Secondo l’ultima versione del PNIEC inviata a luglio a Bruxelles, le rinnovabili dovrebbero soddisfare il 65% dei consumi finali di elettricità nel 2030, con una quota aggiuntiva di potenza pari a 74 GW. Considerato il calo del costo del fotovoltaico e il fatto che una parte dei progetti di eolico offshore vedrà la luce nel prossimo decennio, possiamo immaginare che prima del 2040 la percentuale di elettricità verde raggiungerà o oltrepasserà l’80% della domanda elettrica (che è, peraltro, l’obiettivo della Germania per il 2030).
Questi scenari devono, infatti, essere coerenti con l’obiettivo della neutralità climatica al 2050 adottato dalla UE come da molti altri paesi.
La recente edizione del rapporto dell’AIE, Net Zero Roadmap 2023, sottolinea la coerenza della crescita impetuosa del fotovoltaico e delle auto elettriche con l’obiettivo climatico di metà del secolo e stima che queste due tecnologie da sole potrebbero garantire un terzo delle riduzioni mondiali delle emissioni previste tra oggi e il 2030. E lo stesso rapporto indica come nei due anni dalla precedente edizione si sia fortemente ridotto lo spazio previsto per le tecnologie ancora “non mature” come i reattori di piccola taglia SMR.
Naturalmente scenari spinti delle rinnovabili obbligano a potenziare le interconnessioni elettriche, gli accumuli e il governo della domanda, come viene sottolineato nel rapporto “Flexibility solutions to support a decarbonised and secure EU electricity system” appena pubblicato dall’Agenzia Europea per l’Ambiente e dall’Associazione europea delle Autorità di regolazione Acer.
E veniamo al nucleare.
Non parliamo del suo futuro a livello globale perché è chiaro che alcuni paesi utilizzeranno questa tecnologia. Anche se va sottolineato che nella nazione che più vi punta, la Cina, l’incremento di elettricità rinnovabile nell’ultimo decennio ha decisamente superato l’aumento dei kWh nucleari. Peraltro, per dimensionare il contributo dell’atomo, ricordiamo che nei vari scenari AIE, esso oscilla tra il 3% e l’8% della produzione globale elettrica al 2050.
Per quanto riguarda l’Italia, malgrado le crescenti pressioni a riconsiderare questa opzione, vi sono diversi elementi che la rendono improbabile.
Parliamo dei tempi. All’inizio del prossimo decennio sapremmo se qualcuna delle numerose opzioni di SMR, i piccoli reattori nucleari su cui si sta lavorando sarà disponibile, con quali caratteristiche, costi e rischi. Il percorso, peraltro, è molto accidentato come ci ricordano le difficoltà di uno dei progetti più avanzati, NuScale, la cui società ha registrato un crollo del suo valore azionario. Vanno seguiti progetti come Newcleo dell’italiano Stefano Buono, pur sapendo che le criticità da affrontare sono notevolissime.
E nel caso che un sistema alla fine risulti interessante si devono considerare i tempi autorizzativi, di localizzazione (a Milano?) e di costruzione. Superati tutti gli ostacoli, la prima elettricità verrebbe generata negli anni quaranta. Si parla di realizzare 15-20 mini centrali da 100-450 MW entro il 2050 per un investimento complessivo ottimisticamente stimato in 30 miliardi. Insomma una gigantesca distrazione, se mai dovesse prendere piede, rispetto agli obiettivi del paese.
Tra le diverse problematiche da considerare vi è quella legata alla flessibilità dei reattori in presenza di una produzione solare ed eolica molto elevata. Per le grandi centrali questa opzione è molto complicata, ma con i piccoli SMR si potrebbe immaginare la disconnessione di alcuni impianti quando necessario. Ma questa possibilità, al di là degli aspetti tecnici, comporterebbe un serio impatto sul versante economico. Parliamo infatti di impianti molto costosi che per ripagarsi dovrebbero lavorare per un elevato numero di ore.
Per fare spazio all’opzione del nucleare che al momento vede un incredibile battage sui media c’è una semplice opzione. Quella del rallentamento dello sviluppo delle rinnovabili, proseguendo le politiche colpevolmente inadeguate dell’ultimo decennio.
Auspicando, invece, che la corsa del solare e dell’eolico acceleri, come sta avvenendo su scala mondiale, vanno da subito considerate le strategie necessarie per aumentare il loro contributo.
Da questo punto di vista, andrebbe posta grande attenzione ai sistemi di accumulo di lunga durata, come si sta facendo negli Usa e in Germania. La California, ad esempio, che ha obiettivi molto ambiziosi si è già dotata di batterie per 5,5 GW e entro il 2045 avrà bisogno di almeno 50 GW di stoccaggio, e sta già sperimentando accumuli di lunga durata. In Germania sono 700.000 le batterie al litio, ma si stanno studiando nuove soluzioni per allungare i tempi di accumulo e la German Federal Agency for Disruptive Innovation ha finanziato diversi progetti.
Anche in Italia stanno nascendo le prime esperienze, dalla batteria a flusso ad alta densità energetica di Green Energy Storage al ciclo termodinamico a CO2 di Energy Dome, alle batterie a sabbia di Magaldi.
Invece di inseguire sogni impossibili sul nucleare, il nostro paese dovrebbe dotarsi di sistemi di accumulo di lunga durata prestando una notevole attenzione allo sviluppo di questo comparto.