Come noto, il mondo dell’energia e della sua trasformazione risponde alla termodinamica classica con i suoi 4 principi che rimandano al concetto di Entropia. In questa sede ovviamente non possiamo e non vogliamo entrare nel dettaglio, ma crediamo opportuno solo ricordare che l’Entropia è una grandezza (più precisamente una funzione di stato) che corrisponde alla misura del disordine presente in un sistema fisico. In base ai principi della termodinamica classica, l’entropia di un sistema è destinata naturalmente ad aumentare secondo la freccia del tempo.

Questo incipit ci è utile per articolare una riflessione generale riguardo a quale sia il contesto in cui si inserisce il tema indicato nel titolo, ovvero l’urgenza di accelerare soluzioni adeguate per la decarbonizzazione dei consumi energetici relativi alla climatizzazione degli edifici esistenti.

Nell’ampio percorso già da anni attivato a livello mondiale per minimizzare l’impronta carbonica dell’attività umana, al fine di fare fronte ai cambiamenti climatici di origine antropica, il settore dell’energia è stato, per ovvie ragioni, quello maggiormente impegnato in studi ed analisi volti a comprendere quale fosse il migliore modo di superare l’uso dei combustibili fossili. L’Europa in questo è stata certamente tra i “prime movers” con una importante regolazione che si è contestualmente evoluta fino alle attuali direttive, tra cui ricordiamo la “Fit for 55” e “REPowerEU”.

In questo quadro estremamente complesso è stato necessario procedere per “successive approssimazioni”, e generalmente gli approfondimenti di dettaglio per ogni settore d’uso si sono svolti partendo in primis dai “grandi consumatori”, ovvero dai processi industriali e produttivi con maggiore intensità energetica localizzata. Questo ha attivato una profonda discussione riguardo alla serie di azioni e definizioni che ha animato e sta ancora animando il dibattito su quale sia la via più efficiente ed efficace per detti settori allo scopo di raggiungere gli obbiettivi posti. Il settore dei consumi civili, invece, che per loro natura sono in valore assoluto rilevanti ma allo stesso momento variegati e territorialmente dislocati, è stato, ad oggi, meno analizzato nel dettaglio e nella scelta delle soluzioni percorribili non si è tenuto conto delle complessità insite nel cambiamento. Questo stato delle cose, ricollegandoci al tema trattato all’inizio di questo articolo, si può in parte giustificare per il fatto che il settore degli edifici  rappresenta un “sistema fisico”, diciamo, ad elevata “entropia sociale e varietà tipologica” rispetto a quelli industriali energivori. Se poi andiamo a trattare non il comparto civile nel suo complesso, ma il suo sotto insieme rappresentato dagli edifici esistenti, questa complessità aumenta ulteriormente ed in modo rilevante.

In Europa risulta che più di 220 milioni di edifici residenziali (l’85% degli edifici residenziali totali) siano stati costruiti prima del 2001. In Italia la situazione del parco edilizio è ancora più datata. Questo già di per sé dà la misura della sfida della decarbonizzazione del settore degli edifici residenziali la cui parte predominante è costituita appunto dagli edifici già esistenti. Non bisogna mai dimenticare, anche in una logica di ragionamento per successive approssimazioni, che l’edificio e il suo impianto di climatizzazione sono un sistema funzionale unico. Questo risponde a regole di progetto e standard tecnici ben determinati. Inoltre, tale sistema unitario Edificio/Impianto deve essere conforme alle leggi urbanistiche, ai regolamenti sanitari, ai regolamenti edilizi e, in Italia, al Codice civile oltre che ai regolamenti condominiali.

Nella nostra nazione, in un recente passato (tra gli anni 80 e 90,) si è cominciato ad intervenire su questo complesso “sistema fisico ad elevata entropia” anche se con tecnologie meno “radicali” di quelle che oggi sono proposte per decarbonizzare il settore. Facciamo riferimento alla sostituzione degli impianti centralizzati di riscaldamento nei condomini con le caldaie singole a gas per appartamento. Per consentire questa importante transizione tecnologica ci sono voluti anni e un grande impegno di tutto il comparto energetico che ha permesso di determinare le condizioni tecniche e urbanistiche che la rendessero possibile. Inoltre, è stato necessario da parte degli operatori organizzarsi per gestire in modo efficacie la nuova realtà affinché il consumatore finale avesse un giusto servizio di elevata qualità.

L’esperienza citata, benché parziale, può essere di aiuto per fare comprendere come sia errato credere che vi possano essere soluzioni di facile e immediata applicazione quando si tratta di ristrutturare un sistema Edificio/impianto esistente. Alla luce di questa oggettiva complessità occorre pertanto analizzare a fondo ciascuna tipologia di edificio, considerandone anche il contesto urbano, e quindi poter accedere a tutte le possibili tecnologie e fonti energetiche che, nel rispetto degli obbiettivi fissati dal legislatore, permettano di convertire gli attuali sistemi al servizio della climatizzazione degli edifici esistenti, verso funzionamenti a minore impronta carbonica. Qualora questo non venisse perseguito si andrebbe incontro a due conseguenze negative: un rallentamento del processo reale di transizione e l’inevitabile aumento dei costi a carico sia del singolo cittadino sia della collettività.

La complessità della ristrutturazione energetica del sistema Edificio/Impianto può essere risolta solo con soluzioni tecnologiche capaci di adattarsi ad esso e non viceversa. In questa linea ciò che quindi occorre fare è prendere atto che per decarbonizzare il parco immobiliare esistente non ci sono scorciatoie o uniche soluzioni; il percorso è oggettivamente complesso ed è percorribile con successo solo se associato ad un approccio tecnologicamente neutro che di fatto unisca proattivamente le forze che sia l’elettrone sia la molecola (sempre più rinnovabile e “green”) possono offrirci, garantendo nel contempo la sicurezza e resilienza sia degli approvvigionamenti sia dei sistemi di trasporto e distribuzione dell’energia.

Una delle tecnologie innovative più interessanti, tra quelle che si sono sviluppate negli ultimi anni,  già presente sul mercato e capace di dare risposte positive in questo senso è quella dei sistemi ibridi che uniscono la tecnologia delle pompe di calore a quella delle caldaie a condensazione. Il ruolo e l’utilità dei sistemi ibridi come applicazione per provvedere alla decarbonizzazione degli edifici esistenti è stato infatti riconosciuto dal nuovo PNIEC e analizzato e confermato da numerosi studi di settore.

In particolare gli studi di Guidehouse per l’Europa e dell’Imperial College per il Regno Unito sottolineano come l’utilizzo di sistemi ibridi possa contribuire a irrobustire la resilienza degli asset di trasmissione e distribuzione, modulando gli investimenti ed evitando di dover creare situazioni di ridondanza a copertura di picchi di domanda sul sistema elettrico, in quanto questi possono essere “traslati” da questa alla rete gas grazie alle caldaie presenti nei sistemi ibridi. Nel Regno Unito lo studio dell’Imperial College conclude addirittura che questa strategia consentirebbe di evitare la costruzione di alcune centrali atomiche, altrimenti necessarie in un futuro sistema “electric only” dal lato della domanda. Questo è un aspetto su cui corre fare una grandissima attenzione ovviamente anche in Italia.

Dal lato della generazione, se si osservano i grafici storici del parametro “Margine minimo di adeguatezza del sistema elettrico nazionale” pubblicati da TERNA nei propri Report salta all’occhio come questo parametro sia andato sempre più assottigliandosi negli ultimi 10 anni, fino a raggiungere il valore critico di ZERO GW, in corrispondenza di 3 giorni del luglio 2022, molto caldi e facenti seguito a un periodo di scarse precipitazioni che non avevano consentito il completo riempimento degli invasi idroelettrici. In altre parole, in quei 3 giorni consecutivi il sistema elettrico italiano è stato prossimo al collasso per eccesso di richiesta.      

Fortunatamente nel 2023 questo indicatore è risalito, ma resta a livelli ben lontani dalla soglia di tranquillità: circa 2,3 GW nel 2023 (sempre tra i valori minimi degli ultimi 10 anni) e per cause putroppo non strutturali. Infatti, TERNA indica nel suo Report 2023, alla base di questo risultato, una serie di fattori meteorologici “casuali”: calura non eccessiva nel mese di luglio e discreta piovosità, oltretutto accompagnate da una provvidenziale riduzione generale dei consumi elettrici nazionali a causa della crisi economica.

Da ultimo vorremmo anche ricordare che i sistemi ibridi residenziali, con caldaia e pompa di calore, sono un’invenzione tutta italiana, che ormai l’Olanda, l’Inghilterra, la Germania sta esplorando con sempre maggiore attenzione come una soluzione veloce e maggiormente sostenibile rispetto a soluzioni tecnologicamente di maggior impatto soprattutto negli edifici esistenti.

Tutto questo ci porta all’auspicio di una transizione energetica e tecnologica applicata agli edifici esistenti in cui tutte le leve di miglioramento marginale dovrebbero essere messe in atto e con queste  tutte le migliori tecnologie innovative capaci di meglio adattarsi ad ogni specifica situazione, ma sempre nel rispetto della sostenibilità sociale ed economica degli interventi e con una particolare attenzione anche a garantire la resilienza del sistema energetico nazionale che rappresenta uno degli asset essenziali per lo sviluppo ed il benessere del welfare complessivo delle economie evolute come la nostra.