Per chi si occupa di energia, l’attività di scenarizzazione (che non vuol dire previsione, per definizione sbagliata) è una tra le più stimolanti e complesse. Permettetemi una premessa: ricordo la mia prima esperienza di scenari energetici ormai quasi 25 anni fa in quello che era il centro studi energetici per eccellenza in Italia: l’Eni.

Rispetto a quelle esperienze ed esercizi successivi, negli ultimi anni abbiamo – in Europa in particolare – definito e sviluppato scenari per “raggiungere” obiettivi e traguardi di medio e lungo termine prevalentemente climatici a livello continentale – spostando quindi molta dell’attenzione verso i modi “possibili” (o quelli definiti come tali) per soddisfarli. Che sicuramente può essere un approccio. Ma, per certi versi, dimenticando due aspetti che dal mio punto di vista avrebbero richiesto maggiore discussione e valutazione, e che oggi stanno prepotentemente riprendendo la nostra attenzione e dimostrando come alcuni assunti siano stati eccessivamente semplificatori di un quadro di crescente complessità.

Il primo: l’intero mondo dell’energia e in specifico quello del gas si stava trasformando in un mercato globale interconnesso. Ricordo una presentazione di qualche anno fa (2014)  dove, dovendo presentare trend e scenari energetici, avevo usato la “solita” cartina del mondo, ma ruotandola e mettendo al centro l’Asia. La prospettiva era sicuramente diversa (anche solo visivamente). Nel 2021, per la prima volta nella storia, il trading mondiale di gas naturale liquefatto (GNL) ha superato quello via pipe, con la Cina come primo importatore mondiale di GNL.

Il secondo: ancora più sfidante, perché richiede un forte senso critico (inteso in modo proprio, e quindi positivo), è la discussione circa le condizioni di realizzabilità degli scenari stessi. Che è il vero valore degli scenari, per sviluppare un quadro critico degli snodi decisionali e fattuali che possono incidere sulla loro robustezza. Per certi versi ci siamo focalizzati sul (innamorati del?) risultato atteso senza guardarlo in controluce, considerando in particolare l’”offerta” come un dato che avrebbe sempre supportato in modo adeguato, tempestivo ed economico qualunque evoluzione della “domanda”.

Un esempio di quanto sopra, ovviamente non prevedibile nel suo drammatico sviluppo degli ultimi mesi, ma sicuramente già preso in considerazione in passato come punto di attenzione (ad esempio nelle considerazioni a supporto del contesto relativo al mercato gas della Strategia Energetica Nazionale del 2017), è lo “scenario” determinatosi a seguito dell’invasione russa in Ucraina che, volendo solo esaminare il punto di vista esclusivamente energetico, ha di fatto generato uno tsunami, in Europa e a livello globale.

E qui provo a contribuire con alcune considerazioni in merito a possibili stati del mondo (o scenari) che potremmo dover considerare per il mercato del gas per le decisioni e implicazioni di sviluppo economico, di equità sociale e di lotta al cambiamento climatico che dobbiamo coniugare.

Un primo elemento è che – per quanto possiamo auspicare una pacifica soluzione del conflitto in corso – non si potranno più avere le condizioni per una credibilità dei flussi di gas russo verso l’Europa, se non in un lontano futuro. Ciò comporta che il maggiore flusso interregionale di gas via gasdotto a livello mondiale sarà – come già stiamo vedendo – soppiantato da una ulteriore spinta verso flussi di GNL, con alcuni possibili ambiti di ottimizzazione via pipeline (Algeria, Azerbaijan), importanti a livello nazionale italiano ma quantitativamente limitati a livello europeo.  Nei fatti, i maggiori flussi di GNL che attualmente permettono di avere un contributo nella sostituzione di quelli russi sono di provenienza americana. E sono frutto della “shale gas revolution” a stelle e strisce. Solo circa un anno fa (!) una grande società energetica europea non aveva potuto finalizzare un contratto di acquisto di GNL statunitense per “incompatibilità” legate ai target climatici.

Ci troviamo quindi di fronte al secondo elemento di scenario: come conciliare il fabbisogno energetico con le giuste ambizioni – in un quadro di credibilità realizzativa (ad esempio considerando di avere e promuovere più soluzioni e poi far scegliere gradualmente al mercato quelle migliori?) – per la mitigazione delle emissioni. Ricordando che – anche solo guardando al settore della generazione elettrica (confuso in diversi consessi con energia tout court) – stiamo assistendo ad un forzoso ma importante ritorno a fonti che credevamo di avere quasi abbandonato (carbone, petrolio). Senza peraltro affrontare in questa sede l’importante impatto derivante dalla riduzione del nucleare francese o dell’idroelettrico su scala europea. Di nuovo sicurezza dell’offerta.

Un terzo elemento di scenario che ritengo utile rimarcare è quello legato agli investimenti e alla (dimenticata) natura stabilizzatrice per produttori e consumatori di contratti di durata pluriennale, che sono stati in larga misura considerati non più necessari rispetto ad un quadro di abbondanza, flessibilità e prezzi contenuti che abbiamo registrato per diversi anni. Investimenti che, per essere chiari, non sono certo stimolati dagli attuali prezzi, visti giustamente come non indicativi e che scontano un approccio focalizzato sul ritorno di breve termine. Sul tema legato agli investimenti credo importante focalizzarsi ricordando che – in termini di previsioni di crescita della domanda (su questo rinvio al recente report delle Nazioni Unite per ricordare “chi” è la domanda) – il mercato asiatico e cinese, in particolare, sono e saranno il grande catalizzatore di nuovi sviluppi, anche americani. Torno alla cartina che ho citato in apertura: l’Europa (e l’Italia), devono in modo crescente analizzare quanto accade o può accadere fuori dal nostro continente per valutare le dinamiche “interne”. Sicurezza, stavolta, della domanda.

Il quarto ambito attiene lo sviluppo tecnologico che necessariamente richiede uno spazio di manovra e valutazione ampi, ma senza che per questo gli scenari debbano “predire”. Ruolo degli scenari in questo senso dovrebbe essere quello di individuare ambiti di ricerca e investimento che possono contribuire a migliorare il quadro di domanda e offerta energetica (ampliare le opzioni a disposizione, non predefinire un vincitore apparente a tavolino). In questo senso sono importanti i gas “verdi” ma anche una crescente attenzione alle tecnologie di CCUS. Che non possiamo trascurare, dato che anche nel più roseo degli scenari si potrà arrivare ad un “net” zero e sempre ricordando che la sfida climatica è globale e non “di quartiere”.

Oggi tutti gli scenari stanno tornando a parlare di sicurezza energetica come elemento essenziale e prioritario. Sicuramente in Italia e in Europa, ma non solo da noi. Potrei citare il Pakistan, o l’Australia, come casi diversi in cui gli attuali flussi di domanda e offerta gas potranno determinare conseguenze di breve e medio-lungo termine nell’evoluzione del contesto geo-energetico.

Per concludere sugli scenari: serviranno sempre e sempre dovranno essere rivisti. Sapendo che richiedono talvolta posizioni…un po’ controcorrente oltre che crescente ampiezza e profondità di analisi e confronto.  Una possibile risposta a questo puzzle dinamico di cui non conosciamo forma e dimensione è che, se vogliamo immaginare un mondo con più sviluppo e meno emissioni, il gas naturale e i gas verdi e decarbonizzati sono una delle soluzioni che oggi abbiamo a portata di mano e che dobbiamo perseguire – anche in termini di innovazione tecnologica – per continuare in questo percorso complesso che si chiama soddisfacimento della domanda di energia, che poi è domanda di sviluppo. Togliere, limitare o ridurre tale opzione senza avere alternative credibili su scala industriale è uno dei rischi che gli scenari dovrebbero rappresentare. In termini di sicurezza ma anche di credibilità delle soluzioni disponibili nel medio (e anche lungo) termine.

E ricordando che “Scenario analysis is only as good as the inputs and assumptions made by the analyst”.