Il gasdotto trans-adriatico o TAP (Trans-Adriatic Pipeline) porterà 10 mld mc di gas azero in Europa a partire dal 2020. Mentre la costruzione procede senza grandi ostacoli negli altri paesi attraversati dall’infrastruttura, i toni del dibattito su TAP sono molto accesi in Italia, nonostante il nostro paese sia interessato solo da 8 km di un tracciato che ne misura ben 878.

Questo articolo si propone di mettere in prospettiva il valore strategico di questo progetto, nonché il possibile impatto sui mercati interessati e i contorni dell’ingarbugliato conflitto giuridico tra diverse istituzioni del nostro paese. L’infografica sottostante riassume le principali caratteristiche del progetto e delle opere ad esso connesse.

Il TAP si inscrive nel più ampio contesto del Southern Gas Corridor’ (SGC), un insieme di gasdotti di quasi 3.500 km che collegheranno il giacimento di Shah Deniz in Azerbaijan all’Italia attraverso Georgia, Turchia, Grecia e Albania. Appoggiato dall’UE al fine di ridurre la dipendenza dal gas russo per ragioni geopolitiche e al fine di stimolare la competizione tra diverse fonti di gas, il SGC odierno è una versione fortemente ridimensionata rispetto alle ambizioni originarie. I progetti concorrenti di TAP, e in particolar modo il defunto Nabucco West, prevedevano un tracciato diverso che avrebbe eroso la posizione dominante di Gazprom in ampi settori dell’Europa centro-orientale e una capacità di trasporto tripla.

L’Italia, che come si deduce dall’infografica sarà il principale destinatario del gas azero, vanta già un’offerta ben diversificata – contrariamente a paesi quali Serbia e Ungheria, che sarebbero stati raggiunti dal Nabucco West. Il nostro paese, infatti, importa GNL e gas dalla Russia, dal Nordafrica e dal Mare del Nord.

Inoltre, in una prospettiva europea, 10 mld mc sono un volume marginale che non scalfirà la quota di mercato di Gazprom. Nonostante la crisi ucraina, i russi hanno infatti incrementato le proprie esportazioni di gas verso l’UE negli ultimi due anni (raggiungendo i 179 mld mc nel 2016, oltre il 30% dei consumi). I promotori dell’infrastruttura sottolineano che TAP e gli altri gasdotti del SGC saranno costruiti in modo tale da permettere un’espansione della capacità in tempi rapidi e a costi ridotti in futuro. Con la semplice aggiunta di alcune stazioni di compressione, la capacità potrebbe infatti essere portata a 20 mld mc. Tuttavia, è sempre più evidente che l’Azerbaigian avrà difficoltà a mobilitare ulteriori volumi di gas oltre a quelli estratti da Shah Deniz e commercializzati a partire dal 2020. Sia per ragioni commerciali che geopolitiche, anche gli altri potenziali produttori della regione interessati a esportare gas attraverso il SGC (Mediterraneo orientale, Kurdistan Iracheno, Iran, Turkmenistan) incontreranno notevoli ostacoli.   

Sempre in una prospettiva europea, anche l’impatto di TAP sui prezzi del gas sarà limitato. Salvo evoluzioni inattese, il livello dei prezzi hub in Europa continuerà infatti ad essere determinato dalla competizione tra volumi flessibili di gas russo disponibili in contratti di lungo termine (che sono stimati tra i 30 e i 50 mld m3) e import di GNL. In altre parole, per dare un’idea dei volumi in gioco, oscillazioni di import dalla Russia determinate da variazioni della domanda e dei prezzi possono essere tre, quattro, cinque volte maggiori rispetto all’intero import azero, che rimarrà dunque price taker.

Inoltre, il costo stimato per portare gas azero in Europa attraverso il SGC è di 7-8 doll./MBtu, ossia il doppio del costo marginale sostenuto dalla Russia (3,5-4 doll./MBtu). Questo raffronto conferma un dato già ampiamente noto, ossia che la diversificazione degli approvvigionamenti è costosa. In ogni caso, il progetto andrà avanti perché i membri del consorzio si sono assicurati contratti di compravendita dalla durata di venticinque anni.

Se l’impatto del progetto in prospettiva europea è dunque tutto sommato limitato, considerazioni diverse si applicano al contesto regionale. In Bulgaria (che però dovrà allacciarsi a TAP costruendo l’interconnettore IGB), la sola possibilità di ricorrere a fonti alternative aiuterà a rinegoziare i contratti di lungo termine con Gazprom – com’è accaduto recentemente in Lituania dopo l’apertura del terminale GNL di Klaipeda. Inoltre, alcuni paesi dell’Europa sudorientale (come l’Albania) non sono ancora raggiunti dal gas naturale. TAP, nel medio termine, permetterà la conversione al gas di questi mercati, con benefici (locali) per l’ambiente. Infine il ruolo del Punto di Scambio Virtuale (PSV), hub italiano del gas, uscirà probabilmente rafforzato dall’apertura di questa nuova rotta. Il PSV è considerato un benchmark sempre più attendibile e poggia su un mercato sempre più liquido e profondo – tanto da essere stato utilizzato nelle formule di indicizzazione dei contratti di compravendita del gas azero.

Nonostante il notevole costo (44 mld doll., ovvero un quinto del PIL greco) e qualche preoccupazione geopolitica, il SGC sembra procedere senza grandi ostacoli. I lavori sulla seconda fase di sfruttamento del giacimento offshore di Shah Deniz sono completi all’80-90%, in tempo per consegnare i primi volumi di gas nel 2018. La prima fase di TANAP fino a Eskişehir è completa al 75% e i vertici del consorzio costruttore assicurano che l’intero gasdotto trans-anatolico sarà pronto in tempo (a fine 2019), nonostante i finanziamenti non ci siano ancora tutti. Anche i lavori preliminari su TAP sono stati avviati in Grecia e in Albania, i cui governi hanno rilasciato i principali permessi ambientali (Installation Act e Installation Permit in Grecia, Compound Development Permit in Albania). L’opera, ritenuta strategica dal governo di Roma, ha ottenuto il via libera anche in Italia in seguito alla Valutazione d’impatto ambientale. Tuttavia, il progetto continua e sollevare polemiche e il dibattito nel nostro paese è sempre più polarizzato tra due fronti.

Da un lato, il governo e il consorzio costruttore pubblicizzano TAP come un gasdotto strategico che porterà risparmi per i consumatori, rilancerà la competitività di economie stagnanti, renderà l’Italia un hub energetico regionale, consentirà la diversificazione delle importazioni e contribuirà al contenimento delle emissioni di CO2, favorendo la sostituzione di carbone e petrolio con gas naturale.

Dall’altro, gli oppositori di TAP (ecologisti, enti locali ed esponenti di molti partiti politici), lo denunciano come un’opera inutile e costosa promossa da multinazionali in affari con un regime corrotto e irrispettoso dei diritti umani, che rischia di creare danni al turismo rovinando le campagne e le coste salentine e che perpetuerà la nostra dipendenza dai combustibili fossili, principali responsabili del cambiamento climatico.

La Regione Puglia, pur non abbracciando tutte le argomentazioni del fronte ‘no TAP’, si oppone al progetto nella sua versione attuale a causa dell’approdo a San Foca di Melendugno – proponendo invece un approdo nell’area industriale di Brindisi e dunque più vicino a Mesagne, da cui si diparte la dorsale adriatica di Snam Rete Gas.

La vertenza tra Stato e Regione, che sta ricevendo attenzione dalla stampa internazionale e che potrebbe far ritardare il progetto, è arrivata alla Corte costituzionale. La Regione obietta allo Stato di non aver cercato un’intesa su leggi ricadenti in ambiti di competenza concorrente, tra cui il trasporto di energia. Nello specifico, il ricorso chiede la riesamina del procedimento che aveva condotto al rilascio dell’autorizzazione per TAP alla luce di una recente sentenza della Corte costituzionale (n. 110 del 2016). Numerose altre questioni legali si innestano su questo ricorso, con il governo che cerca di blindare i propri provvedimenti e gli enti locali che cercano ogni mezzo legale per bloccare il progetto. Ecco dunque che il dibattito verte sempre meno sul merito della questione e sempre più su elementi laterali, dall’applicazione della legge sulla Xylella fastidiosa (il batterio che infesta gli ulivi) alla definizione di quali opere autorizzino a dichiarare un cantiere avviato o meno.

Sarebbe auspicabile che le parti interessate riprendessero a dialogare su come risolvere lo stallo e a confrontarsi sul tema del gasdotto TAP, senza drammatizzazioni nell’uno o nell’altro senso. Anche perché è altamente probabile che l’impatto di TAP, sia in positivo (diversificazione e prezzi più bassi) che in negativo (esternalità negative su ambiente e turismo), non sarà sconvolgente.