A quasi un quarto di secolo dalla norma che l'ha avviata, la riforma del servizio di distribuzione gas detiene un record poco invidiabile: tra le misure di policy che hanno visto la luce nello stesso periodo nell'energia è quella in cui più stridente è il contrasto tra la quantità di lavoro fatto per realizzarla e i risultati ottenuti. Mentre l'energia va incontro a nuovi profondi cambiamenti, vale la pena di fermarsi a rifletterci, quantomeno per non ripetere esperienze simili.

Il prossimo maggio saranno 25 anni dall'entrata in vigore del Dlgs 164/2000. Agli articoli 14-16 stabiliva:

  • che il servizio di distribuzione dovesse essere affidato esclusivamente a gara per periodi non superiori a dodici anni dagli enti locali, anche in forma associata, con procedure da bandire entro gennaio 2003;
  • che i rapporti tra gestore e comuni fossero regolati da un contratto tipo da emanare entro sei mesi; 
  • che lo status quo potesse proseguire in via transitoria al massimo fino al 2007.

Anche se pochi probabilmente potevano immaginare quanto, si capì abbastanza presto che le cose non sarebbero andate così spedite. Già i primi anni di transitorio furono caratterizzati da conflittualità e tensioni tra operatori e comuni, con la necessità di ripetuti interventi di chiarimento del ministero competente. Dopo cinque anni le incertezze e le lacune del quadro di regole erano ancora molte e, insieme alle pressioni contrapposte sui decisori, facevano sì che il sistema delle gare non fosse ancora per nulla pronto. 

Il meccanismo parve poi partire nella seconda parte del decennio, con alcune centinaia di gare su base comunale, ma fu in realtà una falsa partenza, con procedure disegnate senza un modello comune ed eccessi degli enti locali nella richiesta di canoni concessori. 

Ciò indusse il legislatore a nuovi interventi correttivi e da ultimo a fermare l'intera macchina per definire un sistema diverso, basato su poco meno di 180 affidamenti per macro ambiti invece che su migliaia di comuni. Un sistema inoltre da lanciare solo dopo aver definito gli aspetti chiave rimasti in sospeso (contratto e bando tipo, criteri di gara, clausola sociale per i dipendenti).

Il cantiere normativo partì nel 2009 e vide un imponente dispiegamento di tempo ed energie da parte tanto degli operatori e delle loro associazioni quanto dell'allora Map e dell'Autorità di settore, conclusosi infine con l'uscita in Gazzetta dell'ultimo decreto a inizio 2012. Una fine lavori che si sarebbe però rivelata solo l'inizio di una nuova serie di problemi.

Il decennio successivo fu infatti segnato da uno scontro sordo e non dichiarato su alcuni nodi di fondo – il valore di riscatto degli impianti e il destino degli asset di proprietà pubblica, per citare i principali – con annesso stillicidio di aggiustamenti normativi e regolamentari.

Questo stato di cose paralizzò di fatto un meccanismo che già richiedeva un'attuazione complessa, dalla formazione degli ambiti alla stesura dei bandi. Nel 2017 si assistette a un'improvvisa ondata di bandi, diverse decine usciti in GU, ma di nuovo si trattò solo di un colpo a salve. Le procedure erano in gran parte scatole vuote pubblicate pro forma, prorogate all'infinito per finire in nulla.

Ad oggi di gare per ambito ne sono state aggiudicate solo meno di una decina, molte - letteralmente o di fatto - con un solo concorrente. A queste vanno aggiunte quelle effettuate prima per singolo Comune, giunte nel frattempo alla scadenza dell'affidamento. Un oggettivo insuccesso per una norma che puntava sulla leva della concorrenza per il mercato per favorire il consolidamento di un settore molto frammentato e nel frattempo l'efficienza del servizio. 

Le aggregazioni che pure si sono viste nel settore dal 2000 a oggi sono tutte avvenute senza le gare, prima per gli incentivi all'aggregazione dello stesso Dlgs Letta, poi per le soglie dimensionali degli Atem troppo alte per i distributori più piccoli, più di recente per la stretta tariffaria che ha ridotto i margini degli operatori minori. Mai, come si vede, sotto la spinta di una dinamica competitiva come quella prevista dal decreto. 

Alcune importanti operazioni di M&A hanno visto protagonisti in particolare i grandi operatori del settore, come nei casi Italgas-AcegasAps e 2i Rete Gas-Nedgia/Gas Natural Italia. Ora i due leader del mercato hanno, infine, annunciato una fusione tra loro, operazione che di fatto svuoterebbe in gran parte di senso l'intero sistema delle gare, per la sproporzione tra il nuovo soggetto e qualunque altro operatore attivo in Italia. Tanto che per consentire il via libera dell'Antitrust all'operazione si intravede un ricorso alla deroga prevista dalla legge 287/90 per motivi di interesse nazionale. 

In un simile contesto, nonostante l'infrastruttura di distribuzione resterà parte importante del sistema energetico ancora nel medio termine, il decisore pubblico è sembrato in questi anni disinteressarsi del tema.  Non solo mostrando poca convinzione nei progetti per sbloccare l'impasse delle gare – un DM di correzione è da tempo sui tavoli del Mase – ma più in generale non chiarendo se quindi ritenga accettabile un consolidamento senza competizione né, da ultimo, quale ruolo preveda per le reti locali nel futuro energetico del Paese. 

Nel frattempo però una riflessione sul fallimento ad oggi delle gare gas pare opportuna. 

"Andrò in pensione e quella resterà una situazione che dopo 20 anni è rimasta più o meno com'era", rispondeva Gilberto Dialuce a fine 2020 alla domanda della Staffetta Quotidiana sulla sua maggiore disillusione in 40 anni alla direzione energia del ministero. Le ragioni dell'insuccesso in realtà sono molte e metterle a fuoco sarebbe lungo e difficile. Da un lato, hanno certamente pesato le spinte degli stakeholder a frenare (o a stravolgere) il processo, più forti e numerose di quelle ad avanzare: tutti gli operatori per non perdere le gestioni, i comuni per non perdere potere e/o entrate, i piccoli per non uscire di scena, i grandi per crescere al minor costo. Dall'altro, quanto al decisore pubblico, l'aver avviato un processo complesso senza avere forse presenti tutti gli ostacoli e senza un'idea sufficientemente chiara di dove si volesse andare, o la capacità di mantenerla. Di sicuro un caso di scuola, da studiare per non ripetere.