Minerali critici-transizione energetica-indipendenza dell’approvvigionamento. Questo il trilemma che guida le scelte a livello comunitario e nazionale in materia di minerali critici. Appurata la rilevanza sempre crescente che tali materie rivestono nel traguardare gli obiettivi climatici, occorre adoperarsi affinché la loro fornitura sia ambientalmente sostenibile, economicamente competitiva e geopoliticamente sicura. Ne abbiamo discusso con Luigi Ciarrocchi, Presidente di Assorisorse, l’associazione che in Italia ne promuove e supporta la filiera.

Minerali critici e transizione energetica. Al fine di perseguire le esigenze della transizione energetica, quali scenari si prospettano per la crescita della domanda di materie prime critiche (Critical Raw Materials - CRM)?

Il tema dei minerali critici assume una grande importanza in funzione del ruolo e delle prospettive che rivestiranno nello sviluppo delle tecnologie nel percorso di una transizione energetica equa che dovrà fare uso di tutte le leve disponibili per raggiungere gli obiettivi climatici in maniera sostenibile non soltanto dal punto di vista ambientale ma anche economico e sociale. La transizione verso una “net-zero economy” deve essere una transizione giusta per tutti i Paesi, indipendentemente dalle loro fonti di reddito, attuale mix energetico o livello di sviluppo, e deve basarsi sul principio della neutralità tecnologica per ricercare le soluzioni più efficaci e più efficienti per ciascun settore o perimetro del nostro articolato mondo.

Trasformare l’industria estrattiva deve essere parte della soluzione. Ciò richiederà dare pari peso alla gestione dell’impatto delle attività estrattive sulle società e sull’ambiente, come è stato dato all'economia nel passato. È una sfida complessa a cui ci troviamo di fronte, ricca di opportunità ma allo stesso tempo piena di ostacoli legati, tra l’altro, alla disponibilità dei volumi di minerali critici necessari, ai costi di estrazione e trasformazione, agli impatti ambientali, alle nuove frontiere tecnologiche, ai mutati equilibri geopolitici e quadri normativi in rapido divenire.

Occorre una chiara programmazione di medio e lungo termine, una visione strategica coniugata ad un approccio pragmatico che impone di agire subito per recuperare il tempo perduto, soprattutto da parte di numerosi Paesi occidentali, riacquisire le competenze “dimenticate” ed acquisirne di nuove grazie agli strumenti e alle pratiche che ci mette a disposizione l’innovazione tecnologica. Agire singolarmente non sarà sufficiente per far fronte alla competizione che ci troveremo ad affrontare, ma sarà necessario promuovere un fronte comune per muoversi con efficienza ed efficacia in un contesto globale in rapida evoluzione.

Un recente studio delle Nazioni Unite indica che con l'aumento della popolazione mondiale, la domanda per minerali e metalli è quasi certamente in forte crescita. Nel 2017, l'estrazione ha raggiunto i 92 miliardi di tonnellate rispetto ai 27 miliardi del 1970. Se si dovesse mantenere l’attuale trend, il mondo richiederà 190 miliardi di tonnellate di materiale ogni anno entro il 2060, anche e soprattutto per sostenere le tecnologie necessarie per una transizione verso un futuro sostenibile.

Come detto, è ormai chiaro che l’approvvigionamento commerciale di minerali critici è reso complesso da numerosi fattori: economici, logistici, competitivi, geopolitici, ambientali e di sicurezza. Si può parlare infatti di controllo del mercato da parte di alcuni Paesi, tra i quali, ad esempio, la Russia che - rispetto alle materie critiche individuate da Bruxelles - ne ha almeno 14 a disposizione nel suo sottosuolo. Mosca, tra l’altro, è il principale fornitore per l’UE di palladio (utile a ridurre le emissioni inquinanti) coprendo circa il 40% del fabbisogno continentale, ma anche il 33% della domanda di rodio (usato come catalizzatore di processi chimici e come elemento migliorativo dei contatti elettrici) e il 28% di quella di platino (fondamentale per la produzione di celle combustibili per i veicoli elettrici e per l’elettrolisi dell’idrogeno). Ben più pesanti i numeri della dipendenza dalla Cina per le terre rare (98% del totale), con Pechino che complessivamente soddisfa fino al 45% del fabbisogno annuo europeo di materiali critici. Sono fondamentali, quindi, le dinamiche relazionali con i paesi produttori che possano cambiare lo scenario legato all’approvvigionamento.

Minerali critici e politica europea. Cosa può fare l’UE per garantire un aumento dell’indipendenza nell’approvvigionamento?

L’Unione Europea è molto impegnata nel garantire una quantità minima di Critical Raw Materials (CRM) attraverso un approvvigionamento locale, diminuendo, in questo modo, la dipendenza da Paesi terzi ad alto rischio. Garantire catene di approvvigionamento sicure e sostenibili per il futuro verde e digitale dell'Unione Europea è il concetto alla base del Critical Raw Material Act, la direttiva con cui si vuole accelerare la creazione di una nuova industria mineraria europea, basata in primis sui CRM. Pur sapendo che le riserve già individuate e quelle possibili non basteranno per soddisfare la richiesta dell'industria, si vuole comunque cercare di contenere la dipendenza dalle importazioni. A tale proposito, alcuni dei fattori su cui puntare sono la ricerca e lo sviluppo di tecnologie in grado in primis di ridurre i quantitativi di CRM necessari alla decarbonizzazione dei sistemi energetici non solo dell'UE ma di tutto il mondo e, inoltre, di diminuire l’impatto ambientale dei processi di lavorazione dei materiali critici. Come sottolineato da Confindustria Energia a una conferenza a Parigi, il settore in cui l’Europa e l’Italia in particolare devono fare di più è il riciclo. In tale cornice, sarà importante incrementare in tempi rapidi il riciclo nei siti industriali di settori energetici in declino e in generale promuovere progetti di economia circolare sempre più efficienti ed efficaci.

Occorre, inoltre, promuovere la cooperazione tra Paesi per agire sulla concentrazione geografica nelle catene di approvvigionamento globali. Risulta, infatti, che l’uso di materie prime per tecnologie legate a eolico, batterie, elettrolizzatori, pannelli solari e pompe di calore, vede solo tre maggiori Paesi produttori che rappresentano almeno il 70% della capacità produttiva per ciascuna tecnologia, con la Cina dominante in tutte.

Come accennato, gran parte dell'estrazione di minerali critici è concentrata in un piccolo numero di Paesi. La IEA nel suo rapporto Energy Technology Perspectives 2023 sottolinea come la sola Repubblica Democratica del Congo produce oltre il 70% del cobalto mondiale e tre Paesi - Australia, Cile e Cina - si dividono oltre il 90% della produzione mondiale di litio. Questo scenario geopolitico rende il percorso della transizione ancora più vulnerabile, come dimostrato recentemente dall’aumento dei prezzi di cobalto, litio e nichel che ha portato – ad esempio - al primo aumento in assoluto dei prezzi delle batterie.

Nuova estrazione, recupero e riciclo: quale è il peso di queste attività in Europa ed in Italia?

La strategia europea ed italiana che punta sul recupero e riciclo prende spunto dal Critical Raw Materials Act promosso dalla Commissione europea, che contiene i passi da compiere per riattivare l'attività estrattiva in Europa, con l'obiettivo di arrivare entro il 2030 a estrarre il 10% delle materie prime nel continente. Presentando il provvedimento, la Presidente della Commissione Ursula Von der Leyen ha sottolineato che per perseguire l’indipendenza, l'Unione punta a identificare progetti strategici lungo tutta la filiera, dall'estrazione alla raffinazione, dalla lavorazione al riciclo.

Per quanto riguarda l’estrazione di minerali in Italia, la riapertura di vecchi giacimenti o lo sfruttamento di nuovi rischia di avere costi ambientali e sociali molto alti, se attuata con un approccio standard, oltre a tempi estremamente lunghi, misurabili in alcuni anni, per portare a regime gli impianti: si stima siano necessari dieci anni per avviare un nuovo sito estrattivo. Malgrado ciò, le opportunità che si possono sviluppare partendo dal nostro patrimonio geologico, rispettando ovviamente gli attuali standard ambientali ed utilizzando tecnologie all’avanguardia in termini di sostenibilità e sicurezza dell’ambiente e del personale, sono tante. E anche se non riusciremo ad essere indipendenti completamente dall’estero per l’approvvigionamento di numerose materie prime, come industria nazionale potremo giocare un ruolo attivo nel mercato delle materie prime minerarie e soprattutto delle tecnologie associate.

Sul fronte del riciclo, la Commissione UE prevede un traguardo del 15%. Anche in questo l’Italia si sta muovendo con impegno e applicando elevati livelli tecnologici: riciclando i rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, i cosiddetti Raee, elementi preziosi possono essere gestiti correttamente, riciclati e immessi in nuovi cicli produttivi senza la necessità di nuove estrazioni dal suolo.

Attualmente la gran parte di quanto recuperato viene esportato ma recuperare le materie prime critiche, secondo le principali analisi di settore, permetterebbe di generare un valore economico molto alto.

Minerali critici: linee di azione. Come può contribuire l’Italia a creare maggiore indipendenza?

Puntare maggiormente sul riciclo e sul riuso (estrazione dei materiali dai rifiuti urbani e industriali) attraverso investimenti, nuovi impianti e nuove competenze ha il vantaggio di garantire adattabilità ai cambiamenti nella domanda di materiali critici e di coinvolgere attivamente la società civile, favorendo la specializzazione in attività tecnologicamente più avanzate e sostenibili. Serve, tuttavia, una trasformazione di alcuni manufatti per rendere l’identificazione dei minerali più semplice: l’industria si sta già occupando di definire nuovi modelli di ecoprogettazione ed ecodesign per evitare tempi lunghi e processi non efficienti.

Oltre a riciclo ed economia circolare, è importante mappare e conoscere più a fondo il territorio, investire su esplorazioni ed estrazioni minerarie, accelerare la ricerca e lo sviluppo, ed estendere l'elenco delle materie prime critiche a quelle considerate strategiche. È di fondamentale importanza ripristinare una filiera mineraria che non esiste più nel nostro Paese, puntare sulla formazione di figure professionali ormai cadute nel dimenticatoio ma che hanno contribuito a rendere il nostro patrimonio geologico disponibile e valorizzabile. Alla base del rilancio dell’attività mineraria, oltre a ricerca e sviluppo tecnologico e sostenibile, c’è la necessità di snellire gli iter burocratici e autorizzativi che per anni hanno creato stallo in Italia e in Europa nell’ambito delle risorse del sottosuolo.

L’industria estrattiva potrebbe giocare un ruolo di trasformazione positiva del nostro territorio, intervenendo e riqualificando, aree industriali dismesse e potenzialmente ricche di minerali interessanti. Serve tuttavia un cambio di paradigma, un’industria 5.0, un approccio industriale innovativo e la trasformazione dell’attività mineraria in un fattore trainante utile anche per ripristinare e riqualificare alcune aree oggetto in passato di attività tradizionali. Approccio applicabile anche alle nuove attività estrattive che devono essere viste come un insieme integrato con le necessità del territorio promuovendo una nuova sensibilità collettiva per coniugare sviluppo industriale sostenibile ed esigenze delle comunità sulla base di elementi e criteri scientifici e rifuggendo da derive ideologiche. È un impegno particolarmente importante anche alla luce delle quantità richieste, che rispetto al passato sono significativamente, direi enormemente, superiori, per sostenere la transizione energetica e la promozione di nuove filiere industriali. A tale proposito, occorre procedere ad una mappatura completa delle fonti (nuovi giacimenti, miniere dismesse etc ) da realizzare con il supporto di nuove e più accurate metodologie come ad esempio l’utilizzo della digitalizzazione, di strumenti satellitari e di modelli di simulazione. La landscape architecture, nella sua eccezione più ampia di integrazione con il territorio, sarà fondamentale per questo nuovo approccio che deve vedere collaborare competenze diverse: non è più solo necessità di ripristinare i luoghi oggetto dell’attività, ma rendere i territori circostanti utili alle necessità delle comunità. L’attività mineraria del futuro deve essere la spinta per una nuova progettazione ed un nuovo uso del territorio, a copertura delle opere mancanti e necessarie per la transizione energetica.

Tutto ciò, purtroppo, non consentirà l’indipendenza del nostro Paese, data la lunga tempistica necessaria anche per recuperare l’attrattività industriale del settore che è andata perduta. In attesa delle modifiche normative e di approccio, l’Italia si sta muovendo per svolgere un ruolo importante nelle relazioni con i Paesi produttori e promuovere le competenze della nostra filiera industriale: abbiamo già un’industria energetica, che opera in tutto il mondo e riconosciuta come un’eccellenza, composta da aziende che già operano in molti dei Paesi di interesse e che potrebbero diventare protagoniste anche sui CRM, esportando approcci industriali sostenibili con il rispetto dei più elevati standard e l’utilizzo delle migliori tecnologie.