Il “Dialogo strategico” sul futuro dell’automotive europeo è stato lanciato dalla Commissione europea il 30 gennaio 2025 per dare delle risposte concrete alla crisi di un settore che in Europa dal 2019 ha perso circa 3 milioni di autovetture (-20%) in termini di nuove immatricolazioni (in Italia se ne sono avute quasi 360mila in meno, -19%), generando numerosi annunci di chiusure di stabilimenti produttivi con conseguenti perdite di posti di lavoro. Un dialogo quindi con il settore industriale che nelle premesse era definito di “alto livello” e che avrebbe dovuto segnare l’inizio di un “processo inclusivo e collaborativo” volto a “liberare la forza innovativa delle nostre aziende e garantire un settore automobilistico solido e sostenibile”.
Il settore dell’automotive presenta criticità sempre più profonde sia dal punto di vista dei volumi venduti che in termini di profittabilità, mentre al contempo cresce il rischio di perdere quota di mercato a scapito dei brand “made in China”, destinati a crescere fino a raddoppiare la loro quota di mercato in Europa portandola al 13% entro il 2030. Un recente studio di AlixPartners prevede infatti che gli operatori cinesi arriveranno ad aumentare la produzione annua in Europa di 800.000 veicoli entro il 2030, a parziale discapito dei costruttori europei che potrebbero invece ridurla di 400.000. Nei primi otto mesi di quest’anno, rileva ancora lo studio, i tre principali player europei hanno continuato a perdere terreno (Stellantis -12%, VW e Renault -4%), rispetto ai marchi cinesi che invece hanno decuplicato le vendite.
A diminuire è anche la capacità di generare flussi di cassa e di far fronte agli impegni finanziari. Lo stesso rapporto, infatti, rileva che negli ultimi due anni i costruttori europei hanno visto i margini EBIT ridursi di 6,2 punti percentuali, quasi il doppio di quanto registrato dagli americani. Anche in questo caso la Cina è in controtendenza, con EBIT in continua ascesa (+3% nel secondo trimestre del 2025).
Dato il contesto, parlare di futuro dell’automotive europeo nei termini in cui lo fa il “Dialogo strategico” appare perciò paradossale visto che anche la riunione del 12 settembre si è limitata ancora una volta a riconoscere gli effetti della crisi, ma rinunciando ad individuare le vere cause. Le dichiarazioni conclusive dell’incontro sono state timide e generiche, e non sembrano destinate ad incidere sulla crisi conclamata che attanaglia il settore. Lo prova il fatto che l’unica novità emersa dall’incontro è stato l’annuncio della presidente von der Leyen di una nuova iniziativa denominata “Small Affordable Cars” che mira a promuovere lo sviluppo di veicoli elettrici di piccole dimensioni, interamente progettati e realizzati in Europa, perché “l'Europa dovrebbe avere la sua E-car e non lasciare che la Cina domini il nostro mercato”. Una minicar intorno ai ventimila euro però ha ben poco di “affordable”.
La partita è ancora aperta e si spera che la Commissione cominci veramente ad ascoltare anche la voce di quanti sono sinora rimasti esclusi da un “Dialogo” che ha visto il coinvolgimento solo di poche case automobilistiche e NGO vicine all’elettrico, ma non dei produttori di carburanti low carbon che sono essenziali per una transizione credibile. Ad essere esclusa, fatto ancora più grave, è stata anche l’Automotive Regions Alliance (ARA), ossia la rete nata su iniziativa del Comitato europeo delle Regioni che riunisce 40 regioni manifatturiere con una forte presenza nel settore automobilistico (Alliance attualmente presieduta dalla Regione Lombardia), che si propone quale “principale piattaforma aperta di coordinamento delle regioni del settore automobilistico e del relativo indotto, in modo che possano lavorare insieme a livello regionale, nazionale ed europeo, e in stretta collaborazione con le iniziative esistenti, al fine di realizzare con successo la transizione”.
Un “Dialogo strategico europeo” non può fondarsi su esclusioni e divieti. Deve fondarsi sulla capacità di ascoltare tutti gli stakeholders e le parti interessate per individuare le cause radice della crisi, che sono da ricercare proprio in un approccio ideologico alla transizione energetica che non ha inteso partire dal “basso”, ovvero dagli automobilisti in questo caso, ma imporre soluzioni dall’alto che non si sono mostrate né efficaci né competitive. Da questo punto di vista, il “Dialogo strategico” può rappresentare un’occasione preziosa per cambiare passo anche in termini di azioni concrete, così come del resto suggerito dal presidente Mario Draghi che ha stigmatizzato in maniera chiara e forte che le premesse del Green Deal sono cambiate e che perciò è necessario rivedere il percorso di decarbonizzazione. Commissione europea e Stati membri dovrebbero superare divisioni e lentezze burocratiche, puntare sulla pluralità tecnologica e lasciare che siano i cittadini europei a scegliere l’autovettura che meglio si presta ad un processo di decarbonizzazione che deve essere affrontato riconoscendo il contributo delle emissioni sull’intero ciclo di vita.
Il paradosso di questo terzo incontro appare proprio l’unica idea pratica riportata dalla presidente von der Leyen: una piccola autovettura elettrica. La montagna ha partorito una topolino elettrica.



















