La finestra temporale entro la quale evitare i peggiori impatti della crisi climatica e contenere il riscaldamento globale a 1,5° si sta chiudendo velocemente. Così come è evidente che le comunità dall’India all’Italia stiano subendo le conseguenze del cambiamento climatico: da mortali ondate di calore ad alluvioni record.

Ad oggi, solo 100 compagnie di combustibili fossili sono responsabili di più del 70% dell’inquinamento provocato dalla Rivoluzione Industriale in poi. A questi si aggiungono le responsabilità delle istituzioni finanziarie che hanno supportato gli idrocarburi con miliardi di euro: supporto che non è terminato nemmeno dopo la firma degli Accordi di Parigi. Per questo il settore finanziario è posizionato come nessun altro per porre fine al cambiamento climatico e finanziare il supporto ad un’industria responsabile del caos climatico.

Mentre la guerra di Putin in Ucraina, che si alimenta in ragione degli scambi di combustibili fossili fra Mosca e l’Europa, causa distruzione e instabilità, sottolineando la volatilità di un’economia globale pericolosamente legata a queste fonti, l’ultimo rapporto IPCC ha lanciato un messaggio chiaro a coloro che sostengono tuttora le compagnie legate a carbone, gas e petrolio.

Il Segretario generale dell’ONU Guterres ha detto: “Gli scienziati avvertono che siamo già pericolosamente vicini a punti di rottura che possono portarci ad impatti climatici a cascata e irreversibili. Eppure, non solo governi e corporation stanno facendo finta di nulla, ma aggiungono fuoco alle fiamme. Queste stanno strozzando il nostro pianeta, basandosi sui loro interessi di parte e gli investimenti storici in idrocarburi, quando più convenienti soluzioni che passano per le rinnovabili sono disponibili, offrendo lavori sostenibili, sicurezza energetica e maggiore stabilità nei prezzi. Investire in nuove infrastrutture fossili, continua Guterres, è una pazzia morale ed economica.”

Grazie a molte comunità che si battono per un mondo più pulito, insieme a un crescente e forte movimento globale che chiede alle istituzioni finanziarie di fermare il flusso di denaro verso i combustibili fossili, parecchi passi avanti sono stati compiuti. Nel 2012, il disinvestimento dalle fonti fossili è iniziato come una campagna morale in un pugno di università americane con un chiaro messaggio: se è sbagliato distruggere il pianeta, è sbagliato trarre profitto da questo disastro.

Ora, dopo oltre 10 anni di monitoraggio, si può affermare che il disinvestimento è una strategia di investimento finanziario mainstream, con istituzioni come il fondo sovrano norvegese, i fondi pensione di New York, l’Arcidiocesi di Palermo, Vercelli, Salerno e la città di Milano impegnati a non investire più in compagnie che operano nella filiera del carbone, petrolio e gas.

Sinora, oltre 1.500 istituzioni che rappresentano più di 40 trilioni di dollari di asset sono impegnati a disinvestire nel settore. In molti portfoli, sia in ragione di una pressione pubblica sempre più pressante che per anni di continui cali dei profitti, il carbone è stata la prima fonte a scomparire. Ciò è dovuto principalmente a tre ragioni:

1)    Fallimento finanziario dell’industria del carbone - L'ultimo decennio ha visto più di 50 compagnie carbonifere statunitensi andare in bancarotta, un chiaro segnale di avvertimento anche per petrolio e gas, in ragione del fatto che tutta l'industria delle fonti fossili, in caso di declino, fallisce strutturalmente. Nel complesso, negli ultimi dieci anni, tutte le società di combustibili fossili hanno registrato performance meno positive delle media, con azionisti e istituzioni finanziarie che hanno ottenuto rendimenti maggiori su investimenti con portafogli privi di combustibili fossili rispetto a quelli che includevano le energie del passato.

2)    Gli impatti climatici devastanti e iniqui del carbone - L'inquinamento atmosferico è ora il principale problema di salute ambientale al mondo, con 7 milioni di vittime ogni anno. Il carbone, il più sporco di tutti i combustibili fossili, e l’inquinamento atmosferico causato dalla sua combustione è la causa principale di molti gravi problemi di salute. E in questo momento in cui le comunità stanno ancora riscontrando problemi di salute respiratoria a causa del COVID-19 e dei suoi impatti, l'inquinamento atmosferico da carbone colpisce soprattutto le comunità indigene, le comunità di colore e i lavoratori a basso reddito.

3)    I combustibili fossili alimentano la falsa sicurezza delle comunità - Nonostante durante la sua campagna elettorale, Donald Trump abbia affermato di "riportare in auge il carbone", le chiusure e i licenziamenti nel settore sono aumentati. Mentre i dirigenti di alcune imprese hanno tratto profitto durante il blocco imposto per la diffusione da COVID-19, oltre 118.000 lavoratori sono stati licenziati. Per questo è importante al fine di raggiungere una transizione equa i dai combustibili fossili, raddoppiare il nostro impegno a non lasciare indietro le comunità. Come notato nella Global Coal Exit List, un progetto di Urgewald, le istituzioni finanziarie che vogliono spostare il carbone fuori dal proprio portafoglio spesso devono affrontare un ostacolo molto pratico: la mancanza di informazioni. È qui che entra in gioco proprio la Global Coal Exit List (GCEL). "Gli investitori che rappresentano oltre 16 trilioni di dollari di asset stanno già applicando uno o più dei tre criteri di disinvestimento del GCEL per escludere le società carbonifere dai loro portafogli". Il progetto prosegue sottolineando: "Ma a meno che altri non seguano e non lo facciano rapidamente, falliremo il più elementare di tutti i test climatici: lasciarci alle spalle il carbone".

Oggi, le rinnovabili sono più competitive del carbone (ma anche di tutti i combustibili fossili) e i progetti di energia rinnovabile stanno avendo costi capitali più bassi rispetto alle energie più inquinanti. Per i prossimi anni, però, bisogna evitare di continuare a basarsi su economie di estrazione che sfruttano i lavoratori, le nostre comunità e il nostro prezioso pianeta. Questo significa dare priorità all’energia rinnovabile come fonte democratica, che sia gestita da quelle comunità che stanno subendo più di altre le conseguenze dell’impatto climatico. Come sottolineato dallo stesso Guterres recentemente “un maggior utilizzo delle rinnovabili gioverà al nostro mix energetico globale in crisi e offrirà speranza a milioni di persone oggi impattate dal cambiamento climatico…è tempo di fermare il riscaldamento del nostro pianeta e iniziare ad investire nelle abbondanti risorse energetiche rinnovabili che ci circondano”.