Ha qualcosa a che fare con la crisi bancaria in Europa e negli Stati Uniti la decisione di tagliare la produzione petrolifera di 1,16 milioni di barili a partire da maggio, presa a sorpresa dai paesi produttori dell’OpecPlus domenica scorsa? Sembrerebbe proprio di no. Ma allargando la visuale possono intravedersi connessioni dai tratti inquietanti tra i due fatti apparentemente estranei uno all’altro.
A marzo, la crisi bancaria ha lasciato il segno anche sul mercato europeo del carbonio. Le turbolenze nei mercati finanziari e il crollo delle azioni delle banche hanno pesato al ribasso sul contratto EUA di riferimento (futures con scadenza dicembre 2023), riportandolo al di sotto dei 90 euro/ton.
Forse non i lettori di RiEnergia, ma senz’altro chi da un decennio abbondante ci legge sui social e su Twitter in particolare ci avrà sentiti stigmatizzare in maniera ricorsiva un paio di cose che volentieri riprendiamo in questa prestigiosa sede. La prima è che il denaro ha un costo. La seconda è che i sistemi energetici sono complessi.
I recenti avvenimenti che hanno interessato il mondo della finanza hanno avuto come diretta conseguenza un aumento marcato dei tassi d'interesse; non si assisteva ad un così rapido inasprimento monetario da decenni.
I tassi statunitensi sono aumentati più velocemente di quanto previsto, il che ha già determinato una stretta creditizia.