Il nuovo Parlamento europeo uscito dalle elezioni dello scorso 9 giugno ha confermato Ursula von der Leyen alla guida dalla Commissione per i prossimi cinque anni. Anni decisivi per il futuro industriale di un’Europa che ha progressivamente perso competitività rispetto ai suoi principali competitor, USA e Cina in primis. In particolare nel settore dell’automotive che sconta un quadro normativo unico nei paesi occidentali, basato su obblighi e divieti che, di fatto, spingono produttori e consumatori verso un’unica soluzione.

La nuova Commissione si troverà però a lavorare in un contesto molto diverso da quello degli anni scorsi. I tanti eventi economici e geopolitici che hanno caratterizzato questa recente fase storica hanno evidenziato la necessità di valorizzare in maniera strategica i temi della sicurezza energetica nazionale e sovra-nazionale.

È emersa una visione diversa, più concreta e pragmatica, della transizione energetica e soprattutto una maggiore consapevolezza su come alcune scelte, che in molti ora definiscono ideologiche, abbiano avuto impatti significativi sul tessuto sociale e industriale europeo e del nostro Paese. Circostanze che la nuova Commissione non potrà non considerare nel definire l’agenda politica che ci porterà alla soglia del fatidico orizzonte del 2030 e con esso alla necessità di conseguire i primi obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra.

In questo contesto, si dovrà necessariamente tenere conto del contributo che potranno dare i biocarburanti e gli altri prodotti low carbon al processo di decarbonizzazione dei trasporti, considerato che l’elettrificazione non sembra essere quella bacchetta magica che era nelle assunzioni di qualche anno fa.

Una forma di “disaffezione” che peraltro emerge da una recente survey della McKinsey, condotta su un campione di oltre 30.000 possessori di auto nel mondo (non solo elettriche) provenienti dai 15 Paesi più rappresentativi del mercato che insieme totalizzano l’80% delle vendite totali. Ebbene, in questa survey si legge che il 30% dei proprietari di auto elettriche pensa di tornare ai motori endotermici quando dovranno sostituire l’auto, dato che arriva quasi al 50% negli Stati Uniti.

Probabilità che gli attuali possessori di auto elettriche tornino a motori endotermici

Fonte: MCFM Mobility Consumer Insighits, Annual MCFM Mobility Consumer Survey 2024, aggiornati a febbraio 2024, numero totale: 36.954

Il consumatore, infatti, tende a scegliere in base alle proprie convenienze ed esigenze di mobilità che non sempre coincidono con quanto viene offerto dall’attuale modello di mobilità elettrica.

Non è un caso che in Italia abbiano ripreso a crescere i consumi di benzina che nel 2023 sono aumentati di oltre l’11% rispetto al 2019 (+830.000 tonnellate). Evidenza di un progressivo recupero del trasporto privato che si accompagna ad una consolidata penetrazione della motorizzazione ibrida – il meglio di due tecnologie - che oggi rappresenta circa il 4% del parco circolante e il 39% del nuovo immatricolato. 

Una maggiore efficienza delle autovetture ibride che si accompagnerà ad una progressiva decarbonizzazione dei carburanti, la cui componente rinnovabile, in base all’attuale normativa comunitaria, salirà al 29% nel 2030. Le nostre stime dicono che i carburanti low carbon passeranno dagli attuali 1,7 milioni a circa 6 nel 2030 e a 8,8 nel 2040.

Evoluzione consumi prodotti fossili e bio/e-fuels

Fonte: UNEM

Non si deve quindi commettere l’errore di contrapporre le diverse tecnologie, ma far sì che ognuna possa essere messa nella condizione di contribuire al raggiungimento dell’obiettivo finale, sviluppando nuove tecnologie sempre più efficienti e a minore impatto carbonico. In questo ambito, i low carbon fuels andrebbero a decarbonizzare un parco auto esistente che per l’84% è spinto da un motore endotermico alimentato da benzina e gasolio, utilizzando le attuali infrastrutture e minimizzando quindi l’impatto economico della transizione energetica. I low carbon fuels, inoltre, sono una soluzione ideale per i settori difficili da elettrificare - i cosiddetti “hard to abate” - come il trasporto aereo e marittimo

Aspetti ampiamente dibattuti nel corso della assemblea annuale UNEM dello scorso 10 luglio, alla quale hanno partecipato i Ministri Pichetto Fratin e Urso insieme ai principali stakeholder istituzionali e del mondo delle imprese. È emersa chiaramente la necessità di un nuovo corso a livello europeo che non dovrà significare mettere in discussione gli ambiziosi obiettivi della decarbonizzazione, tutt’altro, ma raggiungerli puntando su tecnologie capaci di farlo, traendo vantaggio dalle competenze e peculiarità industriali di ogni singolo Paese.

UNEM in questi anni ha contribuito concretamente a far crescere la consapevolezza che esiste una pluralità tecnologica in grado di raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione nei trasporti.  È inoltre ormai patrimonio comune la necessità di una visione più ampia per valutare le reali emissioni di CO2 quando considerate più correttamente sull’intero ciclo di vita, nonché di un’analisi dei costi evitati delle varie soluzioni tecnologiche.

UNEM intende unire chi ha interessi comuni per il processo di decarbonizzazione, di sostenibilità delle competenze e delle strutture strategiche del nostro Paese. Unire chi vede nella Associazione la casa comune delle energie per la mobilità e vuole lavorare insieme per un obiettivo comune: essere competitivi per decarbonizzare davvero.