica che utilizza il silicio amorfo o policristallino, su pannelli che operano mediamente 7 ore al giorno. Grazie all’accoppiamento con la tecnologia di ottimizzazione delle reti elettriche potrebbe, o meglio dovrebbe, acquistare maggiore rilevanza, poiché l’eccessivo livello raggiunto da tali energie rinnovabili - per esempio in Europa - porta ad uno squilibrio dovuto alla periodicità dei processi in gioco con conseguente minaccia di crisi dell’approvvigionamento elettrico. Infatti, i capricci del vento e del sole fanno sì che le turbine e i pannelli debbano comunque essere associati a impianti convenzionali a metano, a carbone o nucleari.

In sostanza se da un lato i media propagandano cambiamenti in atto nelle tecnologie energetiche, giustificatamente se poniamo l’attenzione sui menzionati miglioramenti, dall’altro lato si può osservare che, se escludiamo il gigantismo raggiunto dalle raffinerie, di veramente rivoluzionario nel settore energetico non è successo molto. In realtà l’energia, intesa come servizio per le attività umane, deve essere tanta, a portata di mano, ma soprattutto fruibile. Il solare è abbondante poiché il flusso di energia elettromagnetica riversata sul pianeta ammonta a circa 140.000 TW, disponibile ovunque, ma purtroppo non agevolmente fruibile: essa consente infatti di produrre energia elettrica, ma in modo intermittente e faticosamente accumulabile anche se sono stati fatti progressi significativi grazie all’impiego di batterie al litio che sono in grado di raggiungere elevate densità di energia. Per questa ragione hanno trovato ampie applicazione nei dispositivi elettronici e, in previsione, nel settore dei trasporti.

Per quanto concerne la produzione dell’energia per via nucleare si può osservare che la tecnologia dei reattori ha raggiunto un ottimo livello per cui, se usati con razionale saggezza, essi potrebbero dare un significativo contributo nel contrastare gli effetti dovuti al riscaldamento globale, come viene riconosciuto da molti scienziati (vedi l’appello pre-COP21 da parte dei quattro top climate scientists Caldeira, Emanuel, Hansen e Wigley). In realtà i pericoli delle centrali nucleari sono difficili da stimare, poiché anche se si sostiene che abbiano causato il minor numero di decessi per unità di energia, il ricordo di alcuni incidenti, in particolare Chernobyl, ha messo in discussione la menzionata sicurezza. Inoltre lo spinoso problema dello smaltimento delle scorie costituisce per certi aspetti un problema aperto.  

L’astrofisico Frank Drake ha osservato che l’esistenza di una civiltà su un pianeta extraterrestre dipende criticamente dal valore della sua vita media. Nel caso tale civiltà venga in possesso della fissione nucleare, per i potenziali disastri dovuti al suo uso improprio, gli ha attribuito un valore dell’ordine di 200 anni terrestri. In questo quadro, l’avvenire del nostro pianeta risulterebbe compresso in una strettoia simile a quella di Scilla e Cariddi. Ovvero fra la necessità di utilizzare l’energia nucleare per sopravvivere al global warming o accettare il pericolo di un Armageddon nucleare che farebbe piazza pulita di ogni forma di esistenza. Queste speculazioni possono sembrare curiose se non paradossali in un momento nel quale un giornale quale l’Economist pubblica articoli dal titolo “Disarmageddon. A farawell to arms control”, in cui si afferma che gli obbiettivi intesi a limitare gli armamenti militari si stanno indebolendo ed un loro rinnovo appare improbabile.

Dal canto suo la fusione nucleare presenta aspetti incerti, non solo per l’elevato costo delle ricerche promosse a livello mondiale, ma perché essendo il plasma infestato da diverse instabilità termo-fluidodinamiche è improbabile che riesca a produrre energia in modo controllato entro i tempi ritenuti ragionevoli per controbattere le evoluzioni climatiche. Infatti, anche quando si raggiungerà l’accensione controllata del plasma (si ritiene verso gli anni settanta di questo secolo) si dovranno mettere a punto le tecnologie ingegneristiche richieste per utilizzare un gas a temperature estremamente elevate, quindi in una forma non direttamente accessibile per gli impieghi consueti.

Per affrontare il dilemma fra l’adeguamento alle evoluzioni climatiche o l’introduzione di modifiche che rendano il pianeta adatto alle nostre esigenze, o velleità, sono stati approfonditi diversi modelli di sviluppo. Alcuni comportano un severo taglio nel consumo dei combustibili fossili, andando però incontro ad una profonda crisi economica poiché scalzare il petrolio dalla sua posizione egemone costituisce una impresa ardua, sia per lo stile di vita che ci ha imposto sia per gli enormi interessi sottostanti che coinvolgono l’intera economia. Alternativamente, si devono contemplare profonde modifiche dei comportamenti civili e sociali, strettamente connessi con l’impiego dell’energia. In questo quadro risultano di rilievo gli studi sulle ristrutturazioni delle metropoli associate ad una profonda elettrificazione dei servizi. Questo approccio risulta compatibile con l’abbattimento dell’inquinamento locale e la tendenza verso l’inurbamento.

Una rapida realizzazione di entrambe le proposte nell’attuale situazione politica mondiale, economica e sociale appare però difficile se non improbabile. È interessante comunque osservare che per praticare le opzioni precedenti, le richieste conoscenze tecnico-scientifiche risulterebbero disponibili.

 

Per concludere con uno sguardo verso il futuro si deve ricordare che la produzione di biocarburanti può essere perseguita mediante la biologia sintetica agendo sui percorsi metabolici di batteri geneticamente modificati, con lo scopo di dirigere la loro attività verso la produzione di prodotti desiderati. Infatti il metabolismo cellulare si manifesta attraverso un reticolo di reazioni chimiche catalitiche controllate dai geni. I batteri vengono assimilati ad una macchina termica che supporta le funzioni cellulari convertendo le materie prime in energia e nelle molecole richieste per costruire strutture biologiche, per cui le cellule sono in grado di sintetizzare una ampia varietà di componenti chimici, offrendo un nuovo approccio all’applicazione della catalisi, in cui gli organismi microbici vengono impiegati come fabbriche cellulari. Uno dei vantaggi risiede nella diversità metabolica fra batteri, funghi ed alghe, che permette l’impiego di diversi substrati, incluse le lignocellulose. Le ricerche in atto in diverse sedi stanno portando risultati di grande interesse, la cui applicazione si presenterà agevole poiché in grado di operare in sinergia con l’attuale sistema di trasporto, quindi fruendo delle infrastrutture già esistenti.