Come spesso accade per le scelte demagogiche, anche la decisione di garantire un prezzo all’ingrosso del kWh identico per tutto il territorio nazionale (PUN) è costata cara ai consumatori italiani. In due articoli sulla Staffetta Quotidiana (Rivisitare la governance elettricaGli struzzi di San Filippo del Mela) ne ho quantificato il costo annuale dovuto alle molteplici opposizioni che in Sicilia hanno ritardato la realizzazione del collegamento AT Sorgente -Rizziconi con la penisola: variabile tra 400 e 600 milioni di euro, secondo l’andamento dei prezzi del kWh.

Se nell’isola i consumatori domestici e le imprese avessero dovuto pagare il prezzo zonale, allora il più alto d’Italia (nel 2013 mediamente pari 92,0 €/MWh, contro un Pun di 62,99 €/MWh), certamente sarebbero stati indotti ad appoggiare un’opera che, da quando è stata completata nel 2017, ha sostanzialmente allineato i prezzi zonali dell'energia elettrica nell’isola a quelli dell’Italia continentale.

La medesima situazione rischia oggi di riprodursi, con effetti molto più gravi, per l’iter autorizzativo dei futuri impianti eolici e fotovoltaici, che saranno per lo più localizzati nelle aree meridionali del paese, dove si concentrano livelli di insolazione e regimi dei venti in grado di minimizzare il costo dei kWh prodotti. Questa energia per la maggior parte sarà infatti veicolata verso Centro-Nord, dove è ubicato il baricentro dei consumi, come conferma il progetto Hypergrid di Terna, che prevede un sostanziale raddoppio della capacità di trasporto Sud-Nord. E l’esperienza finora acquisita ha messo in evidenza che le compensazioni per i Comuni interessati a nuovi insediamenti di rinnovabili spesso non bastano a tacitare l’ostilità di chi vede una parte del proprio territorio occupata prevalentemente a vantaggio di terzi.

Una soluzione al problema è stata fornita dal Decreto Energia, che dal 2025 prevede la sostituzione del PUN con i prezzi zonali.  In tal modo, all’ulteriore insediamento di produzione rinnovabile nelle aree meridionali corrisponderà un numero di ore crescente con il prezzo medio zonale in calo: un beneficio diretto per le tasche di tutti i consumatori, che ridurrà il rischio del Nimby per le nuove localizzazioni.

In più, se in vista del passaggio ai prezzi zonali: 1) si introducesse un fondo di garanzia a protezione delle controparti che intendono stipulare un PPA, 2) si attribuisse a bandi competitivi soltanto l’assegnazione della capacità non coperta dai PPA, si determinerebbero convenienze per il sistema industriale nel Mezzogiorno e un incentivo per localizzarvi nuove attività produttive.

Una decisione già presa e una misura aggiuntiva (fondo di garanzia) renderebbero pertanto più appetibile l’insediamento di nuova produzione rinnovabile nelle aree meridionali del Paese.

Purtroppo, questa prospettiva rischia di essere in larga misura vanificata, se il Decreto Fer X conserverà la modalità per la programmazione delle rinnovabili prevista dalla bozza attualmente in circolazione. Nel quinquennio 2024-2028, la capacità per le rinnovabili mature con potenza superiore a 1 MW sarà assegnata a ciascuna tecnologia mediante aste, per un totale di 62,15 GW. Ai progetti vincitori saranno assegnati contratti per differenza (CfD) di durata ventennale, stipulati con il Gse, per la maggior parte destinati a impianti fotovoltaici ed eolici. Le aste dovranno concludersi entro il 2028, mentre gli impianti con potenza inferiore a 1 MW avranno l’accesso diretto a una tariffa predefinita fino alla saturazione di 5 GW.

Se confermata nel Fer X definitivo, questa impostazione avrebbe due conseguenze, entrambe negative.  Innanzi tutto, l’eliminazione dei PPA nel mercato elettrico italiano. Chi, avendo garantito l’acquisto, da parte del Gse, dell’energia prodotta per un lungo periodo a prezzo predeterminato, sarebbe disponibile a sobbarcarsi le procedure e i rischi di un accordo commerciale come il PPA?

Inoltre, aggiungendosi alla capacità incentivata dal Decreto relativo alle CER, i 67,15 GW assegnati dalla bozza del Decreto Fer X coprono praticamente tutta la capacità aggiuntiva al 2030, indicata nel PNIEC inviato l’anno scorso a Bruxelles. E le tariffe di riferimento per i bandi sarebbero le stesse dovunque fossero localizzati i progetti partecipanti alle gare.

In pratica la maggior parte dei progetti sarebbe comunque localizzata nelle aree meridionali, dove i CfD verrebbero aggiudicati a prezzi un po’ inferiori rispetto ad altre zone, ma non sarà facile convincere chi risiede nel sud del Paese che lì, con tariffe di riferimento delle aste uguali su tutto il territorio nazionale, i prezzi zonali saranno più bassi.

Oltre al prevedibile ridimensionamento dell’effetto positivo sul permitting del Decreto Energia, l’impostazione dirigistica della bozza del Fer X mette innanzi tutto a rischio la realizzazione degli obiettivi previsti per la nuova capacità elettrica rinnovabile. Il mancato rispetto, da parte dell’Amministrazione pubblica, delle scadenze fissate dalle normative vigenti è infatti un dato di fatto ricorrente. Né si può escludere che si ripetano i casi di aste praticamente deserte per il mancato aggiornamento dei prezzi di riferimento al tasso d’inflazione.

Inoltre, affidare alla mano pubblica invece che al mercato la realizzazione degli obiettivi al 2030 offrirà il destro ai critici della transizione energetica di continuare a sostenere che eolico e fotovoltaico non sono competitivi e rappresentano un costo per il Paese.