Dall’inizio dell'invasione russa dell'Ucraina, i paesi G7 hanno dovuto avviare un’accelerata diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetiche. Ciò ha condotto da un lato, al ricorso temporale ed emergenziale di fonti tradizionali, come il carbone, o il rilancio di ambizioni di lungo corso, come rendere l’Italia un hub europeo del gas. Entrambe però con implicazioni negative per gli sforzi nella lotta al cambiamento climatico e di dubbia fattibilità economico, tecnica e finanziaria. Un hub del gas creerebbe nuove dipendenze e legami incerti e poco sostenibili con paesi altamente instabili e in aree geograficamente molto complesse.
Dall’altro lato, lo sconvolgimento geopolitico ha portato ad una accelerazione della transizione dal gas verso un sistema pulito e più resiliente. Su questo occorre innanzitutto riconoscere che il gas in Europa, soprattutto in Italia, sta esaurendo la sua funzione di “transizione” ma è arrivato alla fine del ponte. In Italia questa transizione è iniziata negli anni 90, quando si avvia lo switch dal carbone al gas nel sistema elettrico. Oggi le due sfide più importanti per la sicurezza energetica, economica e climatica del Paese sono la pianificazione dell’uscita del gas nel sistema elettrico e nel settore degli edifici (lasciando così più tempo al settore industriale per innovarsi). I dati dell’inverno 2022-2023 lasciano ben sperare: le politiche e la capacità di risparmio di gas in tutti i settori sono state il traino principale che ha permesso di mettere il sistema in sicurezza e mitigare in parte l’impatto degli alti costi del gas. Anche di più di quanto stimato dalle politiche europee o dell’impatto delle temperature fuori norma.
In questo contesto, la Ministeriale G7 dei Ministri del clima e dell’energia svoltasi a Sapporo il 15-16 aprile ha mandato segnali importanti nella direzione di superare il modello fossile nonostante alcune reticenze. Infatti, la Presidenza G7 del Giappone, tradizionalmente restia ad allontanarsi dalla dipendenza dalle fonti fossili sia a livello nazionale che nell’ambito della cooperazione internazionale con i partner asiatici, ha messo al centro della sua attenzione modelli di sviluppo spesso non allineati con gli obiettivi climatici. La ricerca di un chiaro e formale sostegno dei paesi G7 del concetto sviluppato dal Governo giapponese di “Green Trasformation (GX)” - per mantenere e prolungare il ricorso delle tecnologie e infrastrutture fossili attraverso il ricorso ad ammoniaca e idrogeno per la co-combustione di carbone nella produzione elettrica – e il tentativo di espandere il finanziamento per il gas naturale liquefatto (GNL), incluso l’investimento in nuova produzione di gas nell’area asiatica, contrasta apertamente con il percorso di transizione che limiti la temperatura media globale entro 1,5°C.
Le evidenze scientifiche raccolte nel Sesto Rapporto di Sintesi dell'IPCC, recentemente pubblicato, sottolineano la portata e la velocità degli impatti crescenti del cambiamento climatico e dell'azione necessaria per garantire il non superamento del limite di 1,5°C. Il rapporto racchiude chiari appelli affinché i grandi emettitori, compresi i membri del G7, accelerino drasticamente gli sforzi di decarbonizzazione delle loro economie, adottando e ampliando le soluzioni esistenti e aumentando in modo significativo i loro contributi finanziari a sostegno dei paesi in via di sviluppo. Sulla stessa onda è l’appello del Segretario Generale dell’ONU Antonio Guterres in risposta al rapporto IPCC, che ha proposto “un’Agenda di accelerazione per l'azione globale sul clima” presentata il 20 marzo. Questa punta ad anticipare la scadenza per raggiungere la neutralità climatica dei paesi sviluppati al 2040 e quella dei paesi via di sviluppo al 2050 e a una riduzione globale dei combustibili fossili, cessando tutte le licenze o il finanziamento di nuovo gas e petrolio.
La Ministeriale G7 ha dovuto ricercare quindi un equilibrio delicato tra l’opposizione di Governi che difendono gli interessi dell’industria fossile tradizionale e la necessità di accelerare la transizione. Nonostante le attese negative, il Comunicato approvato il 16 aprile rilancia l’attenzione e l’impegno dei paesi G7 verso la questione climatica. In particolare, viene abbandonato il richiamo al gas come combustibile di transizione, ma vengono riconosciute le opportunità offerte dalle rinnovabili e dall’efficienza energetica per liberarsi dalla dipendenza russa e gestire l’inflazione provocata dagli alti costi delle fonti fossili durante la crisi e in generale la loro volatilità, quella del gas in primis. Questa consapevolezza sembra finalmente affermarsi, almeno a livello internazionale.
Il riconoscimento del ruolo dell'efficienza energetica come "primo combustibile" e pilastro della decarbonizzazione appare un cambio di passo nel garantire la sicurezza energetica e l'accessibilità economica delle grandi economie mondiali. La volontà di riconfermare il ruolo centrale delle rinnovabili come strumento per aumentare la nostra sicurezza energetica, indicando chiari obiettivi collettivi di installare una capacità di eolico offshore di 150 GW entro il 2030 e di solare fotovoltaico a più di 1 TW entro il 2030, sembra confermare un cambio di approccio. Infine, l’impegno a terminare, a livello globale, l’utilizzo di combustibili fossili, dove le emissioni non possono essere abbattute, sembra dimostrare la reale volontà di voler svolgere un ruolo guida nella transizione energetica.
Nella stessa direzione, gli investimenti nel settore del gas dovrebbero essere limitati, ad eccezione del caso in cui emergessero potenziali carenze provocate dalla crisi, sempre a condizione di rispettare gli obiettivi climatici e senza creare effetti di “lock-in” delle infrastrutture di approvvigionamento. Come abbiamo mostrato più volte per l’Italia, le infrastrutture esistenti sono sufficienti ad assicurare la sicurezza del sistema energetico già dal prossimo inverno, a patto di rivedere ed attuare le politiche di efficienza energetica, come il Superbonus, e di raggiungere uno sviluppo delle rinnovabili per 10 GW/anno.
Ma il cambio di narrativa, da sola, non è sufficiente a garantire il raggiungimento degli obiettivi. Solo un’azione rafforzata e legittimata dalla spinta politica dei leader è in grado di concretizzare l’ambizione che la COP26 di Glasgow era riuscita ad affermare nel 2021.
Per dare concreto seguito alla volontà di affrancarsi dai combustibili fossili, i leader G7, che si riuniranno a Hiroshima dal 19 al 21 maggio, dovrebbero concordare azioni comuni, concrete e misurabili che permettano di delineare un percorso certo che conduca al raggiungimento degli obiettivi.
Tenendo fede agli impegni internazionali già presi, i leader del G7 dovrebbero rilanciare la loro ambizione per concordare di:
- Eliminare il carbone come fonte domestica di produzione elettrica entro il 2030 (questo vale soprattutto per Giappone, Stati Uniti e Germania) e decarbonizzare pienamente il settore elettrico entro il 2035 in linea con quanto previsto dai percorsi indicati dall’Agenzia Internazionale per l’Energia (AIE);
- Eliminare i sussidi alle fonti fossili entro e non oltre il 2025, impegnandosi a presentare piani di azione nazionale che garantiscano trasparenza e verifica dei progressi in questa direzione;
- Rispettare il divieto al sostegno internazionale da parte dei paesi G7 alle fonti fossili (questo vale in particolare per l’Italia, che con la nuova politica di SACE ha rotto la promessa presa alla COP26), estendendo tale impegno alle Banche multilaterali di sviluppo, forti del ruolo di membri dei board e principali finanziatori di queste istituzioni;
- Promuovere la fine della vendita di macchine e veicoli leggeri a combustione interna entro il 2035, sostenendo parallelamente e senza ambiguità il dispiegamento su vasta scala dei veicoli elettrici e delle infrastrutture di ricarica;
- Impegnarsi a sostenere la riforma del sistema finanziario internazionale, contribuendo a definire un ampio pacchetto di riforma della Banca Mondiale da approvare a ottobre prossimo e presentando un’offerta finanziaria che consenta la transizione verde dei Paesi a medio e basso reddito attraverso strumenti finanziari innovativi e senza alimentare il loro debito.
Se questi sono i compiti dei leader del G7 in vista del vertice di maggio, i compiti e le aspettative per la Presidenza italiana del 2024 sono altrettanto elevati. Il continuo deteriorarsi del contesto geopolitico rende sempre più difficile e limitata una risposta unitaria alle sfide sistemiche e globali che la comunità internazionale deve affrontare. In questo scenario sempre più volatile e incerto, è allora auspicabile un rinnovato protagonismo del G7 per promuovere un ordine globale che fornisca a tutti i paesi accesso alle risorse necessarie per una trasformazione ordinata e giusta.