Definizioni ed obiettivi

Nel momento in cui vengono utilizzati più mezzi di trasporto e viene dunque superato il limite del trasporto monomodale, vengono chiamate in causa procedure, unità per il carico, nonché infrastrutture tipiche di un trasporto pluri-attoriale, plurimodale o multimodale, che può riguardare le persone così come le merci. Per le persone si può parlare di trasporto plurimodale, co-modale, sincro-modale, multimodale, mentre appare meno adatto l’impiego del termine intermodale, più consono per le merci.

In base alle definizioni della Nazioni Unite, il trasporto intermodale è infatti: «Il trasferimento di merce mediante una medesima unità di caricamento o un medesimo veicolo stradale utilizzando due o più modi di trasporto e senza la manipolazione della merce stessa» [UN/ECE]. Un sotto insieme del trasporto intermodale è il trasporto combinato: «Il trasporto intermodale, in cui la maggior parte del tragitto […] si effettua per ferrovia, vie navigabili o per mare, mentre i percorsi iniziali e/o terminali, i più corti possibili, sono realizzati su strada» [UN/ECE].  Un trasporto intermodale delle merci tipicamente avviene quindi mediante l’utilizzo di UTI, vale a dire le unità di trasporto intermodali: container, casse mobili e semirimorchi.

Nel 2024 è stata introdotta dall’UIRR questa definizione: “Operazione di trasporto combinato: un'operazione di trasporto intermodale in cui i modi di trasporto non stradali effettuano più del 50% della distanza effettiva percorsa dall'unità di caricamento o di trasporto intermodale. Il 50% dovrebbe passare al 60% nel 2035, riflettendo i previsti aumenti della densità dei terminal e lo sviluppo dell'infrastruttura ferroviaria”.

La soluzione moderna perseguita è quindi quella di creare una catena di trasporto, nella quale vengano sfruttati i vantaggi del singolo mezzo di trasporto, creando collaborazione tra loro, evitandone gli svantaggi, mediante preferenzialmente UTI, senza trasbordo diretto della merce sfusa.

La spinta verso lo sviluppo del trasporto intermodale ha come motivazioni salienti il contenimento del traffico stradale con relative code, dei consumi energetici specie da fonti non rinnovabili derivanti dalle varie fasi di trasporto, delle emissioni locali e globali, degli incidenti stradali e, da qualche anno, il sopperire alla carenza di autisti stradali.

Consumi energetici

La tabella seguente riporta alcuni valori indicativi di consumi energetici di treni merci, consapevoli che questi variano con le caratteristiche del materiale rotabile, della linea ferroviaria nonché – al quadrato – con la velocità di esercizio, ma quest’ultima nei treni merci non varia di molto.

Consumi energetici (valore medio a livello europeo) dei tipi di treno più comuni

Fonte: Elaborazioni dell’autore

 Altre fonti in letteratura riportano valori che oscillano tra 150 e 190 kJ/tonnellata e per km. Effettuando opportune conversioni emerge quindi un range indicativo tra 0.04 e 0.05 kWh/t·km, abbastanza in linea con la fonte di cui alla Tabella 1. Contemplando le varie fonti, di fatto la ferrovia cadrebbe in un range indicativo tra 0.03 e 0.1, con una prevalenza tra 0.04 e 0.05 kWh/t·km, in funzione di numerosi fattori. 

Nel caso del trasporto merci pesante su strada, dai dati emerge che i consumi variano da circa 15 l/100 km quando la massa complessiva è di circa 5 t a valori che superano i 50 l/100km con massa complessiva superiore alle 30 t. Ovviamente la variabilità include molti fattori e si possono osservare anche casi di trasporto con massa di 40 t e consumo medio di 30 l/100 km.

Il gasolio si aggira attorno a 10.3 kWh/l – invero 8.5 kWh termici effettivi - quindi i consumi del trasporto merci stradale variano tra 0.08 per mezzi pesanti su lunghe percorrenze (senza particolari condizioni di traffico) e 0.3 kWh/t·km, quindi tra circa 2.6 e 10 volte superiore al trasporto merci ferroviario, con una prevalenza attorno a 4-5 volte teoriche, che divengono 5-6 volte effettive, fino a circa 12. È molto importante, naturalmente, in entrambi i casi, che i mezzi non viaggino a vuoto o con scarso carico.

A tale comparazione energetica fa seguito quella ambientale, per cui evidentemente al trasporto su strada si possono associare le emissioni da combustione nel motore termico (l’ipotesi di un motore solo elettrico per tutti gli usi e tutte le masse non risulta né credibile né sostenibile), quelle derivanti dalla frenatura e quelle dal rotolamento e consumo dei battistrada. La ferrovia, se elettrificata, può invece avvalersi di una rete nella quale le risorse energetiche sono differenziate, senza generare in tal caso emissioni locali da combustione e contenendo quelle globali nella sorgente dove l’energia viene prodotta, specie se rinnovabile.     

La ferrovia presenta consumi energetici per tonnellata trasportata molto più contenuti rispetto alla strada: da 4-5 volte teoriche fino a circa 12, in media 5-6 volte inferiori

Fonte: Foto dell’autore o nella sua disponibilità

Limiti economici e sostenibilità

Assunto che da un punto di vista energetico ed ambientale, la ferrovia è favorita e con essa il trasporto combinato strada-rotaia, occorre verificare che possa esserlo anche da un punto di vista economico e della flessibilità.  

Nel trasporto stradale la tariffa applicata dal vettore corrisponde tipicamente un costo al chilometro, che può aggirarsi attorno al valore dell’Euro/km, ma esistono reiterate violazioni a tali valori derivanti dall’abolizione, prima, delle tariffe a forcella ed in seguito delle tariffe minime, imposte da diversi anni a livello europeo; ne è derivato che autotrasportatori di paesi dell’est Europa applicassero condizioni economiche ben più contenute, di fatto facendo dumping al mercato nazionale ed europeo. Da pochi anni alcune regolamentazioni hanno imposto condizioni, di sicurezza e divieto al cabotaggio interno, severe che contengono tali concorrenze; tuttavia esse paiono permanere. 

Invero per tratti brevi (pochi chilometri o decine di chilometri), il costo al km diviene in genere molto più elevato per cui ad un autotrasportatore conviene in genere effettuare una trazione di corto raggio (poche ore di viaggio) perché fatica meno lungo le strade, evita presumibilmente condizioni di traffico pesante, ha margini economici maggiori, senza essere troppo vincolato dalle condizioni di guida imposte dal cronotachigrafo digitale. Questo ha implicazioni anche sul tipo di trazione meglio utilizzabile e sul rifornimento (si pensi all’idrogeno, al metano o nuovi combustibili “green”) o eventuale ricarica (“eventuale” è legato al tipo di massa in gioco, alle autonomie richieste ed ai tempi di fermo rispettabili in modo conciliante con la gestione della quotidianità lavorativa).

Opportunità

Pur in mezzo a varie attuali contraddizioni (sprechi vs. parsimonia o povertà; due guerre sterminanti e climaticamente impattanti in Europa e sul bacino del Mediterraneo vs. obiettivi di contenimento dei singoli decessi sulle strade ed obiettivi climatici basati sulle unità percentuali di emissioni; soluzioni commercialmente interessanti ma non parimenti efficienti), il Mondo occidentale sta tentando di indirizzarsi in modo sostanziale - ed anche tecnicamente e giuridicamente formalizzato - verso una maggiore sostenibilità: in gioco c’è la “salute” della terra e dei suoi abitanti.

Approdando ad un livello più continentale e dei temi che coinvolgono i Trasporti, l’UE negli anni ‘80 e ‘90 ha scelto di darsi, con già in pectore venature di sostenibilità, un’ossatura per la mobilità e la logistica – i.e. una rete di primo livello - consona al proprio territorio: tale rete è stata notoriamente denominata TEN-T e la sua spina dorsale è proprio quella ferroviaria.

La rete ferroviaria, sia convenzionale sia ad alta velocità, rappresenta senz’altro un buon connubio con la strada e tra la necessità di spostare merci, di contenere traffico ed emissioni stradali di veicoli merci, nonché impareggiabile su scala continentale in sicurezza, di uso del suolo, di uso di energia, di emissioni locali.

Il problema base è che nell’offerta di trasporto ferroviario della seconda metà del Novecento e primo ventennio del XXI secolo, quella delle merci – tranne alcune eccezioni - è sovente rimasta infatti inalterata per quanto riguarda il materiale rotabile: carri in solo acciaio, come quelli di circa 70 anni fa, molti dei quali in circolazione con 30-40 anni di esercizio cumulato (Figura 4).

I carri merci degli anni ‘50 sono non di rado esattamente i medesimi dei giorni nostri

Fonte: Foto dell’autore o nella sua disponibilità

Per attrarre merci su ferrovia non è sufficiente avere l’infrastruttura: l’allungamento dei treni a 750 m ed un innalzamento delle masse complessive fino ed oltre 2000 t è una richiesta europea finalizzata prevalentemente alla riduzione dei costi unitari, a condizione - beninteso - di riempire il treno.  I treni lunghi, con l’elettrificazione lungo il convoglio, in virtù della possibilità di ampliare fortemente il bacino di merci acquisibili permettono evidentemente la riduzione dei costi unitari di trasporto: semplificando, di 35/20 (o ridotti a 0.57), se si considera il rapporto tra i carri sui quali i costi vengono distribuiti.

Tuttavia realizzare un treno pesante (1600-2500 t) con i carri e locomotive attuali genera e sfida altri problemi (non ci hanno pensato in UE?): la ripartenza da fermo in salita, l’elevata potenza necessaria, la trazione multipla delle locomotive non effettuabile in telecomando, possibili rotture del gancio di testa, il surriscaldamento dei freni nelle discese presenti sulla rete ferroviaria convenzionale (Figura 3), oltre alla necessità di tele-diagnosticarlo. 

Ma esistono questi treni? No.

La capacità di attrarre traffico merci in campo ferroviario può essere ottenuta oggi parzialmente con il DAC (digital automatic coupling) ma senz’altro con l’impiego di elettrotreni (ETR) merci - anche da 35 carri, 750 m - a trazione multipla, potenza distribuita, con singoli gruppi di carri elettrificati, per garantire anche il trasporto di merce a temperatura controllata e con il comando elettrico di frenatura, sempre pneumatica, sul singolo carro. Ma ci vorrà pazienza per creare questa diversione modale che asseconda la sostenibilità, specie nel 2025-2026 quando gli interventi sulla rete ferroviaria ne comprometteranno in parte la capacità di traffico.

Figura 4. I treni lunghi e pesanti richiesti dall’UE possono comportare potenze non disponibili in trazione semplice o doppia, surriscaldamento dei freni in discesa, perdita d’aderenza, rottura dei ganci di testa. Un treno merci moderno (ETR-merci) può essere utile al commercio elettronico, corrieri espressi, detentori dei carri,  compagnie di navigazione per smaltire meglio i traffici dai porti

Fonte: Foto dell’autore o nella sua disponibilità

Conclusioni

Il percorso della de-carbonizzazione del trasporto stradale è in atto ormai da trent’anni ed è ineludibile, seppure probabilmente molto più lento di quanto qualcuno abbia pensato; è un percorso comunque molto più difficile da attuare di quanto teorizzatori del trasporto “pulito” ipotizzino o desidererebbero.

Occorre un’offerta competitiva che, nei trasporti, è intrinsecamente uguale a: infrastruttura più veicolo. Non esiste oggi tale “veicolo” nel trasporto delle merci, interoperabile e moderno, atto a consentire i treni lunghi e pesanti voluti dall’UE, monitorabili anche su reti AV/AC, e pertanto non ci può essere quel traffico merci auspicato. Questo è un problema, certamente, ma è risolvibile, peraltro con ricadute industriali, magari nazionali dove l’industria è competitiva. Realizzare un treno di nuova generazione per le merci adatto a viaggiare a 140-160 km/h, tele-diagnosticabile, rinnova l’offerta, attrae domanda e riduce le impedenze, assecondando sul serio le logiche moderne della sostenibilità.

A seguire, un problema che emerge è di visione politica e tecnica di sistema nella sua interezza: su un estremo, non è facile comprendere come sostenere proposte come l’Hyperloop, che spinge verso un’estremizzazione della velocità e brucia nuovo territorio per puntare ad un vantaggio di tempo non più figlio di quest’epoca, peraltro a scapito dei consumi energetici.

Il passaggio al trasporto stradale elettrico totale è oggi, e sarà presumibilmente così per parecchi anni, pura teoria specie per i mezzi pesanti, sia in termini di sostenibilità completa che di emissioni globali: è una soluzione che risulta lontana dalla realtà per il trasporto merci pesante - se non per specifiche applicazioni di corto raggio e lunghi periodi di fermo (ore) - mentre è plausibile per i veicoli commerciali su corto raggio, soprattutto - e giustamente - nelle città. L’elettrificazione, intesa invece come affiancamento del motore elettrico a quello termico (powertrain ibridi), è una via molto interessante e gradualmente percorsa, tanto più nei casi in cui ci sono frequenti cicli di accelerazione e frenatura dei veicoli (dove il motore elettrico dà benefici ed affianca di più il termico) oltre che molti sotto-servizi di bordo, che richiedono uso abbondante di corrente elettrica. Se tale elettrificazione richiede percorrenze in sola trazione elettrica, tipicamente in città, la forma ibrida plug-in può essere molto interessante, ma per mezzi comunque piccoli (alcune tonnellate di p.t.t.).

Per svariati motivi, infine, non ultimi i bilanci di sostenibilità, a la carenza di autisti stradali, l’incombente possibilità road pricing, ed il desiderio di guadagnare qualcosa di più per sé, la ferrovia ha una strada attrattiva davanti, con carte ancora da spendere sull’alta velocità ferroviaria ed una disponibilità accoppiata all’affidabilità (orari) talvolta incrementabile per il trasporto ferroviario sulle linee convenzionali, ma comunque fortemente vincente in termini sia energetici sia ambientali. In tal caso la trazione di corto raggio potrebbe trarne dei visibili vantaggi. Sulla rete ferroviaria occorre pur sempre fare i conti con i limiti di capacità di archi e nodi della rete medesima.

Riferimenti bibliografici

[1]    Dalla Chiara B., Sistemi di trasporto intermodali: progettazione ed esercizio, 2024, III edizione, EGAF Ed.

[2]    Dalla Chiara B., Pede G. (a cura di), Valentini M.P., Coviello N., Deflorio F., Trasporti terrestri ed energia - Tecnologie, metodi ed applicazioni, 2024, EGAF Ed.

[3]    Dalla Chiara B., De Franco D., Coviello N., Pastrone D., Comparative specific energy consumption between air transport and high-speed rail transport: A practical assessment, Transportation Research Part D: Transport and Environment, Vol. 52, May 2017, Pages 227-243.

[4]    Dalla Chiara B., Pellicelli M., On the cost of road-rail combined transport / Sul costo del trasporto combinato strada rotaia, Ingegneria Ferroviaria, vol. LXVI, N. 11, pp 951-965, Nov. 2011