La “Energy Technology Perspectives” è una serie di rapporti pubblicati dall’Agenzia Internazionale dell’Energia dedicata al tema della tecnologia nell’ambito della transizione energetica. In questa edizione, il rapporto propone un’analisi approfondita sul tema delle catene di approvvigionamento di sei tecnologie chiave per la decarbonizzazione del sistema energetico: (i) le tecnologie rinnovabili (solare fotovoltaico ed eolico), (ii) la produzione di idrogeno (elettrolizzatori e cattura di CO2), (iii) i veicoli elettrici, (iv) i veicoli pesanti ad idrogeno, (v) le pompe di calore e (vi) la produzione di idrocarburi sintetici. Per ogni tecnologia vengono identificate tre fasi distinte: (i) l’estrazione delle materie prime, (ii) la loro lavorazione e (iii) la produzione delle tecnologie.
Per ogni fase e per ogni tecnologia, abbiamo esaminato la distribuzione geografica della produzione attuale e stimato la produzione futura in base ai progetti annunciati fino ad oggi. Ci è stato dunque possibile individuare il divario che esiste tra i progetti già realizzati e ciò che è necessario portare a termine per rimanere in linea con lo scenario di “Net-zero by 2050” (“scenario NZE”). Nel rapporto vengono analizzati anche altri temi, come i tempi di consegna per la produzione di nuovi stabilimenti produttivi, oppure le esigenze infrastrutturali (in termini di reti elettriche, di idrogeno e di CO2) della transizione energetica. Il rapporto, inoltre, contiene una valutazione del rischio per il raggiungimento dello scenario NZE e una stima degli investimenti necessari per l’aumento della capacità produttiva di ogni fase della catena degli approvvigionamenti. Merita però concentrarsi sulle raccomandazioni conclusive del rapporto rivolte ai governi e alle altre parti interessate che intendono comprendere meglio le sfide e le opportunità della transizione energetica e della nuova economia energetica.
La transizione energetica che stiamo attraversando porta con sé sia nuovi rischi che nuove opportunità. Da un lato, l’espansione di nuovi settori industriali (come ad esempio la produzione di batterie per i veicoli elettrici) sarà volano di crescita e di occupazione dato che la dimensione del mercato per queste tecnologie triplicherà, aggirandosi intorno ai 650 miliardi di dollari entro il 2030, e il numero degli occupati a livello globale per la produzione e installazione di queste tecnologie passerà dai 6 milioni odierni a 14 milioni nel 2030. D’altro canto, la transizione energetica non annullerà del tutto le problematiche di sicurezza energetica – tema molto attuale – ma cambierà il modo di comprenderla e valutarla. È evidente che ad oggi la Cina detiene il primato sulle varie fasi delle catene di approvvigionamento per queste tecnologie: il 70% della capacità produttiva per moduli fotovoltaici, pale eoliche, pompe di calore, batterie ed elettrolizzatori si situa nel paese. Inoltre, le materie prime necessarie per la produzione di queste tecnologie sono altamente concentrate in pochi Paesi; ad esempio, il 90% della produzione globale di litio si trova in tre soli stati, mentre più del 70% del cobalto viene estratto nella Repubblica Democratica del Congo.
In questo contesto, i governi di diversi Paesi si stanno impegnando ad aumentare la resilienza delle catene di approvvigionamento di queste tecnologie, aumentandone l’offerta, e ad essere competitivi in queste industrie emergenti. Questo significa che si sta delineando un allineamento tra politiche climatiche per la riduzione di emissioni, politiche di sicurezza energetica e politiche industriali. L’”Inflation Reduction Act” adottato dagli Stati Uniti è un perfetto esempio di questa tendenza. Politiche come quelle contenute nel REPowerEU e nel pacchetto “Fit for 55” dell’Unione Europea hanno delle caratteristiche simili. Queste politiche hanno la forza di plasmare il futuro scacchiere delle tecnologie energetiche pulite, dato che possono influenzare la scelta degli investitori su dove concentrare i propri capitali. Il numero di progetti annunciati per queste tecnologie è molto elevato. Se tutti i progetti annunciati in Cina venissero portati a termine, entro il 2030 questo paese potrebbe soddisfare tutta la domanda di pannelli FV, di un terzo degli elettrolizzatori e del 90% delle batterie per veicoli elettrici. Nonostante ciò, solo una frazione di questi è già in costruzione a livello globale – il 25% per i pannelli FV, il 35% per le fabbriche di batterie e appena il 10% per le fabbriche di elettrolizzatori – quindi le politiche industriali possono ancora avere un ruolo nella diminuzione della concentrazione geografica di queste industrie.
Lo sviluppo di politiche industriali in questo ambito non deve essere accompagnato da un abbondono del commercio internazionale. Ad oggi, molte di queste tecnologie vengono scambiate: il 60% dei moduli per i pannelli FV installati sono scambiati internazionalmente dato che la metà della produzione cinese viene esportata. È anche grazie al commercio internazionale che i prezzi di molte tecnologie energetiche pulite si sono abbassati negli ultimi anni. Quindi nello sviluppo di politiche industriali volte a queste tecnologie i governi devono considerare che non è realistico per un solo Paese o un solo mercato essere competitivo in ogni fase della catena degli approvvigionamenti. La competitività di un Paese si basa sia su fattori come l’accesso alle materie prime o al costo dell’energia, che su fattori meno influenzati dalla geografia, quali la presenza di manodopera qualificata, oppure su sinergie con altre industrie preesistenti.
Per questo è importante che i governi abbiano un approccio olistico nella valutazione dei vantaggi competitivi del proprio Paese nello stilare le proprie politiche industriali per queste tecnologie energetiche e che queste politiche siano conformi alle regole internazionali in materia di commercio e che vengano complimentate con partenariati strategici.