I processi di decarbonizzazione e transizione energetica impongono target molto ambiziosi e sfidanti per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto sera. I recenti indirizzi della Commissione europea indicano, per il 2040, l’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni rispetto ai livelli del 1990, a fronte poi di un obiettivo vincolante “net-zero” al 2050 (le emissioni EU27 si sono ridotte del 30% circa tra il 1990 ed il 2021). La trasformazione del settore energetico, avviata ormai da alcuni anni, è certamente caratterizzata dalla sfida di coniugare le tre dimensioni fondamentali della sicurezza energetica, della sostenibilità ambientale e dell’economicità delle soluzioni adottate e delle conseguenti forniture ai consumatori finali. 

Per garantire la transizione, nell’attuale contesto di grande variabilità e incertezza, va perseguito un approccio che non segua una logica di esclusività, focalizzata solo su alcune tecnologie, ma che promuova il più possibile una logica di complementarità e di sinergia dei diversi comparti energetici per garantire stabilità, affidabilità, flessibilità ed efficienza complessiva del sistema.

In tal senso, si ritiene quindi che sia indispensabile ottimizzare le sinergie esistenti tra settore gas e settore elettrico per favorire la decarbonizzazione e raggiungere gli obiettivi del processo di transizione considerando che, molto probabilmente, sono state sottostimate le risorse e gli investimenti necessari per realizzare una trasformazione così profonda. Le crisi internazionali, tutt’ora in corso, hanno sempre più messo in evidenza come il processo di transizione energetica abbia considerato, come ovvia e scontata, la grande disponibilità, a prezzi competitivi, delle fonti energetiche tradizionali. Al tempo stesso, pare evidente come sia stata sottovalutata la complessità di attuare un simile processo di trasformazione del sistema energetico. Non si possono infatti trascurare le incertezze che inevitabilmente caratterizzano un piano di investimenti mai realizzato finora e che interessa l’intero sistema elettrico (fonti rinnovabili, reti e sistemi di accumulo) la cui sostenibilità economica sembra peraltro basarsi, in gran parte, sulla possibilità di sussidi pubblici. Per questi motivi va riconosciuta la necessità che il settore del gas naturale nel suo complesso assicuri un ragionevole grado di ridondanza e opportune flessibilità per far fronte a fattori esogeni o nuove crisi, a ritardi nella realizzazione degli investimenti funzionali alla transizione energetica o a sviluppi inferiori alle attese.

Capitalizzare l’esperienza pregressa

In questa fase decisionale, fondamentale per progettare il futuro del nostro sistema energetico, non va dimenticato quanto si è verificato nel periodo compreso tra il 2008 ed il 2016.  Il combinato disposto del forte calo della domanda elettrica (circa -24 TWh) ed una prima fase di rilevante sviluppo delle fonti rinnovabili (la capacità installata degli impianti eolici e fotovoltaici è passata da 4 GW a circa 29 GW) aveva provocato la riduzione del livello del carico elettrico e la modifica del profilo orario del mercato italiano.

Durante il periodo citato, oltretutto, si era registrata una significativa riduzione della capacità installata dei cicli combinati a gas per dismissioni e congelamenti.  Contestualmente, si era avviato il dibattito sulla necessità di introdurre un meccanismo di remunerazione della capacità produttiva attraverso il quale l’operatore potesse ottenere un equo compenso in cambio dell’impegno a mantenere il proprio impianto in esercizio efficiente e pronto a produrre, il tutto per garantire l’adeguatezza del sistema elettrico. Il mercato della capacità italiano (Capacity Market) è stato poi autorizzato dalla Commissione europea all’inizio del 2018, sino all’anno 2028 con applicazione a partire dal 2022. Prevede un meccanismo di mercato con lo svolgimento di aste per i nuovi impianti e per gli impianti esistenti. In caso di aggiudicazione, il periodo di consegna dell’energia prodotta è di 15 anni per i nuovi impianti autorizzati e di 1 anno per gli impianti esistenti. Da rilevare, infine, che al momento il Capacity Market è previsto solo fino alla fine di quest’anno e gli operatori sono in attesa di comprendere quali saranno le regole per gli anni successivi.

Rispetto al recente passato, la transizione energetica in corso sarà ancora più profonda e pervasiva in relazione agli obiettivi del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima. Il Piano, infatti, conferma obiettivi molto ambiziosi prospettando di aumentare di almeno 70 GW, entro il 2030, la capacità rinnovabile di generazione (quasi integralmente eolica e fotovoltaica) per raggiungere i 131 GW di potenza totale installata e di incrementare la quota di energia da fonti rinnovabili nei consumi elettrici finali dal 36% del 2021 al 65% del 2030.   È rilevante segnalare come negli ultimi anni sia proseguito lo sviluppo della capacità produttiva eolica e fotovoltaica (ormai superiore a 40 GW) mentre si sia ridotta la capacità di generazione termoelettrica (-17 GW nell‘ultimo decennio).

La forte crescita attesa delle fonti rinnovabili intermittenti ridurrà quindi lo spazio competitivo a disposizione della produzione termoelettrica e le ore di funzionamento degli impianti e richiederà invece servizi di regolazione e prestazioni dinamiche degli impianti programmabili sempre più sfidanti (accensioni e spegnimenti frequenti e in tempi brevi e rampe di carico accelerate per il picco serale dei consumi domestici al calar del sole), con effetti significativi anche sui costi di esercizio e sullo stress delle macchine, in particolare sulla flotta realizzata all’inizio degli anni 2000 che ha ormai maturato tra i 15 ed i 20 anni di esercizio.

La capacità programmabile (essenzialmente CCGT) dovrà quindi svolgere un ruolo chiave.  In tutti gli scenari di Terna, infatti, la capacità termoelettrica rimane sostanzialmente invariata, contestualmente allo sviluppo della capacità rinnovabile, delle infrastrutture di rete e dei sistemi di accumulo. La prospettiva di mantenere invariata la capacità termoelettrica è tuttavia il risultato, da un lato, delle dismissioni degli impianti a carbone e ad olio e, dall’altro, della necessità di realizzare nuova capacità termica. Dovrebbe inoltre considerare i rilevanti rischi che una significativa quota della capacità termica venga dismessa in quanto il relativo margine di contribuzione non è sufficiente a ripagare i costi fissi degli impianti. In tal caso, la capacità termica disponibile si ridurrebbe a valori nettamente inferiori al minimo necessario per garantire l’adeguatezza del sistema e tutto ciò, infine, senza contare i rischi che si verifichino periodi di alte temperature e scarsa idraulicità, ormai sempre più frequenti, con impatti negativi sulla disponibilità degli impianti medesimi.

È dunque fondamentale che uno strumento quale il Capacity Market accompagni in modo strutturale il processo di transizione energetica, rifletta le nuove condizioni e l’evoluzione del sistema e diventi parte integrante del mercato elettrico. Il Capacity Market è cruciale per fornire segnali di prezzo di lungo termine ed è altrettanto fondamentale che sia disegnato fissando un livello massimo di premio tale da consentire la copertura di tutti i costi operativi degli impianti (inclusi i costi per mantenerli in efficienza), ed un’equa remunerazione: sarà poi la logica competitiva di asta a definire la corretta remunerazione. Il Capacity Market e la conseguente possibilità di mantenere in esercizio una quota importante della capacità termoelettrica installata rappresenta, di fatto, una polizza assicurativa per il sistema elettrico a garanzia di tutte le incertezze che ancora oggi contraddistinguono i tempi e le modalità della transizione.

La necessità di una visione sistemica gas-power

Riconoscere il ruolo chiave delle centrali a gas come fattore abilitante per il processo di transizione energetica significa altresì riconoscere il ruolo chiave del gas e del suo sistema infrastrutturale e, di conseguenza, la necessità di mantenere tale sistema disponibile ed efficiente valorizzando la sinergia gas-power.

Le infrastrutture gas nazionali rappresentano senza dubbio un valore e un asset strategico per il Paese ed anche per l’intera Europa, in termini di:

- completezza, dalla produzione e importazione via gasdotto e GNL, al trasporto, stoccaggio e distribuzione ai vari settori di consumo finale;

- capillarità, raggiungendo quasi tutto il territorio nazionale;

- flessibilità e contributo alla sicurezza unitamente ai contratti di importazione di lungo termine;

- utilizzo per sostenere il processo di decarbonizzazione attraverso lo sviluppo dei green gas, dell’idrogeno e di nuove tecnologie quali la cattura e stoccaggio della CO2.

Le infrastrutture sono dotate infine di elevati standard di controllo e minimizzazione delle emissioni di metano: l’industria italiana del gas è un esempio di eccellenza a livello mondiale.

Per mantenere disponibile ed efficiente il sistema gas è necessario, da un lato, assicurare la copertura dei costi del sistema pur in una prospettiva di progressiva riduzione della domanda e, dall’altro, considerare che il quadro normativo e regolatorio dovrebbe indirizzare un approccio tariffario per l’utilizzo della risorsa gas e per il recupero degli oneri aggiuntivi e/o straordinari, evitando o limitando effetti che penalizzerebbero il sistema energetico nel suo complesso ed i consumatori disincentivando oltretutto l’uso stesso del gas.

Il recupero di tali oneri avviene infatti attraverso l’applicazione di varie componenti addizionali alle tariffe di trasporto gas che sono ripagate principalmente dai consumatori finali residenziali e industriali. Alcune di queste componenti, tuttavia, sono attribuite anche al consumo termoelettrico a gas con l’effetto di penalizzare tutti i consumatori di energia elettrica ogniqualvolta:

- vengono trasferite sul prezzo dell’energia elettrica dalla tecnologia a gas marginale che fissa il prezzo dell’energia per l’intero mercato, con la conseguenza di aumentare i prezzi per tutti i consumatori elettrici e contribuire a determinare effetti inflattivi e perdita di competitività delle attività produttive;

- si traducono, inoltre, in rendite per le produzioni infra-marginali non solo delle fonti rinnovabili ma anche delle importazioni nette che nel 2023 hanno rappresentato, rispettivamente, circa il 37% ed il 17% della richiesta di energia elettrica.

Sarebbe dunque opportuno valutare attentamente l’introduzione di tariffe di trasporto flessibili in relazione ad un utilizzo delle centrali a gas sempre più dinamico, anche in considerazione del fatto che le centrali a gas producono anche in ore nelle quali non determinano il prezzo dell’energia e quindi non sono in grado di recuperare tutti i costi.