li obiettivi dell’Unione Europea in materia di fonti rinnovabili sono ambiziosi sia per quanto riguarda gli usi energetici che per un loro utilizzo nei trasporti. Al 2030 il 27% del consumo finale lordo di energia dovrà essere prodotto da fonti rinnovabili; al contempo, le emissioni di CO2 dovranno ridursi del 40% entro il medesimo orizzonte temporale e dell’80% entro il 2050 rispetto ai valori registrati nel 1990.

Per tutti gli Stati membri vige poi l’obbligo al 2020 di coprire il 10% del fabbisogno energetico del settore trasporti attraverso fonti rinnovabili. In questo contesto, un ruolo importante potrebbe essere giocato dai biocombustibili, in particolare dal biometano che, secondo il Comitato Termotecnico Italiano è in grado di ridurre le emissioni di gas serra almeno del 75% rispetto a quelle dei combustibili fossili e può quindi contribuire in modo significativo al raggiungimento degli obiettivi europei.

I numeri della filiera biogas/biometano europea diffusi dalla European Biogas Association parlano di un comparto fortemente sviluppato: 17.376 impianti di biogas per 8.728 Megawatt elettrici (MWel) installati e 459 impianti di biometano per una produzione annua di 1,23 miliardi di metri cubi (mld mc).

Il biogas è il prodotto del processo biologico di digestione anaerobica di substrati organici ed è una miscela essenzialmente di CH4 e CO2. Il biogas, dopo una opportuna purificazione (upgrading, rimozione della CO2), può raggiungere caratteristiche simili a quelle del gas naturale compresso (CNG) con un contenuto di CH4 pari al 95÷98% (biometano) e può essere immesso in rete per una sua valorizzazione, ad esempio come biocombustibile per autotrazione. Il biometano nella sua forma liquefatta può inserirsi nella stessa categoria del GNL ed essere utilizzato come biocarburante per i mezzi pesanti e navali.

Per quanto riguarda il biogas, l’Italia si colloca al quarto posto al mondo dopo Germania, Cina e Stati Uniti con circa 1.920 impianti operativi - di cui circa 1.460 nel settore agricolo e 460 nel settore rifiuti e fanghi di depurazione - per un totale di circa 1.400 MWel installati, di cui poco meno di 1.000 nel comparto agricolo.

Una forte espansione del numero di impianti per la produzione di biogas si è registrata tra il 2008 e il 2012, soprattutto nel settore agricolo e in ragione della tariffa incentivante omnicomprensiva di 280 €/MWh, che ha costituto un volano per il comparto. Venuta meno con il Decreto del 6 luglio 2012, le realizzazioni di nuovi impianti si sono significativamente ridotte negli ultimi quattro anni, per un ammontare inferiore a 100 MWel installati (vedi figura).

Andamento del settore biogas in Italia

Fonte: Elaborazione CRPA su dati TERNA 2016

In merito al biometano, il percorso di regolamentazione si è avviato con il DM 5/12/2013 che ha promosso l’uso di questo prodotto principalmente per autotrazione, ma ne ha anche favorito l’immissione in rete o l’utilizzo per la cogenerazione ad alto rendimento. Il testo privilegia il biometano ottenuto da sottoprodotti (effluenti zootecnici, scarti agricoli, scarti dell’agroindustria, etc.) e mantiene un occhio di riguardo per gli impianti di minor dimensione, alla portata di aziende agricole e zootecniche. Il percorso normativo dovrebbe a breve essere completato dal nuovo decreto, in fase di emanazione, che fisserà gli incentivi e che verosimilmente darà un forte impulso alla filiera del biometano, già a partire dal 2018, in accordo con le linee guida espresse dalla nuova Strategia Energetica Nazionale.

Tra gli incentivi previsti nella bozza di decreto vi è l’individuazione di un meccanismo che consenta il rilascio dei Certificati di Immissione in Consumo di biocarburanti (CIC, 1 CIC = 10 Gcal o 11,63 MWh e vale 375 €) per una durata di 20 anni. Inoltre il decreto prevede il raddoppio dei CIC (cd. double counting) per il biometano prodotto da sottoprodotti, da rifiuti o da prodotti ad uso non alimentare ed indica quali materiali/substrati utilizzati nella digestione anaerobica danno diritto al doppio riconoscimento. Infine, l’opportunità di produrre biometano viene estesa anche a coloro che hanno già un impianto di biogas esistente, anche se in questo caso l’incentivo è in forma ridotta perché sostanzialmente essi hanno già beneficiato della tariffa omnicomprensiva per la produzione di energia elettrica.

Per quanto riguarda i requisiti di qualità del biometano, invece, gli standard sono stati fissati a livello comunitario dalla Commissione Europea con il mandato M/475 EN, che ha incaricato il Comitato Europeo di Normazione di definire le specifiche per il biometano distinguendo tra quello usato come carburante e quello da immettere nelle reti del gas naturale.

In visione prospettica, il potenziale di sviluppo della filiera biogas/biometano sarà rilevante già nel breve termine: stime del Consorzio Italiano Biogas identificano un potenziale produttivo al 2030 di 10 mld mc di biometano, di cui 8 da matrici agricole (biomasse di scarto di origine agricola, zootecnica e agroindustriale e colture dedicate, di primo e secondo raccolto, da circa 400.000 ettari) e 2 da rifiuti organici selezionati, fonti non biogeniche e gassificazione. Tale quantitativo è pari a circa il 15% del consumo attuale di gas naturale in Italia.

Molti sono quindi i punti di forza della filiera del biogas/biometano: 1) il processo di produzione può essere modulato e programmato e la produzione energetica stoccata sotto forma di metano nella rete del gas naturale; 2) essa può contare su un altro grande potenziale ancora inespresso, rappresentato dalla metanazione della CO2, ossia dalla trasformazione, per reazione con l’H2 , in metano della CO2 derivante dall’upgrading del biogas a biometano sfruttando il surplus di energia elettrica generata da eolico e/o fotovoltaico (cd. Power to Gas); 3) il comparto può svolgere un ruolo importante nella “decarbonizzazione” dell’economia italiana, in quanto la digestione anaerobica è una tecnologia che consente la rimozione di CO2 dall’atmosfera; 4) dal punto di vista economico un’implementazione della filiera potrebbe comportare una serie di ricadute positive importanti per il settore agricolo nazionale e un forte risparmio sulla bolletta energetica dovuto alla riduzione delle importazioni di gas naturale.

Non bisogna poi dimenticare gli importanti risvolti socio-economici che si verrebbero a creare nei settori industriali delle macchine agricole, degli impianti di trattamento delle acque reflue e dei rifiuti organici, dei sistemi di trattamento e trasporto del gas, dei motori a gas per autoveicoli, della chimica verde ecc., per i quali lo sviluppo della filiera italiana del biogas/biometano costituirebbe un pretesto per investire in innovazione tecnologica e migliorare la propria competitività.

Nota: Articolo realizzato nell’ambito del Progetto “Ottimizzazione tecnologica filiera biometano – GoBioM”, finanziato sul Bando POR-FESR Emilia-Romagna (Programma operativo regionale – Fondo europeo di sviluppo regionale), Progetti di ricerca industriale strategica 2014-2020. Aggiornamenti sulle attività del progetto sul sito http://gobiom.crpa.it/