Durante l’Assemblea Annuale di Assopetroli, tenutasi il 3 luglio 2025 a Roma, il Presidente della Fondazione Med-Or, Marco Minniti, ha letto la transizione energetica nel contesto del nuovo disordine globale regalando un’analisi geopolitica lucida del cambiamento epocale a cui stiamo assistendo. RiEnergia ha raccolto i principali spunti di questa analisi.

Una profonda trasformazione sta caratterizzando la nostra epoca: serve prendere coscienza che il passato è finito per sempre, evitando di vivere di nostalgia. A segnare questo cambiamento d’epoca è stato il 5 novembre 2024, quando l’esito delle elezioni negli Stati Uniti ha fatto assumere alla principale potenza economica, democratica e militare del mondo un approccio totalmente diverso rispetto alle amministrazioni precedenti. Un approccio che rispetta le promesse elettorali e che sta caratterizzando i primi mesi dell’amministrazione Trump: America first”.

Una mission non nuova nei contenuti, ma nelle modalità e nell’energia con cui è stata riproposta. Assistiamo a un cambiamento radicale negli assetti e negli equilibri complessivi del pianeta e alla chiara evidenza che gli Stati Uniti hanno intrapreso una postura di unilateralismo radicale arrogandosi la prerogativa di decidere se, come, quando e dove giungere a un accordo.

Si tratta di un paradigma nuovo imposto in un mondo che sta vivendo una situazione senza precedenti dalla fine della Seconda Guerra Mondiale:  due guerre in corso – una nel cuore d’Europa e una nel cuore del Mediterraneo – di cui al momento non si intravede una soluzione rapida. Un unilateralismo radicale che mette fine a un sistema unipolare in cui non esisterà più né “un dominio esclusivo dell’Occidente”, né un multipolarismo virtuoso, vista l’assenza delle Nazioni Unite nella risoluzione delle guerre in corso. Andiamo verso un mondo caratterizzato più da competizione e molto meno da cooperazione.

Il confronto oggi è con colossi come l’India che sta beneficiando del suo status di prima potenza demografica del pianeta, che solo con le rimesse degli indiani all’estero le sta garantendo qualcosa come 100 miliardi di dollari (dato 2023). O come la Cina, le cui strategie di azione vanno studiate e lette non con la lente degli occidentali: Pechino  sta applicando quella che è stata la ricetta vincente degli ultimi quarant’anni, sintetizzabile nello slogan “Nascondi le tue capacità e aspetta il tuo momento”, il che presuppone non un’azione frettolosa, bensì oculata.  Basti vedere come si stanno relazionando con l’Iran, simpatizzandone ma non spendendosi militarmente o economicamente.

In questo contesto, la “taglia” degli attori in gioco diventa dirimente: per i paesi europei è insensato pensare di essere vincenti correndo da soli, serve pensarsi come Europa in quanto entità regionale forte e da qui discende l’esigenza di dotarsi di una difesa europea. Avere una capacità autonoma di difesa diventa fondamentale per proteggere i nostri valori, i nostri diritti, la nostra economia e per avere una capacità di proiezione internazionale, perché il rischio è di non contare nulla.

Sulla questione dei dazi dobbiamo trattare come Europa, anche con una certa fermezza per difendere i nostri interessi; sempre insieme bisogna conquistare e aprirsi a nuovi mercati. Un buon segnale è l’invio di una delegazione della Commissione europea in India, ma bisogna anche arrivare all’accordo con il Mercosur e soprattutto puntare decisamente verso l’Africa: continente dove si giocherà il destino dell’Europa nei prossimi vent’anni, anche dal punto di vista energetico e non solo per la disponibilità di fonti fossili, ma anche per quei minerali strategici per la transizione.

Non possiamo lasciare l’Africa nelle mani di attori internazionali che sono già fortissimamente presenti: la Russia militarmente, la Cina economicamente, o la Turchia, il cui ruolo di forza, anche in virtù della sua  posizione geostrategica, viene sottovalutato. E anche gli Stati Uniti, che ci hanno fatto credere di aver spostato la loro sfera di influenza nell’area del Pacifico, continuano a utilizzare il continente nero per i propri interessi. Infatti, se Trump ha trovato un accordo con la Cina sulle terre rare di cui Pechino detiene il monopolio, lo ha fatto grazie a una certa influenza che ancora esercita in Africa. Nei giorni scorsi il Tycoon ha annunciato che, grazie alla mediazione americana, si è concluso un accordo tra la Repubblica Democratica del Congo (RdC) e il Ruanda. Quest’ultimo, utilizzando i ribelli dell’M23, ha preso il controllo del Dipartimento minerario del Kivu, il più importante della Rdc e uno dei più ricchi del mondo. Accordo che consentirà a Washington di approvvigionarsi in quei territori, con l’obiettivo dichiarato di poter contenere l’influenza cinese. Non sappiamo se la tregua reggerà o quanto il Ruanda sia in grado di influenzare i ribelli dell’M23, ma risulta chiaro come nell’approccio americano ci sia un elemento di quello che verrà dopo: ognuno cercherà di mettere in campo il proprio interesse. 

Per questo serve un approccio più proattivo sia dell’Europa che dell’Italia, la cui collocazione geostrategica diventa un elemento di forza, essendo al centro del Mediterraneo, un mare sempre più importante negli equilibri mondiali, e punto di congiunzione tra l’Occidente e il Sud del mondo.

È necessario che l’intuizione che ha avuto l’Italia di un Piano Mattei venga sposata a livello europeo: puntare al Sud del mondo e non avere la cieca convinzione che la partita si giochi solo in un confronto con la Russia a Nord Est. Per farlo, però, serve attenzionare bene le tensioni che stanno caratterizzando l’Africa: dalle inquietudini in Libia a quelle dell’Algeria, in tensione con il Marocco per la regione del Sahara Occidentale. Serve, inoltre, trasmettere quanto importante sia perseguire il Green Deal, che per i paesi africani deve essere visto come un’opportunità, come qualcosa che funziona veramente, non come un’imposizione visto che gli stati africani pensano di aver pagato un prezzo straordinario allo sviluppo dell’Occidente senza avere un ritorno.

Se vogliamo una pace stabile e duratura in Ucraina e in Medio Oriente abbiamo bisogno che ci sia un nuovo ordine mondiale, che senza il Sud del mondo è impossibile da realizzare.