La Divisione Bioenergia, bioraffinerie e chimica verde dell’ENEA presso il centro ricerche della Trisaia si occupa di individuare e sviluppare le migliori soluzioni tecnologiche per la valorizzazione di biorisorse attraverso un parco tecnologico in continuo aggiornamento che fa parte di infrastrutture di eccellenza a livello nazionale ed europeo e che offre un ambiente di sviluppo fino alla scala pilota.

Nel breve e medio termine decarbonizzare il trasporto su strada passerà attraverso l’impiego di biocarburanti. Secondo la direttiva RED III la quota di energia rinnovabile nel consumo finale di energia nel settore dei trasporti sarà pari ad almeno il 29% entro il 2030 e la quota di biocarburanti avanzati dovrà coprire il 5,5%, mentre l’1% sarà di carburanti sintetici.

Nel lungo termine i carburanti sostenibili potranno avere un’opportunità nei settori hard to abate. Il regolamento ReFuelEU Aviation promuove l’impiego dei carburanti sostenibili per l’aviazione partendo dal 2% al 2025 fino al 70% nel 2050, con una produzione del 35% di carburante sintetico (e-fuels). Per essere in linea con lo scenario Net Zero Emissions (NZE), il regolamento FuelEU Maritime prevede una penetrazione di carburanti sostenibili per ridurre progressivamente le emissioni del settore fino all’80% nel 2050 rispetto al valore medio del 2020.

Seppure caratterizzati da profili GHG meno efficaci rispetto agli e-fuels, i biocarburanti consentono mediamente una riduzione di CO2eq/MJ significativa rispetto agli equivalenti fossili a fronte di una varietà di opzioni tecnologiche ad oggi in parte mature e costi di produzione associati attualmente più bassi degli e-fuels.

La sostenibilità delle filiere di produzione dei biocarburanti a partire dalla materia prima è un aspetto fondamentale che deve essere soddisfatto sotto il profilo tecnico-economico ambientale e sociale. La disponibilità delle materie prime è il primo anello della catena. Residui e sottoprodotti dell’agro-industria hanno, secondo l’atlante ENEA delle biomasse, un potenziale teorico complessivo di 20 Milioni di tonnellate annuali (Mt/y) su base secca. L’ultima Strategia Forestale Nazionale indica che possiamo prelevare fino ad un massimo del 45% dell’incremento forestale annuo rispetto all’attuale media del 33%. D’altra parte il nuovo regolamento UE relativo all’assorbimento di carbonio associato all’utilizzo delle foreste e del suolo pone come obiettivo, per l’Italia, - 36 milioni ton di CO2 eq./anno al 2030 (in EU -310 milioni di tCO2eq) attraverso l’ottimizzazione di strumenti di implementazione che comportino un assorbimento carbonio nei suoli. Tra queste il rimboschimento, l’agroforestazione, l’uso di colture intercalari e di copertura, pratiche colturali sostenibili. Un esempio di pratiche colturali è l’utilizzo di biochar dalla trasformazione di biomasse o cascami di processo come parte delle possibili soluzioni per riportare carbonio organico nel terreno e aumentare la ritenzione idrica nei suoli (di cui abbiamo assolutamente bisogno) attraverso l’impiego del biochar.

L’ampliamento delle materie prime per la produzione di biocarburanti rispetto a quelle inizialmente previste nella parte A dell’allegato 9 della direttiva RED II è stato approvato dalla Commissione il 14 marzo ed è, in generale, un’azione utile e, per alcuni versi, indispensabile per poter consolidare filiere industriali tendendo conto delle disponibilità territoriali che possono concretizzarsi in opportunità per il territorio.

In Italia abbiamo numerosi terreni classificabili come contaminati o abbandonati che potrebbero rappresentare una risorsa. Secondo i dati del progetto europeo MAGIC, nel nostro paese potremmo avere circa 4 Mha di suoli marginali. Abbiamo nell’esperienza recente casi importanti come quello della xilella, con gli oltre 20 milioni di piante infettate, che sottolineano l’opportunità di avere filiere locali da biomassa dove queste materie prime, non più utilizzabili per la filiera alimentare, possono trovare eventualmente un’adeguata valorizzazione integrata.

Alle biomasse vegetali si aggiungono poi la frazione organica dei rifiuti solidi urbani (circa 7 Mt/y), mentre  tra i reflui, i soli fanghi del trattamento delle acque reflue sono circa 4 Mt/y.  

Queste materie prime possono essere integrate sulla base della disponibilità ma anche della domanda per valutare le filiere più profittevoli. La chiave per un utilizzo efficiente delle numerose materie prime consiste nel promuovere processi che siano quanto più possibilmente flessibili nell’alimentazione di diverse materie prime. Lo sviluppo di bioraffinerie integrate con una produzione combinata di combustibili, composti chimici ad elevato valore aggiunto, accoppiati a sistemi di cattura della CO2 può condurre a sistemi virtuosi ed efficienti.

Molti settori richiedono oggi prodotti biobased e drop-in cioè prodotti che possono essere utilizzati nelle infrastrutture esistenti ed è necessario sviluppare tecnologie innovative ad alta efficienza ed in grado di gestire materie prime non omogenee.  Tra i processi di interesse ci sono quelli per la produzione di combustibili diesel e SAF attraverso l’idrotrattamento di oli di diversa origine, produzione e trasformazione di alcol etilico in carburanti diesel/avio, processi termochimici per ottenere biocrude o gas di sintesi da convertire in carburanti paraffinici mediante processo Fischer-Tropsch.

Le diverse soluzioni per produrre diverse tipologie di carburanti sostenibili come biofuels e e-fuels devono essere viste non come opzioni alternative ma come opportunità complementari. Ad esempio, in uno scenario ipotetico estremo full e-fuels per soddisfare la domanda nazionale di combustibili per il trasporto (300-600 TWht) servirebbe un suolo pari 500.000-1.000.000 di ettari con tecnologia PV (circa 2-4% del suolo nazionale). Ipotizzando un costo di produzione dell’idrogeno verde ad esempio di 6 €/kg sarebbero necessari circa 50-100 miliardi di euro/anno e costi di investimento iniziali importanti, ad oggi prevalentemente a favore di paesi Extra UE. È naturale che pur garantendo profili GHG migliori dei biofuels, è oggi poco realistico pensare agli e-fuels come gli unici combustibili  per decarbonizzare il trasporto insieme all’elettrico.

Un’opzione interessante è rappresentata ad esempio dall’integrazione di biofuels ed e-fuels, sfruttando le varietà di feedstock per produrre biofuels in accoppiamento con la produzione di e-fuels, sfruttando energia rinnovabile non programmabile per produrre green hydrogen.

Da alcune stime preliminari, ad esempio, da 1.000 ettari di suolo, non in competizione con filiere alimentari, si potrebbero produrre diverse tipologie di combustibili sostenibili integrando tecnologie per la conversione dei semi con tecnologie per la conversione delle parti non edibili. Con una superficie limitata a PV nell’ordine del 10% del totale, si potrebbe produrre idrogeno verde per la sintesi di carburanti paraffinici dagli oli e per trasformare la CO2 biogenica della bioraffineria per produrre e-fuels. Si tratta quindi di analizzare soluzioni tecnologiche innovative che consentano un’efficiente integrazione territoriale di più fonti rinnovabili con un incremento della sostenibilità complessiva e ricadute sociali positive sui territori. 

Valorizzare i terreni marginali con l’integrazione di più FER

Fonte: ENEA