Dopo un anno segnato dalle difficoltà connesse alla pandemia, il settore industriale italiano e in esso il comparto dell’energia, sono coinvolti in un processo di ripartenza che, supportato dai fondi del Recovery Plan, si auspica possa essere occasione di un vero rilancio della crescita e competitività del nostro Paese. In questo contesto si affaccia, dopo anni di dormienza, la prospettiva di approvazione di una Legge sulla Concorrenza, provvedimento veicolo di riforme volte, come chiaramente suggerito dal nome, alla promozione delle dinamiche concorrenziali in vari settori economici e sociali.
Richiamata come necessaria da Draghi nel suo discorso di investitura al Senato, la Legge Concorrenza 2021, dovrebbe essere presentata in Parlamento entro il prossimo mese di luglio.
Sul punto, una preliminare considerazione: un’effettiva e auspicabile tutela della concorrenza, che passi attraverso una revisione in via continuativa dello stato della legislazione al fine di verificare se permangano vincoli normativi al gioco competitivo, dovrebbe richiedere in primis una riflessione ragionata su quanto la presenza di una partecipazione pubblica, diretta o indiretta, in primarie società presenti sui diversi segmenti della filiera energetica, incida sul level playing field e possa portare a distorsioni nelle scelte, per la commistione tra proprietà e decisore politico, nazionale o locale.
Scendendo nel merito delle riforme che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza prevede a breve termine per il settore energetico, attraverso il veicolo della Legge Concorrenza 2021, queste toccheranno temi chiave quali: la tempestiva attuazione dei piani di sviluppo della rete per l’energia elettrica, la modifica in senso pro-concorrenziale di alcuni regimi concessori, tra cui quello della distribuzione del gas naturale, il processo di piena liberalizzazione nel settore della vendita di energia elettrica previsto per il 2023.
Partendo da quest’ultimo aspetto, vale la pena ricordare come fu proprio l’unica Legge Concorrenza fino ad oggi emanata (Legge del 4 agosto 2017 n.24), a stabilire il progressivo passaggio dal mercato tutelato a quello libero, prevedendo le date dalle quali i servizi di tutela di prezzo non sarebbero più stati disponibili. Tali scadenze, più volte procrastinate, sembrano oggi trovare la loro tappa conclusiva nel 2023.
Il compimento del processo di liberalizzazione è più che mai necessario nel comparto elettrico. Come recentemente ricordato dall’Antitrust in una sua segnalazione sul tema, si tratta di un settore che sconta “l’importante distorsione della struttura di mercato originata dalla scelta compiuta dal Legislatore nel 2007 di attribuire in via esclusiva il servizio di Maggior Tutela ai soli venditori verticalmente integrati nella distribuzione, con conseguente elevata concentrazione, compartimentazione dell’offerta su base locale e correlate pratiche di trasferimento del relativo potere di mercato anche sul segmento non regolato”.
Pochi numeri a corredo di tale quadro, tratti dall’ultimo monitoraggio retail pubblicato da ARERA (relativo all’anno 2019): nel comparto dei clienti domestici elettrici la quota di mercato libero del primo operatore, pur in diminuzione rispetto al 2018, è stata pari al 48,3% in termini di energia servita e 48,7% in termini di punti; i primi tre operatori hanno servito il 66,3% del mercato in termini di energia e il 66,7% in termini di punti. Il 59,4% dei clienti domestici passati al libero mercato ha scelto come fornitore il venditore collegato all’impresa di distribuzione, evidenziando il perdurare del vantaggio competitivo in capo agli esercenti del servizio di Maggior Tutela.
Differente e necessitante, perciò, scelte decisionali a sé, il comparto del gas naturale, dove tutti gli operatori debbono presentare un’offerta di tutela. In tale settore, nel segmento clienti domestici, la quota di mercato del principale operatore è stata pari al 28% in termini di energia servita e 30,1% in termini di punti; quella dei primi tre operatori a 56,4% in termini di energia e il 61,5% in termini di punti. Un mercato dunque concentrato, ma in misura minore rispetto al settore elettrico, caratterizzato anche da una maggiore propensione del cliente tutelato a muoversi verso il libero mercato (il 58,6% dei clienti gas nel 2019 era servito nel mercato libero rispetto al 52% del settore elettrico).
A questi fattori di riflessione, occorre aggiungere la tematica inerente alla numerosità dei venditori, spesso stigmatizzata da addetti del settore e non come fattore di scarsa tutela verso i clienti finali. Si tende infatti ad associare la presenza di molti venditori alla tendenza di alcuni di loro, segnatamente quelli di più piccole dimensioni, a perpetuare pratiche commerciali scorrette verso i consumatori. Svolgendo una comparazione a livello europeo è possibile notare come, nel settore del gas, la Germania presenta il numero più alto di venditori tra gli Stati UE con 985 fornitori, seguita da Italia e Danimarca (446 e 125). Il trend è analogo nel comparto dell’energia elettrica, sebbene i numeri in valore assoluto siano decisamente più alti. I primi posti sono in mano a Polonia, Germania e Italia (2.008, 1.430 e 775), mentre in proporzione alla popolazione mostrano numeri elevati anche la Repubblica Ceca e l’Austria (409 e 174). Ciò a rimarcare il fatto secondo cui la numerosità dei venditori non sia peculiarità solo nostrana ma soprattutto non costituisca di per sé un fattore in grado di indebolire la tutela dei clienti finali, assicurata invece da controlli sul rispetto della regolazione vigente. Sotto tale profilo, l’emanazione di un Albo venditori, che possa contemperare l’esigenza di preservare e incentivare le dinamiche competitive del mercato con il rispetto delle regole, appare decisiva.
In merito al settore della distribuzione gas, lo svolgimento di procedure competitive per l’assegnazione del servizio è una riforma, che seppur ormai concepita più di vent’anni fa, risulta essere più che mai attuale.
Il ruolo che il gas potrà giocare nel processo di decarbonizzazione dei consumi e dunque l’apporto futuro che potranno fornire idrogeno e gas rinnovabili al processo, passa infatti anche dalla possibilità di sfruttare per il loro trasporto, in un percorso strutturato e graduale, l’articolato patrimonio di reti gas disponibile. L’assegnazione del servizio di distribuzione gas in chiave competitiva permetterebbe di raggiungere questo obiettivo, consentendo un rilancio degli investimenti, anche in ottica di transizione green.
Al fine di tutela della corretta concorrenzialità delle procedure di gara e dei clienti finali che pagheranno il servizio in tariffa, un intervento sulla normativa, aggiornandola non solo in relazione al ruolo dei gas rinnovabili e della progressiva digitalizzazione delle reti, dovrà assicurare che gli investimenti oggetto di gara siano sottoposti ad una preventiva analisi costi- benefici. Aspetto quest’ultimo che, insieme a poche ulteriori misure volte a snellire l’impianto normativo-regolatorio vigente, consentirebbe un rilancio del processo gare e dunque una valorizzazione del patrimonio delle reti esistenti, non incorrendo nel rischio di stranded asset.
Molta carne sul fuoco quindi, con l’auspicio che finalmente, anche attraverso un processo strutturato e snello di interlocuzione con gli stakeholder impattati, si possa arrivare a mettere in cantiere riforme necessarie e da anni rimandate.