L'aggressione militare russa all'Ucraina ha riportato al centro del dibattito internazionale e italiano il tema della sicurezza energetica e delle vulnerabilità associate alla dipendenza dall'approvvigionamento esterno di idrocarburi, e in particolar modo di gas. Lo ha fatto modificando in profondità i parametri attraverso i quali guardare alla partita energetica e al bilanciamento tra le ragioni del mercato e quelle della politica che a essa sottendono. Politica e diplomazia dell'energia sono così tornate ad affermare il proprio ruolo in un contesto che ci si illudeva potesse essere determinato dalle sole dinamiche e dalle leggi della domanda e dell'offerta.
La riscoperta centralità della politica dell'energia si è a sua volta riflessa nel cambio di narrativa dominante sul gasdotto trans-adriatico (Trans-Adriatic Pipeline, TAP), che dall'essere considerata infrastruttura ridondante – se non inutile – e dannosa per l'ambiente è repentinamente assurto a prezioso pilastro della sicurezza energetica nazionale.
Inaugurato nel dicembre 2020 dopo un travagliato iter autorizzativo sul territorio nazionale, il TAP rappresenta l'unica infrastruttura di importazione di gas in Italia realizzata nel corso dell'ultimo decennio. Nel corso del 2021 ha consentito l'importazione di 7,5 miliardi di metri cubi (Gmc) di gas, con benefici, oltre che sul piano – rivelatosi prezioso – della diversificazione dell'approvvigionamento, anche su quello dei prezzi della risorsa e sul datato obiettivo di fare della Penisola uno snodo della distribuzione del gas in Europa meridionale. “Progetto di interesse comune” europeo, il TAP rappresenta al contempo il segmento finale di un sistema di infrastrutture di importazione dal Mar Caspio che ha dato forma al Corridoio meridionale del gas dell'UE – da un ventennio a questa parte chiave di volta del tentativo delle autorità di Bruxelles di diversificare i canali di approvvigionamento continentali e ridimensionare la dipendenza dei suoi membri dalle forniture russe.
Sin dalla sua iniziale progettazione, la storia del TAP si è dunque collocata a cavallo tra mercato e politica dell'energia e, a ben vedere, è più alla seconda che alla prima che deve la sua realizzazione. Difficilmente, infatti, il gasdotto avrebbe visto la luce al di fuori dell'iniziativa del paese esportatore – l'Azerbaigian – che ha contrastato la sfavorevole congiuntura nei mercati del gas europei con una risoluta politica di investimento lungo tutta la rotta tra il Caspio e l'Adriatico. D'altra parte, ancora fino allo scorso anno – e tanto più a seguito del calo di domanda causato dalla pandemia – le ragioni del mercato sembravano precludere la possibilità di sfruttare appieno le potenzialità di trasporto del TAP, la cui capacità è scalabile da 10 a 20 Gmc/a. Per questa via, il test di mercato lanciato nell'estate 2019 e conclusosi due anni dopo era andato deserto. Contemporaneamente, a fine 2021 la Commissione europea eliminava dalla lista dei progetti di interesse comune quel gasdotto trans-caspico che fin dall'avvio della partita energetica regionale aveva rappresentato il principale obiettivo per incrementare significativamente l'offerta di gas al Corridoio meridionale.
A rimescolare le carte sulla tavola della partita del gas ha contribuito la guerra in Ucraina, che ha dimostrato come la logica della “interdipendenza” tra acquirente europeo e fornitore russo non possa essere valutata in meri termini economico-commerciali di incontro tra domanda e offerta, in un vuoto di più ampie considerazioni strategiche. Mentre, infatti, la logica di mercato e la “mutua dipendenza” russo-europea ha dimostrato notevole resilienza innanzi alla crisi diplomatica che ha accompagnato il conflitto, considerazioni strategiche inducono oggi più risolutamente che in passato a imboccare la strada della diversificazione. Il TAP torna così in cima al dibattito e alle priorità d'azione nazionali, assieme alla necessità di programmazione e investimento nello strategico comparto del gas naturale.
A testimoniare il cambio di passo nelle politiche e nelle strategie di approvvigionamento nazionale è stato – prima ancora che il giro di visite a Baku da parte delle autorità italiane ed europee – il diverso esito del secondo test di mercato per l'ampliamento del TAP, lanciato dal Consorzio nel luglio dello scorso anno. Resa più appetibile per gli operatori dall'impennata dei prezzi del gas naturale fatto registrare nel 2021, la fase non-vincolante del test ha fatto registrare manifestazioni di interesse all'utilizzo della capacità aggiuntiva dell'infrastruttura in tutti i punti di interconnessione con le reti di trasmissione nazionali. Su questa base, e in ragione della maggior urgenza dettata dalla crisi ucraina, il Consorzio TAP, d'intesa con gli operatori delle reti nazionali italiana e greca (Snam Rete Gas e DESFA) e sulla base dell'autorizzazione assicurata dalle autorità di regolazione dei paesi coinvolti (Grecia, Albania, Italia), ha inoltre inteso velocizzare il processo di consultazione teso a sondare l’interesse del mercato all’espansione e stabilito di accorciare i tempi della fase di offerta vincolante d'acquisto, anticipandola di un anno a luglio 2022. Ciò garantirebbe la possibilità di firmare contratti di trasporto già in autunno e di concludere i lavori di ampliamento della capacità del gasdotto in un lasso di tempo compreso tra i quattro e i sei anni, a seconda della portata dell'ampliamento.