Vi siete mai chiesti quale sia l’impatto energetico e ambientale dei grandi data center, veri e propri centri nevralgici di un mondo sempre più digitalizzato e connesso sulla rete virtuale? Una prima risposta a questa domanda viene da un report della IEA (International Energy Agency), secondo il quale i data center globalmente nel 2022 hanno inciso tra l’1% e l’1,3% sui consumi finali di energia elettrica (escludendo il settore dell’estrazione di criptovalute). Ciò corrisponde ad un contributo alle emissioni di gas serra globali dell’1% da parte dei data center e delle reti di trasmissioni di dati, cioè delle infrastrutture fisiche di cui abbiamo bisogno per sostenere tutti gli strumenti digitali oggi indispensabili, a partire dall’intelligenza artificiale e dal supercalcolo fino al cloud computing, ai big data e al machine learning. In ambito europeo, queste percentuali salgono ulteriormente, collocando i fabbisogni di energia elettrica dei data center nella fascia 1,8-2,6% rispetto al totale dei consumi elettrici del 2022, con il caso clamoroso dell’Irlanda, dove sono collocati alcuni dei più importanti data center europei, il cui comparto ha totalizzato nel 2023 consumi elettrici per una quota del 21% del totale nazionale, superando la percentuale dei consumi del settore residenziale nei centri urbani (18% del totale).

Sempre secondo la IEA, le prospettive future inducono a prevedere un aumento di questa incidenza a livello globale, almeno nel breve termine. Infatti, nonostante la crescita del fabbisogno di energia nei data center sia mitigata da un costante miglioramento dell’efficienza energetica del settore, si è registrato in anni recenti un incremento del fabbisogno energetico di questo comparto pari al 20-40% annuo, causato dal rapido incremento dei carichi di lavoro dei grandi data center.

In questo quadro, appare evidente l’importanza di soluzioni tecnologiche e di strategie per contenere l’impatto energetico e ambientale di un comparto in così forte crescita. La stessa IEA propone una serie di raccomandazioni indirizzate sia ai policy maker sia al settore privato, che spaziano dal sostegno all’impiego delle fonti rinnovabili, al riutilizzo del calore di scarto rilasciato dai data center, alle politiche per la riduzione degli impatti sull’intero ciclo di vita.

La regione Emilia-Romagna occupa una posizione di primo piano in questo contesto, in quanto ospita infrastrutture di calcolo di rilevanza internazionale e un tessuto di enti pubblici, centri di ricerca e imprese impegnati nel settore, grazie anche ad una strategia di sviluppo lungimirante, che è stata lanciata già dal 2015 e che ha dato vita ad una vera e propria Data Valley italiana, dove oggi si concentra oltre l’80% della capacità di calcolo nazionale e circa il 20% di quella europea.

Nell’ambito di questo complesso ecosistema, esistono delle esperienze già acquisite e dei progetti ancora in avvio focalizzati proprio sulle tematiche dell’efficienza energetica, della riduzione dell’impatto ambientale e dell’incremento della resilienza agli eventi avversi dei data center. Con questa consapevolezza, i due Clust-ER regionali Greentech e Innovate, associazioni della rete dell’innovazione regionale, che raggruppano imprese, centri di ricerca e di formazione accomunati dall’interesse per le tematiche energetico-ambientali il primo e per quelle dell’ICT e dei servizi innovativi il secondo, hanno deciso di sviluppare congiuntamente un white paper dal titolo “Green & Resilient Data Center. Il documento ha l’obiettivo di presentare una sintetica rassegna di queste esperienze e dei progetti futuri e di descriverne anche i protagonisti per offrire un quadro completo dell’articolazione e delle capacità dell’ecosistema che essi rappresentano.

Per gli aspetti energetici, la carrellata di buone pratiche parte dall’insediamento del centro di calcolo del prestigioso centro meteo europeo, l’ECMWF - European Centre for Medium-Range Weather Forecasts, all’interno del Tecnopolo di Bologna, ricavato nell’ex Manifattura Tabacchi. Il data center, che deve smaltire un carico termico di oltre 5 MW, ha adottato un sistema di raffreddamento ad acqua refrigerata, che combina gruppi frigoriferi, dry cooler e pozzi geotermici, gestiti in sequenza e con logiche di ottimizzazione. Questo sistema, unitamente ad altri accorgimenti, quali, ad esempio, un impianto fotovoltaico, il recupero e riutilizzo delle acque piovane, gli impianti meccanici ad alta efficienza, la regolazione automatica del comfort degli edifici, l’impiego di materiali riciclati, ha permesso al data center di ottenere il più alto livello (Platinum) della certificazione energetica ed ambientale LEED per gli edifici sostenibili.

Il secondo caso presentato dal white paper coinvolge un’altra eccellenza della Data Valley emiliano-romagnola, anch’essa collocata nel Tecnopolo ex Manifattura Tabacchi di Bologna, cioè il supercomputer Leonardo, gestito dal CINECA, il consorzio interuniversitario italiano per il supercalcolo con sede principale a Casalecchio di Reno (BO), e finanziato congiuntamente dal MUR (Ministero dell’Università e della Ricerca) e dalla EuroHPC Joint Undertaking, partenariato pubblico-privato creato per sostenere l’high performance computing a livello europeo. Leonardo è attualmente il secondo supercomputer più potente d’Europa ed è al settimo posto nella classifica globale (dato aggiornato a giugno 2024 secondo la classifica Top500). Ad oggi Leonardo ha una potenza elettrica installata di 10 MW (carico IT) e una capacità di raffreddamento a liquido diretto di 8 MW, ma sono previste delle fasi di espansione nel breve futuro che porteranno il carico IT a 20 MW, con il conseguente incremento anche della potenza termica da scaricare. Pertanto, la relativa proposta di caso studio, che coinvolge anche partner di ricerca come RSE SpA (Ricerca sul Sistema Energetico), l’Università di Bologna, il Laboratorio LEAP e il Politecnico di Milano – Polo Territoriale di Piacenza, è orientata a valutare, al momento solo a livello teorico e modellistico, le opportunità di riutilizzo del calore di raffreddamento per impiegarlo negli stessi edifici del data center oppure per alimentare utenze civili ed industriali, attraverso il ricorso a reti di teleriscaldamento, ai sistemi di accumulo del calore e alle pompe di calore per raggiungere gli adeguati livelli di temperatura.

In connessione con questo caso, il white paper illustra anche un contributo di ENEA sulla simbiosi industriale, cioè sul concetto di ottimizzazione delle interazioni tra soggetti industriali diversi per favorire il riutilizzo degli scarti di materia ed energia dall’uno all’altro. In questo ambito ENEA ha sviluppato una metodologia e una piattaforma online che si possono ben adattare al caso del riutilizzo del calore di scarto dei data center.

Un terzo attore di quella vera e propria “cittadella del supercalcolo” che il Tecnopolo di Bologna ospita è il CNAF, il centro di calcolo dell’INFN – Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, recentemente insediato all'interno di questo sito con l’obiettivo di ampliare le proprie capacità di calcolo e di storage per dare risposte alle esigenze dei prossimi 10 anni di attività scientifica. Il data center del CNAF condivide gli impianti tecnologici per l’alimentazione elettrica e il cooling con il CINECA e prevede al momento una potenza installata di 3 MW, con una prospettiva di crescita fino a 10 MW per una fase successiva di espansione.

Un ulteriore caso illustrato dal white paper riguarda il data center “00GATE” sviluppato dalla Exe.it di Castel San Pietro (BO). Il centro, di taglia più contenuta rispetto ai precedenti, è ospitato in un edificio realizzato completamente in legno per motivi di isolamento termico, dotato di impianto fotovoltaico e di un sistema di raffrescamento basato sul free cooling che riduce solo ai mesi più caldi l’uso dei sistemi di condizionamento, consentendo di abbattere dell’80% i costi e di risparmiare circa 100 tonnellate all’anno di CO2.

Infine, un altro caso di interesse, presentato nuovamente dal CINECA, è focalizzato sul cosiddetto “green coding”, cioè su un approccio olistico improntato all’uso ottimizzato dell’energia, che, grazie ad efficienza nella programmazione del software e nella gestione dell’hardware, consente di ridurre i consumi energetici del 10-15%.

In stretta connessione con gli aspetti energetici dei data center, il white paper tratta anche la tematica della resilienza agli eventi avversi delle infrastrutture critiche e, in particolare, degli stessi data center.

Col termine robustezza si intende la capacità di un sistema informativo di gestire in modo efficace le risposte a guasti noti e prevedibili, mantenendo l’operatività del sistema. Con resilienza si intende invece la capacità di continuare ad operare correttamente a fronte di guasti e avversità in generale non prevedibili, adattandosi alle diverse situazioni, anche di usura, che possono presentarsi in corso di esercizio. Queste definizioni e criticità si possono applicare evidentemente anche a particolari e fondamentali infrastrutture critiche degli ultimi decenni, ovvero i data center.

Per spiegare l’importanza di questo concetto, basta considerare che, in generale, eventi climatici estremi e disastri naturali possono causare un numero elevato di vittime, danni e distruzioni devastanti, non solo in aree urbane, ma anche alle infrastrutture critiche. Ad esempio, i terremoti a livello globale hanno causato più del 30% delle vittime da disastri naturali negli ultimi trenta anni. I sistemi e le reti di telecomunicazioni devono di solito soddisfare alcune specifiche tecniche per poter garantire la continuità dei servizi anche durante questi scenari di emergenza. Risulta, pertanto, fondamentale migliorare i sistemi informativi e di comunicazione, non solo nel corso dell’emergenza, ma anche prima di un qualunque possibile evento disastroso, al fine di aumentare la resilienza sia delle infrastrutture tecnologiche sia delle comunità locali, possibili vittime dell’evento.

In Emilia-Romagna, come già descritto sopra, vi sono numerosi data center, di piccole e grandi dimensioni, che devono essere progettati, realizzati e gestiti in modo da essere resilienti e a ridotto impatto ambientale. Nel white paper sono stati raccolti diversi contributi da aziende ed enti regionali che hanno presentato le loro esperienze anche in merito al tema della resilienza.

CRIF ha descritto il proprio Business Continuity Management System (BCMS) per dare continuità all’erogazione di servizi a fronte di eventi dannosi e imprevisti, nonché per la progettazione, strutturazione e gestione delle utilities a supporto del funzionamento della componentistica ICT. Rekeep ha presentato la Piattaforma “Resolve”, impiegata per l’analisi di criticità e guasto, di tipo preventivo e predittivo, piuttosto che correttivo. L’azienda Tekni Post ha presentato il proprio Building Energy Management System (BEMS) per la gestione di sistemi tecnologici con, tra gli altri, l’obiettivo di massimizzare la resilienza dei sistemi stessi.

Il CINECA ha descritto il suo approccio alla gestione, manutenzione, progettazione e sviluppo di uno dei maggiori centri di supercalcolo europei, ovviamente anche dal punto di vista delle tecniche per l’analisi e la prevenzione di potenziali guasti.

Infine, LEPIDA, la società pubblica dell’ICT dell’Emilia-Romagna, ha illustrato il progetto europeo PRECINCT, di cui è partner. Il progetto ha l’obiettivo di sviluppare un set di tool digitali per aumentare la resilienza di infrastrutture critiche in quattro diverse città europee. A Bologna, nell’ambito di PRECINCT, è stato collocato un living lab che ha coinvolto tre infrastrutture critiche: la rete di fibra ottica (MAN-Metropolitan Area Network) gestita dalla stessa LEPIDA, l’Aeroporto “G. Marconi” e il sistema di trasporto che connette aeroporto e stazione ferroviaria (denominato Marconi Express o “people mover”).

Le soluzioni che sono state presentate e proposte rappresentano un contributo fondamentale dell’eccellenza regionale al miglioramento dell’affidabilità, della sicurezza e della resilienza delle infrastrutture critiche regionali, tra cui spiccano, appunto, i data center.