La fusione nucleare è oggi considerata un’opzione molto interessante in quanto si tratta di una fonte di energia sicura, inesauribile e sostenibile per l’ambiente: un processo che consente di ottenere energia riproducendo il meccanismo fisico che alimenta il sole e tutte le altre stelle. È per questo che le grandi potenze economiche mondiali sono attualmente impegnate nel suo sviluppo che, affiancato a quello delle rinnovabili, potrebbe significativamente contribuire alla lotta contro i cambiamenti climatici.
L’impegno al quale partecipano Cina, Giappone, India, Corea del Sud, Russia, USA e UE è tutt’altro che astratto e porta il nome di ITER. Un progetto da 20 miliardi di euro che punta a dimostrare la fattibilità della produzione di energia da fusione, attraverso la realizzazione di un reattore sperimentale alto 30 metri e pesante 23 mila tonnellate a Cadarache, in Francia. Si tratta di un’impresa tecnologica ed ingegneristica fra le più grandi e complesse a livello mondiale, fortemente incentrata su collaborazione e sinergie fra ricerca e industria in aree di frontiera tecnologica. Nel progetto sono coinvolte oltre 500 industrie italiane che hanno vinto gare per quasi un miliardo di euro - circa il 60% del valore delle commesse europee per la produzione della componentistica ad alta tecnologia. E l’obiettivo è quello di generare nuovi contratti per altre centinaia di milioni di euro nei prossimi 5 anni.
Tra i progetti di ricerca scientifica e tecnologica più ambiziosi per rendere il futuro reattore a fusione competitivo anche dal punto di vista economico vi è il Divertor Tokamak Test facility (DTT) che, oltre a costituire una tappa fondamentale del progetto ITER, rappresenterà un volano di innovazione nonché una piattaforma formidabile di formazione per le nuove generazioni. L’investimento previsto è di circa 500 milioni di euro di fondi privati e pubblici, per quella che sarà una struttura di ‘collegamento’ tra i grandi progetti internazionali di fusione nucleare e DEMO, il reattore che dopo il 2050 dovrà produrre energia elettrica da fusione nucleare.
Tecnologie avanzate e ricadute per le imprese
Ideato dall’ENEA in collaborazione con CNR, INFN, Consorzio RFX, CREATE e alcune prestigiose università, il DTT prevede il coinvolgimento di oltre 1500 persone, tra impiegati diretti e indotto, che realizzeranno una macchina in grado di fornire risposte ad alcune delle maggiori problematiche della fusione: la gestione dei grandi flussi di potenza prodotti dal plasma combustibile e i materiali a prova di temperature elevatissime.
DTT sarà un cilindro ipertecnologico alto 10 metri con raggio 5, all’interno del quale saranno confinati 33 metri cubi di plasma alla temperatura di 100 milioni di gradi con una intensità di corrente di 6 milioni di Ampere (pari alla corrente di sei milioni di lampade) e un carico termico sui materiali fino a 50 milioni di watt per metro quadrato, oltre due volte la potenza di un razzo al decollo.
Il plasma “scaldato” lavorerà ad una temperatura di oltre 100 milioni di gradi; i 26 km di cavi superconduttori, in niobio e stagno e i 16 km di quelli in niobio e titanio, distanti solo poche decine di centimetri, saranno a 269 °C sotto zero. Grazie a materiali superconduttori di ultima generazione realizzati dall’ENEA in collaborazione con l’industria di settore, il plasma all’interno del DTT raggiungerà una densità di energia confrontabile a quella del futuro reattore. Bersaglio di tutta la sorgente di potenza, il divertore, elemento chiave del tokamak è il più sollecitato dalle altissime potenze, composto di tungsteno o metalli liquidi, rimuovibili in tutta sicurezza grazie a sistemi altamente innovativi di remote handling.
Ad oggi il DTT può contare su circa 60 milioni di euro concessi da EUROfusion - il consorzio europeo per lo sviluppo dell’energia da fusione - 40 milioni di euro del Miur e altri 40 impegnati dal Mise a partire dal 2019. Inoltre potrà contare su contributi “in natura” da parte della Cina.
La selezione del sito: un percorso pubblico, partecipato e trasparente
Per individuare un’area che abbia le migliori caratteristiche per la realizzazione del DTT attraverso un percorso di massima trasparenza e partecipazione, il 24 novembre scorso l’ENEA ha pubblicato un avviso di manifestazione di interesse per la selezione delle regioni che intendono candidare un proprio sito. Il termine di presentazione delle domande era il 31 gennaio scorso e la selezione è prevista per metà marzo.
L’avviso ha riscosso un successo che va oltre tutte le più ottimistiche previsioni. Ben nove sono le proposte ricevute da parte di Abruzzo, Campania, Emilia Romagna + Toscana, Lazio, Liguria, Piemonte, Puglia e Veneto.
Si passerà ora alla fase di valutazione che sarà improntata, come tiene a sottolineare l’ENEA, alla “massima trasparenza pubblica, in grado di garantire ai potenziali partecipanti che l’individuazione avverrà sulla base di criteri oggettivi, volti a massimizzare il beneficio per ENEA e per tutto il Paese, principio cardine di tutto il processo”.
Italia leader nella ricerca sulla fusione
La decisione relativa alla localizzazione del DTT in Italia conferma la leadership del nostro Paese nel settore della fusione e dei grandi programmi di ricerca internazionali: DEMO, Broader Approach e ITER, l’International Thermonuclear Experimental Reactor in qualità di partner EUROfusion e Fusion for Energy (F4E), le agenzie europee di settore.
Il Dipartimento Fusione e Tecnologie della Sicurezza Nucleare dell’ENEA e i Centri di Ricerca di Frascati e del Brasimone sono un punto di eccellenza a livello nazionale e internazionale nel campo della superconduttività, dei componenti interfacciati al plasma, della neutronica, della sicurezza, del remote handling, della fisica del plasma e nella realizzazione di impianti per lo studio dei plasmi a confinamento magnetico e macchine per la fusione come il Frascati Tokamak (FT) e il Frascati Tokamak Upgrade (FTU).
Dalle attività sulla fusione, negli ultimi 20 anni sono nati oltre 50 brevetti con ricadute significative per lo sviluppo e la competitività delle industrie nazionali; inoltre, ENEA coordina il programma nazionale di ricerca sulla fusione e ICAS (Italian Consortium for Applied Superconductivity) che ha un ruolo attivo nella produzione di componenti nell’ambito del Broader Approach e di ITER.
Le ricadute attese
Il DTT costituirà per la regione ospitante un’importante risorsa capace di promuovere non solo un’innovazione scientifica e tecnologica di altissimo profilo, ma anche di stimolare un’economia high-tech sulla base delle opportunità che essa offre al sistema delle piccole e medie industrie. Sulla base di infrastrutture similari, possiamo stimare che il DTT genererà molti posti di lavoro diretti e indiretti. La durata di almeno 25-30 anni prevista per la realizzazione rende questi nuovi impieghi praticamente permanenti. Analisi su dati consolidati dimostrano inoltre che un’infrastruttura di questo tipo comporterà un ritorno pari a quattro volte l’investimento, di cui l’87,5% cadrà sulla Regione ospitante mentre il 12,5% sull’intera nazione, per un totale di 2 miliardi di euro.