«L’imprevedibilità è diventata una componente strutturale della nostra quotidianità e noi ci stiamo allenando ad affrontarla». Il Presidente Esecutivo del Gruppo Hera, Cristian Fabbri, sintetizza così il cambio di paradigma che sta investendo strategie e organizzazione d’impresa. In uno scenario segnato da shock climatici, instabilità geopolitiche, transizioni energetiche pervasive e rischi digitali crescenti, la capacità di governare le discontinuità è diventata infatti centrale quanto la capacità di produrre e innovare.
Da  qui la scelta di dedicare il workshop annuale di HerAcademy, la corporate university della multiutility, a “Prepararsi all’imprevedibile” per confrontarsi con esperti internazionali non tanto su come prevedere ciò che non è prevedibile, ma su come costruire strumenti, cultura e competenze per agire dentro un contesto di novità radicali.

Presidente, anticipare gli shock è impossibile, ma le aziende possono allenarsi a gestire l’imprevedibile? E da dove si comincia?

Le aziende devono prepararsi a muoversi con agilità e competenza dentro contesti che cambiano rapidamente, avendo sempre chiaro l’obiettivo. All’interno del nostro Gruppo abbiamo già iniziato a evolvere il processo di pianificazione e di risk management: costruiamo uno scenario di riferimento e lo affianchiamo a circa 170 scenari di rischio che simulano variabili prevedibili come costo dell’energia, tassi, inflazione, cambi. È un esercizio che allena l’organizzazione a valutare le interconnessioni, gli impatti e a minimizzare gli effetti dei rischi noti, oltre a permettere di essere più veloci ed efficaci nella gestione delle crisi che si possono manifestare.

Tra le discontinuità non ci sono solo conflitti o crisi energetiche e geopolitiche ma anche eventi acuti inimmaginabili come il Covid e l’alluvione: che impatto hanno avuto sull’azienda?


Sono stati un test importante della nostra capacità di reagire rapidamente, prima, e di migliorare e rafforzare i nostri asset, poi, grazie all’innovazione. Nella pandemia siamo riusciti rapidamente a riorganizzare le attività e a garantire i servizi in sicurezza grazie a innovazioni introdotte prima di altri, incluse soluzioni semplici come i pannelli divisori in plexiglas che hanno permesso di riaprire subito le attività commerciali. Nell’emergenza alluvionale siamo riusciti a ripristinare velocemente i servizi essenziali. Il merito è delle nostre persone, delle competenze, della capacità di collaborazione e della resilienza di impianti e reti: sono questi, per noi, i fattori chiave per gestire l’imprevedibile.

Che cosa significa per Hera investire in resilienza?

Significa investire costantemente per garantire la robustezza e l’efficienza delle infrastrutture e quindi la sicurezza dei servizi essenziali che noi gestiamo. Non smettiamo mai di investire: sui 5 miliardi di euro complessivi del piano quinquennale, il 47% (pari a 2,4 miliardi) è dedicato proprio a rendere reti e impianti più robusti e intelligenti. Investire in resilienza significa non solo assorbire l’urto, ma diventare capaci di adattarsi e trasformarsi. Classificare la discontinuità ci serve per capire che tipo di reazione adottare, quanto impatterà e come trasformare l’esperienza in competenza ed eventualmente in ulteriori investimenti.

Contano di più gli investimenti in intelligenza artificiale o sul mindset delle persone?

Sono sempre le persone a fare la differenza; senza cultura l’analisi dei dati non basta. Credo siano tre gli ingredienti chiave di un’azienda per affrontare e superare l’incertezza. Primo: la cooperazione interna, il lavoro di team che nelle emergenze si è dimostrato più efficace di qualsiasi automatismo. Secondo: la gestione della complessità, cioè la capacità di leggere le interdipendenze e capire dove impatteranno. Terzo: il fattore umano, la capacità di un manager di bilanciare rischi e opportunità decidendo con velocità. A questo si aggiungono la tenacia e la determinazione nel trovare la migliore soluzione e nel gestire la discontinuità senza accontentarsi mai.

HerAcademy ha scelto infatti proprio il tema dell’imprevedibilità come focus del workshop annuale: che messaggio si è portato a casa?

Che l’imprevedibile è un terreno fertile per crescere, come ha ricordato Alessandro Camilleri aprendo il workshop: è una sfida con noi stessi e con gli altri per trovare soluzioni creative, per innovare. La nostra corporate university nasce per dare strumenti e stimoli con cui affrontare questa incertezza, per costruire una maggiore consapevolezza e mettere insieme prospettive diverse per orientarsi in questa complessità. Il workshop è pensato come un laboratorio di pensiero e azione collettiva, non un convegno.

Qual è oggi il ruolo di HerAcademy nella strategia di Hera?

HerAcademy è l’architettura che integra tutta la formazione del Gruppo. Coinvolge oltre il 97% delle persone, con più di 30 ore pro capite, e un investimento di circa 15 milioni di euro l’anno. È una “stakeholder university” che collega il Gruppo a scuole, università, centri di ricerca e altre imprese. Gestisce le nostre Academy professionali, sostiene i programmi sulle transizioni ambientale, energetica e digitale, sperimenta nuovi format e accompagna l’evoluzione dei ruoli. In un mondo di interdipendenze crescenti, avere un luogo di apprendimento permanente è diventato una leva industriale.

Se dovesse sintetizzare cosa serve oggi per “prepararsi all’imprevedibile”, cosa direbbe?

Che la complessità non si elimina, ma si naviga. Servono strumenti analitici solidi, una cultura e uno spirito coeso di squadra e la capacità collettiva di decidere dentro la complessità. Le aziende che combinano un buon piano industriale con un forte allenamento culturale e l’apprendimento reciproco sono più rapide nel trasformare una crisi in opportunità e nel far crescere le persone anche nei momenti più difficili.