L’attuale scenario geopolitico, segnato dai conflitti in Ucraina ed in Palestina, oltre che dalla tensione nel Mar Rosso, sta influenzando le decisioni dei principali produttori di petrolio dell’OPEC+, provocando instabilità nei prezzi del mercato internazionale. Nonostante ciò, tali influenze hanno avuto un impatto limitato rispetto alle preoccupazioni relative alla contrazione della domanda cinese, che, assieme alla forte instabilità finanziaria ed energetica della Libia, hanno spinto i produttori a posticipare da ottobre a dicembre l’aumento dei volumi della produzione di petrolio.

Questa decisione ha fatto scendere il prezzo del petrolio sotto i 70 dollari al barile, un livello intoccato dalla fine del 2021. L'obiettivo di prevenire l’eccesso dell’offerta di oro nero e stabilizzare i suoi prezzi ha però scoraggiato ulteriormente gli investitori del settore, già intimiditi dai recenti ribassi dei prezzi.

Attualmente, i principali produttori di petrolio, come Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Kuwait, stanno subendo pressioni per mantenere la stabilità dei prezzi globali, compromettendo le loro entrate ed i progetti ambiziosi nel settore delle tecnologie rinnovabili, fortemente richiesti durante la COP28 di dicembre scorso. Infatti, è fondamentale riconoscere che questi ambiziosi progetti richiedono enormi investimenti, che, per i cosiddetti rentier states, provengono principalmente dalle rendite petrolifere.

Infatti, a tal riguardo, Riyadh, attraverso il progetto Vision 2030, ha pianificato ingenti investimenti nelle rinnovabili, puntando a produrre il 50% della sua energia da tali fonti entro il 2030. Negli ultimi anni, il Regno ha implementato politiche ed iniziative per affrontare le sfide del cambiamento climatico, come l'attuazione della Circular Carbon Economy e la riduzione dei sussidi energetici; ma anche l’istituzione di enti per coordinare le attività e fondi per finanziare lo sviluppo di tecnologie innovative.

Al contempo, il Paese si distingue per i costi contenuti nella produzione di energia rinnovabile grazie alla sua posizione geografica e climatica. Sono stati lanciati progetti rilevanti come Noor Energy 1, uno dei più grandi impianti solari al mondo, e si sta esplorando l'energia eolica con progetti pilota e studi per parchi eolici. Questi sforzi mirano a diversificare le attività economiche del Paese, in risposta alla richiesta della graduale riduzione dello sfruttamento ed esportazione di idrocarburi.

Per quanto concerne gli Emirati Arabi Uniti, la Strategia Energetica 2050 ha fissato nuovi obiettivi per ridurre le emissioni di carbonio del 70% ed aumentare l'uso di energia rinnovabile al 50% del fabbisogno energetico totale. Recentemente, infatti, ad Abu Dhabi è stata inaugurata la centrale nucleare di Barakah, la prima del Paese, che produrrà 40 TWh di elettricità all'anno, coprendo il 25% della domanda elettrica nazionale e destinata ad importanti aziende come ADNOC, Emirates Steel ed Emirates Global Aluminium.

Per di più, nel 2006, gli Emirati Arabi Uniti hanno avviato il progetto di Masdar City, una città sostenibile progettata per promuovere nuove tecnologie rinnovabili quali l’energia solare, i veicoli elettrici ed i sistemi di trasporti pubblici automatizzati. Gli edifici che la compongono sono progettati per massimizzare l’efficienza energetica e l'uso di materiali eco-sostenibili. Il recente Rapporto ESG 2023 ha segnalato grandi progressi in materia di intensità energetica, con una riduzione del 30,6%, grazie all'impegno nel settore immobiliare sostenibile, con particolare attenzione alla conservazione di energia e acqua, alla gestione dei rifiuti e all'ottimizzazione delle prestazioni energetiche.

Tuttavia, tali progetti rinnovabili in Arabia Saudita e negli EAU, la cui data di completamento è prevista circa per il 2030, sono ancora in fase di progettazione. È probabile che l’attuale taglio della produzione di oro nero, e la relativa riduzione dei ricavi, avrà un’influenza, seppur minima, sul completamento di tali progetti.

Infine, il Kuwait, quinto produttore di greggio dell'OPEC+, ha adottato una politica di tagli in linea con le decisioni globali, nonostante l'economia del Paese dipenda fortemente dalle entrate petrolifere. Nonostante ciò, il Paese ha recentemente annunciato un nuovo progetto di perforazione offshore, con l’obiettivo di incrementare la produzione di quattro milioni di barili al giorno, alla luce della nuova scoperta petrolifera. Ad est dell’isola di Failaka, è stato scoperto il giacimento di Al Nokhatha, con riserve stimate di oltre tre miliardi di barili, che ha già generato alcune tensioni diplomatiche con l’Iran per la rivendicazione di tale area.

Tuttavia, rispetto ad altri produttori del Golfo, che sono prossimi ai loro obiettivi rinnovabili e di diversificazione energetica, il Kuwait è ancora distante dal proprio traguardo. Nonostante stia lavorando per ampliare le proprie fonti economiche, il ritmo è più lento rispetto ai suoi vicini. Inoltre, la riduzione dei ricavi provenienti dal petrolio mette a rischio la stabilità e legittimazione del governo del Paese, già scosso da instabilità politica, come dimostra il recente scioglimento del parlamento.

Alla luce di quanto segnalato, i grandi produttori del Golfo svolgono un ruolo fondamentale nella stabilizzazione dei prezzi del petrolio, spesso a spese delle proprie finanze. La decisione di prolungare i tagli alla produzione fino a dicembre riflette l'impegno verso la stabilizzazione del mercato petrolifero, ma anche una valutazione strategica della situazione geopolitica globale e dei risultati delle recenti elezioni statunitensi.