In poche classifiche nazionali l'Abruzzo occupa posti di vertice: una di queste è quella stilata annualmente dal Nimby Forum. È una costante il No a prescindere: all’estrazione di idrocarburi on/offshore, alla produzione energetica anche rinnovabile, alle reti distributive (elettrodotti e gasdotti), alle antenne, a impianti di trattamento rifiuti, a insediamenti industriali, a centri commerciali, perfino di recente ad un impianto per la cremazione di salme.

Stimiamo in circa 3 mld. di euro il valore dei progetti fermi o persi, con almeno 15.000 posti di lavoro potenziali non attivati.

Si può datare l’inizio del fenomeno intorno al 2007, quando nacque un movimento per contrastare la realizzazione ad Ortona di un Centro Oli dell’Eni. Lo stop al progetto (deciso anche per ragioni economiche) ha animato la consapevolezza che con una forte pressione sociale e mediatica si potesse ottenere un doppio risultato: bloccare i progetti ed assumere un ruolo di orientamento dell’opinione pubblica utile per diversi scopi, anche politici.

Negli ultimi anni, il bersaglio principale è diventata “Ombrina Mare”: una piattaforma per estrazione di olio e gas a 6 km dalla costa teatina, di proprietà della Medoilgas poi acquisita dalla Rockhopper, multinazionale inglese. Un investimento di circa 300 mil. di euro, con uno sviluppo tra royalties, tasse e valore per l’indotto, soprattutto locale, di circa 700 milioni di euro e 250 posti di lavoro.

Dopo aver superato negli anni numerosi scogli - tra i quali diversi ricorsi giudiziali, due VIA favorevoli, leggi nazionali e regionali tese a bloccarne l’iter - il progetto avrebbe avuto il via libera se non fosse intervenuta la norma della legge di stabilità 2016 che ha vietato ogni installazione offshore entro le 12 miglia.

Contro Ombrina si è creato negli anni uno schieramento variegato, composto dai soggetti più diversi: in primis le organizzazioni ambientaliste riconosciute, quindi i comitati No-Triv e quelli non censiti nati in vari centri per opporsi a qualunque tipo di progetto. Si sono poi aggregate nel tempo associazioni di impresa (del commercio, dell’agricoltura, dell’artigianato, della pesca e del turismo), la CGIL (tranne la Filctem), la Conferenza episcopale, e altre numerose organizzazioni come Club Alpino, movimento Scout, No-Tav e perfino il comitato aquilano 3.32 nato dopo il terremoto del 2009. A questi si è presto aggiunta tutta la classe politica regionale e gran parte di quella nazionale, oltre a Comuni e Province più o meno coinvolti. A titolo di curiosità, contro Ombrina si ricordano tre sedute speciali del Consiglio regionale - a fronte di una sola tenuta per il terremoto aquilano! - e ben due leggi regionali del 2015, dichiarate incostituzionali nel febbraio 2017.

Sul fronte opposto, pochi soggetti pubblicamente e costantemente hanno sostenuto il progetto: oltre a Confindustria, CISL, UIL e UGL, alcuni accademici e pochissimi esponenti politici. Un ruolo decisivo nel favorire il No è stato svolto dalla stampa, anche radiotelevisiva, locale e nazionale che ha sposato da subito le tesi di opposizione, gestendo informazioni e spazi in modo spesso parziale, distorto e univoco. Ombrina ha assunto nella visione pubblica un’immagine molto negativa, così come tutto il settore petrolifero, anche in seguito all’incidente del Golfo del Messico.

E ovviamente i social network hanno fatto la loro parte, paventando l’immagine di un Abruzzo vittima di disastri, devastato nella sua natura, nell’economia, nella salute della popolazione e contribuendo ad alimentare la paura e a far crescere l’opposizione che si è espressa in numerose manifestazioni pubbliche, cortei, flashmob e convegni.

Dall’altra parte, la comunicazione ha puntato molto sull’evidenziare positivamente aspetti tecnologici, economici, occupazionali, di prevenzione e sicurezza, di compatibilità con tutte le altre attività economiche, testimoniata dalla storica presenza di attività petrolifere in Abruzzo da oltre 150 anni.

Chi si occupa di Nimby sa bene che vince spesso chi urla più forte, e parla alla pancia delle persone non al loro cervello. La paura, irrazionale, pur indotta con false argomentazioni, non si supera con argomenti razionali. C’è un solo modo per dimostrare che le opere sono utili e non creano danni ma opportunità: realizzandole (quando si riesce), costruendole bene, gestendole con grande qualità e in piena trasparenza, e rendendo consapevoli e coinvolte sin dall’inizio le comunità interessate che ne devono percepire in concreto i benefici. Due condizioni sono indispensabili: un rapporto franco con la politica che deve essere messa in grado per tempo di effettuare scelte non condivise; un dialogo continuo con media e social cui occorre fornire costantemente efficaci elementi di conoscenza.