Il processo tecnologico della CCS (Carbon Catpure, Utilization and Storage) è uno dei più rilevanti strumenti per centrare gli obiettivi di decarbonizzazione, in particolare per il settore industriale. Si tratta di una soluzione matura, sicura e competitiva. L’unica, ad oggi, percorribile per ridurre le emissioni delle industrie definite hard to abate,  ovvero quelle che, sia per gli alti consumi di energia sia per le caratteristiche dei loro cicli produttivi, allo stato attuale non hanno alternative tecnologiche di decarbonizzazione altrettanto efficaci ed efficienti (ad esempio la siderurgia, i cementifici, le cartiere e la chimica). La CCS, inoltre, può supportare in modo sinergico le rinnovabili nella  decarbonizzare della produzione di energia elettrica. Infatti, il mantenimento di una quota di generazione termoelettrica equipaggiata di impianti di cattura CCUS fornirebbe una fonte programmabile di energia a basse emissioni che non contrasta con una elevata percentuale di rinnovabili nella rete elettrica, ma anzi ne rende più stabile e sicuro il funzionamento andando a compensare la normale variabilità delle rinnovabili stesse. 

La strategicità della CCUS ai fini del processo di transizione energetica viene riconosciuta dai più importanti stakeholder del comparto energetico e ambientale, che siano istituzioni, centri di ricerca, associazioni.  Negli scenari IEA, la CCUS  è tra le soluzioni tecnologiche necessarie per traguardare gli obiettivi di decarbonizzazione, e si prevede che contribuirà ad una riduzione del 8% delle emissioni di CO2 globali tra il 2020 e il 2050. Ancora più fondamentoale il ruolo che l’IPCC (gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico) riconosce alla CCUS e alle tecnologie di Carbon Dioxide Removal (CDR –ovvero tecnologie in grado di rimuovere l’anidride carbonica dall’atmosfera e non solo prevenirne l’aumento).

In ambito comunitario, molti tasselli normativi sono stati fissati in questi anni. Tra questi, il 6 febbraio 2024, l’Industrial Carbon Management Strategy è stato licenziato dalla Commissione europea ai fini del  raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione, inclusivi di quelli recentemente fissati al 2040. 

La strategia, in particolare delinea le tre fasi di sviluppo definite a livello europeo: 

-          raggiungimento di 50 milioni di tonnellate di CO2 stoccata al 2030 e sviluppo di un’adeguata rete di trasporto di CO2 per il raggiungimento di tale obiettivo;

-          raggiungimento della fattibilità economica dei progetti di CCUS in molte delle regioni europee al 2040 e utilizzo di un terzo della CO2 stoccata;

-          integrazione completa della CCS all’interno del sistema economico europeo dal 2040 in avanti e utilizzo sempre più prevalente di CO2 biogenica e di origine atmosferica nei processi industriali. 

In quest’ottica si inserisce l’azione di Eni in materia di CCUS, ritenuta una leva fondamentale sia per la decarbonizzazione delle proprie operazioni sia come servizio per la decarbonizzazione di industrie terze. Partner di lunga data del progetto Sleipner Ccs, che opera dal 1996 e che rappresenta il primo progetto al mondo dedicato allo stoccaggio geologico della CO2 per scopi esclusivamente ambientali, Eni si impegna in ricerca e innovazione lungo tutto la catena della CCUS: cattura, trasporto, stoccaggio, monitoraggio e utilizzazione della CO2. Fare ricerca gioca un ruolo fondamentale nell’accelerare lo sviluppo di questa tecnologia, oltre a contribuire a ridurne i costi e massimizzarne l’efficienza. Per raggiungere i suoi obiettivi Eni si avvale dell’expertise nella modellistica numerica sviluppata nella sua storia di indagini del sottosuolo e della potenza disponibile nel centro di calcolo Green Data Center.

Quanto ai progetti CCUS, ad oggi Eni è gia presente nel Regno Unito, in Italia ed in Olanda, mentre sono allo studio nuove iniziative in Nord Africa, Norvegia ed altri Paesi. Nel Regno Unito Eni ricopre il ruolo di capofila del consorzio di imprese HyNet North West, progetto che permetterà di catturare l’anidride carbonica prodotta dalle industrie sulla terraferma e di immagazzinarla definitivamente e in maniera sicura nei campi a gas esauriti nel Mare d’Irlanda. Il progetto punta a trasformare uno dei distretti industriali a maggior consumo energetico in uno dei primi cluster industriali low-carbon al mondo. Con riferimento al progetto HyNet, il sistema di trasporto e stoccaggio di Eni avrà una capacità di stoccaggio annua di circa 4,5 milioni di tonnellate di CO2 all’anno nella prima fase. Dopo il 2030, questa capacità annua aumenterà a circa 10 milioni.  Già in una fase avanzata di sviluppo, nell’ottobre 2023 il progetto ha raggiunto l’accordo di principio su termini e condizioni chiave relative al modello economico, normativo e di governance per il trasporto e lo stoccaggio di CO₂ nel cluster industriale CCS HyNet North West. A marzo di quest’anno, Eni annuncia di aver ricevuto l’autorizzazione, in forma di un Development Consent Order (DCO), dal Dipartimento per la Sicurezza Energetica e Net Zero (DESNZ) del Regno Unito per la costruzione, messa in opera e riconversione dell'infrastruttura relativa al trasporto di CO2. Tale autorizzazione alla realizzazione di una rete per il trasporto di CO2 rappresenta il primo esempio di progetto infrastrutturale transfrontaliero di rilevanza nazionale tra Inghilterra e Galles a essere approvato via DCO da DESNZ e arriva a completamento di un processo durato 18 mesi, iniziato con la presentazione della richiesta da parte di Eni nell'ottobre 2022. Eni sta lavorando per completare gli adempimenti necessari per la Cluster Final Investment Decision (FID) che la Società e gli altri partner industriali del progetto prevedono di raggiungere entro settembre 2024.

Sempre nel Regno Unito, Eni ha ottenuto una seconda licenza per lo stoccaggio della CO2 nel giacimento a gas esaurito di Hewett nel Mare del Nord meridionale allo scopo di progettare un secondo hub CCS nel paese, Bacton Energy Hub, per decarbonizzare la regione del Tamigi. La rilevante capacità di stoccaggio del giacimento, pari a circa 300 milioni di tonnellate, la possibilità di riutilizzare parte delle infrastrutture a esso connesso e la vicinanza al polo industriale di Bacton rendono Hewett un sito di stoccaggio ideale. In questo modo si potrà immagazzinare in modo permanente l'anidride carbonica proveniente dalle industrie nel sud-est dell'Inghilterra e nell'area dell'estuario del Tamigi, vicino Londra, e promuovere la produzione e distribuzione di idrogeno blu in coerenza con i piani e gli obiettivi di decarbonizzazione del Regno Unito. La capacità iniziale di stoccaggio di CO2 è stimata in circa 5 milioni di tonnellate per anno a partire dall’ultima parte del decennio per arrivare a superare le 10 milioni di tonnellate dopo il 2030.

I due progetti di Hynet e Bacton apporteranno complessivamente  un significativo contributo rispetto all’obiettivo del Regno Unito di stoccare 20-30 milioni di tonnellate di CO2. Inoltre, la recente acquisizione di Neptune Energy ha garantito ad Eni l’accesso ad altre tre licenze di stoccaggio di CO2 situate strategicamente nel Mare del Nord, rinforzando il portafoglio CCUS di Eni UK, che al momento può contare su una capacità di stoccaggio lorda nel Paese di circa 1 miliardo di tonnellate.

Nel nostro paese, Eni in qualità di operatore, in collaborazione con Snam con la quale ha firmato una JV nel dicembre 2022, ha avviato il progetto “Ravenna CCS”. Grazie ad esso i giacimenti esausti di gas operati da Eni e situati nel Mar Adriatico verranno convertiti in siti di  stoccaggio permanente della CO₂, con una capacità totale ad oggi valutata in oltre 500 milioni di tonnellate. Valore aggiunto del progetto, la stretta collaborazione fra Eni e Snam che metteranno a fattor comune asset, competenze e risorse per realizzare in modo efficace e sostenibile tutte le fasi del progetto. In particolare, Eni farà leva sulla sua esperienza pluridecennale per riconvertire i propri giacimenti a gas esauriti nell’offshore dell’Adriatico e parte delle infrastrutture esistenti in siti di stoccaggio permanente. Snam svilupperà un’adeguata infrastruttura di trasporto riutilizzando, laddove possibile, le infrastrutture esistenti e rendendole idonee al passaggio della CO2.  

L'avvio della Fase 1 del progetto CCS Ravenna è previsto per il 2024 con l’iniezione nel giacimento esausto di gas di Porto Corsini mare ovest, situato al largo di Ravenna, di 25 mila tonnellate all'anno di CO2, catturate dalla centrale a gas di Casal Borsetti di Eni. La successiva fase industriale sarà avviata a partire dal 2027 e permetterà anche alle industrie hard to abate interessate di catturare e stoccare la loro CO2. Entro il 2030 sarà possibile raggiungere una capacità di stoccaggio di 4 milioni di tonnellate all’anno; successivamente ulteriori espansioni potranno portare i volumi a più di 16 milioni di tonnellate di CO2, in base alle richieste provenienti dal mercato. 

L’hub di Ravenna sarà al servizio della decarbonizzazione delle industrie hard to abate sia del territorio italiano sia, in prospettiva, di aree industriali europee.

Proprio per questo il progetto “Ravenna CCS” è parte del progetto CALLISTO (CArbon LIquefaction transportation and STOrage) Mediterranean CO2, recentemente confermato dalla Commissione Europea come Progetto di Interesse Comune (PCI) dell’UE. Come tale, il progetto è considerato strategico e quindi suscettibile di ottenere finanziamenti europei (nell’ambito del fondo Connecting Europe Facility Fund - CEF) e beneficerà di procedure autorizzative accelerate.