L’entrata in vigore del regolamento europeo n. 2024/1252 del 11 aprile 2024, il cosiddetto Critical Raw Materials Act, che istituisce un quadro atto a garantire un approvvigionamento sicuro e sostenibile di materie prime critiche, pur essendo ormai annunciata da oltre un anno, ha trovato l’Italia impreparata ad applicarne i principi fondamentali dal punto di vista legislativo e regolamentare. La legislazione mineraria nazionale, per il settore delle miniere, è, per la quasi totalità delle previsioni normative, incardinata sul regio decreto 29 luglio 1927 n. 1443 (Norme di carattere legislativo per disciplinare la ricerca e la coltivazione delle miniere nel Regno -Legge mineraria), mentre con DPR 18 aprile 1994 n. 392 (Disciplina dei procedimenti di conferimento dei permessi di ricerca e di concessione di giacimenti minerari di interesse nazionale e locale) sono state definite le procedure per il conferimento dei titoli minerari.
La Legge mineraria del 1927 risulta ancora attuale nei principi di carattere generale, riferibili alla appartenenza al patrimonio indisponibile dello Stato delle miniere, alla necessità del conferimento di permessi di ricerca e concessioni minerarie per la ricerca e lo sfruttamento dei giacimenti, ma è impostata seguendo le necessità produttive e strategiche precedenti la seconda guerra mondiale, oggi pienamente superate dall’evoluzione tecnica e scientifica dei processi che utilizzano i minerali estratti.
La richiamata Legge mineraria individua come attività di prima categoria (miniera) non il giacimento minerario tecnicamente ed economicamente sfruttabile, bensì la lavorazione di sostanze minerali industrialmente utilizzabili, sotto qualsiasi forma o condizione fisica, per la produzione di sostanze minerali da impiegare in successivi processi produttivi: rientrano nel termine miniera anche le attività di trattamento dei minerali estratti, senza che sia ben definito il confine tra le attività minerarie propriamente dette e quelle successive di impiego delle materie prime, per l’assenza di un regolamento attuativo della stessa Legge mineraria.
L’elenco delle lavorazioni di miniera di cui all’articolo 2 della Legge mineraria contiene le denominazioni delle sostanze minerali interessate, riferibili a quelle di interesse strategico alla data di emanazione della legge stessa, alcune delle quali risultano ormai di nessun interesse per il sistema produttivo nazionale.
Alcune sostanze minerali, individuate tra le materie prime critiche dal regolamento europeo - si citano a titolo esemplificativo le terre rare - non sono nemmeno riportate nell’elenco delle sostanze minerali di prima categoria, per cui, a ben vedere, per rientrare nella categoria miniere avrebbero bisogno di uno specifico provvedimento normativo, peraltro previsto dalla Legge mineraria.
Le attività estrattive dei tradizionali minerali metallici nei più importanti distretti minerari nazionali sono state abbandonate da più di trent’anni, sia per esaurimento dei giacimenti, le cui cubature utili non sono state incrementate da nuove ricerche operative, sia per la mancata convenienza economica al prosieguo della coltivazione mineraria per la forte concorrenza esercitata dai paesi in via di sviluppo. Il mancato aggiornamento della legislazione mineraria è dovuto anche al forte rallentamento produttivo dell’industria mineraria.
L’attuale legislazione mineraria non affronta le problematiche legate ai rapporti con la pianificazione urbanistica, con i vincoli paesaggistici, con i vincoli derivanti da Natura 2000, con le strategie legate all’economia circolare, allo sviluppo sostenibile e per l’adattamento ai cambiamenti climatici, divenendo, di fatto, un ostacolo alla eventuale ripresa produttiva del settore minerario.
Solo con l’articolo 9, norme per la tutela dell’ambiente, della legge n. 221/1990, è stato introdotto a carico dei titolari di permessi di ricerca e di concessioni minerarie l’obbligo di provvedere al riassetto ambientale delle aree di ricerca o di coltivazione, al fine di assicurare il corretto inserimento delle attività minerarie nell’ambiente. Non si fa cenno ad un eventuale procedimento di approvazione di un progetto di riassetto ambientale in sede di conferimento o di adeguamento dei titoli minerari.
Il DPR n. 382/1994 prevede che per il conferimento dei permessi di ricerca e delle concessioni minerarie sia sufficiente la presentazione di una istanza con allegati il piano topografico, la relazione geomineraria e il programma dei lavori, permanendo la distinzione amministrativa tra giacimenti di interesse nazionale e di interesse locale, ormai superata dal vigente riparto delle competenze tra lo Stato e le Regioni. Non si richiede nemmeno la presentazione di un progetto di riassetto ambientale di cui all’articolo 9 sopra citato.
Con decreto legislativo n. 112/1998, le funzioni amministrative relative alla materia “miniere e risorse geotermiche” sono state attribuite alle Regioni, mantenendo allo Stato, per quanto di attuale interesse, l’approvazione di disciplinari tipo per gli aspetti di interesse statale, la ricerca mineraria, la determinazione dei limiti massimi dei canoni dovuti dai titolari dei permessi e delle concessioni, la determinazione degli indirizzi della politica mineraria nazionale ed i relativi programmi, la determinazione dei requisiti generali dei progetti di riassetto ambientale, gli indirizzi generali per la raccolta dei dati in materia di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nel settore minerario.
Lo Stato, pur in presenza di previsioni normative molto chiare, negli ultimi venticinque anni ha abdicato alla sua funzione di coordinamento, anche per l’assenza di strutture tecniche ed amministrative adeguate a livello centrale, mentre le Regioni, che non hanno ricevuto risorse economiche e personale sufficienti per una gestione “perfetta” delle nuove funzioni amministrative attribuite, non si sono potute attivare per lo sviluppo delle miniere in ambito regionale, anche per l’assenza di un coordinamento nazionale.
Alla luce delle precedenti considerazioni, è diventata ineludibile la definizione della strategia per una politica nazionale delle materie prime, a partire dalle materie prime critiche strategiche, come definite dal regolamento comunitario n. 2024/1252, che individui concretamente compiti e funzioni dello Stato e delle Regioni. La strategia dovrebbe essere condivisa a seguito di accordo in sede di conferenza Stato-Regioni, con il quale dovrebbero essere stabiliti compiti e funzioni a livello centrale e decentrato, con tempistiche operative chiare e con previsione di monitoraggio dei progressi ottenuti.
L’obiettivo di una politica nazionale delle materie prime può essere perseguito a cominciare da una innovazione legislativa a livello nazionale, coraggiosa ed avanzata, che aggiorni la normativa nazionale, obsoleta sotto ogni punto di vista, economico, giuridico ed amministrativo, e che permetta di superare il forte divario competitivo accumulato nei confronti dei produttori della gran parte dei paesi europei.
La legislazione mineraria necessita di un aggiornamento anche con riferimento alla potenziale ripresa produttiva delle strutture di deposito (discariche minerarie) presenti nei più importanti distretti minerari, potenzialmente sfruttabili per l’estrazione di materie prime critiche, nel passato prive di interesse industriale e, pertanto, non oggetto di valutazioni accurate. Alcune strutture di deposito rappresentano dei potenziali giacimenti minerari di notevole interesse industriale, ma, per interpretazioni restrittive e non corrette da parte di qualche Regione, le stesse non possono essere oggetto di sfruttamento minerario.
L’applicazione a livello nazionale del regolamento n. 2024/1252 costituisce la migliore occasione per intervenire a livello legislativo, se necessario mediante decreto legge, per la definizione del procedimento amministrativo per il conferimento dei titoli minerari necessari per lo sviluppo dei progetti riconosciuti strategici a livello comunitario, pur nel rispetto dei differenti interessi pubblici coinvolti, anche definendo il ruolo dello Stato e delle Regioni in modo adeguato a tutelare l’interesse nazionale per un approvvigionamento sicuro delle materie prime strategiche interessate.
Si osserva, infine, che a livello nazionale la gran parte delle materie prime di cui si riscontra la presenza è rappresentata da quelle non strategiche, per le quali il regolamento n. 2024/1252 non prevede un riconoscimento europeo dei progetti di sfruttamento ma per cui la legislazione nazionale dovrebbe assicurare la necessaria attenzione al fine di garantire un adeguato sviluppo produttivo.