L’obiettivo di neutralità carbonica fissato dal Green Deal UE al 2050 impone non solo un abbandono delle fonti di energia fossile in favore delle rinnovabili ma anche il supporto di quelle pratiche in grado di fissare la CO2 residua. Riduzione delle emissioni ed assorbimento di anidride carbonica dovranno quindi essere posti al centro delle politiche climatiche. In tale ambito, le aziende agricole e forestali possono assumere un ruolo strategico producendo oltre a alimenti e fibre, anche energia termica, elettrica e biocarburanti da fonti rinnovabili agroforestali, incrementando la capacità di assorbimento della CO2 nei suoli agricoli e forestali. Un ruolo a tutto tondo, dunque, quello dell’agricoltura nella bioeconomia e nell’economia circolare, il cui maggiore sviluppo consentirebbe di costruire nuove opportunità di reddito con particolare riferimento a quelle aree oggi a maggiore rischio di abbandono come, ad esempio, le aree interne del Paese dove la disponibilità di biomasse forestali è ampia ma scarsamente valorizzata.
Per contrastare dunque i cambiamenti climatici e rivitalizzare l’economia di vaste aree del nostro Paese, è necessario puntare con maggiore decisione alle agroenergie (fotovoltaico, biogas, biomasse e biometano) rivedendo le attuali politiche energetiche al 2030 soprattutto per quanto riguarda le bioenergie verso le quali il PNIEC italiano riconosce un ruolo marginale.
L’innalzamento degli attuali target europei di riduzione delle emissioni al 2030 (dal -40% ad almeno il 55/60% rispetto al 1990) impone una revisione dei Piani nazionali per l’energia e clima volta non solo ad allineare gli obiettivi nazionali sulle rinnovabili ai nuovi target UE, quanto ad integrare in misura maggiore la capacità di mitigazione del settore agricolo e forestale in termini di produzione di energie rinnovabili (elettrica, termica, biocarburanti) e di assorbimento della CO2.
Occorrono in particolare politiche energetiche e misure dedicate al settore agricolo capaci di coglierne le sue peculiarità e sostenere adeguatamente lo sviluppo delle agroenergie, in un contesto che chiama gli agricoltori ad un maggiore impegno sulla sostenibilità, anche come leva per la competitività.
La produzione di biogas da matrici agricole, e in particolare da effluenti zootecnici e altri residui, è riconosciuta come una delle principali soluzioni di mitigazione degli impatti propri del settore agricolo, in grado di fornire al contempo energia rinnovabile (elettricità/biocarburante) e fertilizzante organico (digestato), rispondendo così pienamente agli obiettivi di economia circolare e di incremento della fertilità dei suoli agricoli.
Tenuto conto della tipologia degli impianti a biogas agricolo attualmente in esercizio, dell’ampio potenziale di produzione di biogas da matrici agricole non utilizzato, dell’opportunità di mantenere l’attuale livello di produzione elettrica da biogas nonché della necessità di supportare la crescita del biometano per la decarbonizzazione del settore dei trasporti, occorre accompagnare le aziende agricole in un’ulteriore fase di sviluppo, attraverso adeguate politiche di sostegno della produzione di energia. Occorre quindi che quanto prima vengano definiti i nuovi regimi di incentivazione della produzione elettrica da biogas e si avvii una revisione del decreto biometano, così da poter superare quelle criticità che sono all’origine del ritardo nello sviluppo del biometano agricolo.
Per quanto riguarda poi lo sviluppo di nuovo fotovoltaico in ambito agricolo, si tratta di un progetto di forte interesse per la nostra Organizzazione e per le imprese che essa rappresenta, poiché si pone l’obiettivo di combinare la produzione di energia con le attività agricole. Occorre garantire massima diffusione degli impianti fotovoltaici su coperture di edifici e fabbricati rurali, ma anche spingere su soluzioni agrovoltaiche innovative nelle quali ci sia una forte interazione tra la produzione agricola e quella energetica anche attraverso uso di suoli agricoli. Con i dovuti accorgimenti, un nuovo sviluppo è possibile e vantaggioso, perché consente un uso plurimo e diversificato del suolo e l’integrazione di nuove produzioni agricole.
L’ulteriore sviluppo del fotovoltaico in agricoltura, inserito in un modello di Smart Farming o gestione agricola intelligente permetterà alle aziende agricole di mantenere o migliorare la produttività e la sostenibilità delle produzioni, nonché la gestione del suolo. Potrà inoltre essere un’occasione di valorizzazione energetica dei terreni marginali o non idonei alla produzione agricola che, in assenza di specifici interventi, sono destinati al totale abbandono.
Il fotovoltaico, secondo Confagricoltura, può rappresentare un elemento di crescita economica e ambientale, molto importante per il settore: favorire la multifunzionalità dei sistemi agricoli è condizione essenziale per assicurare alle aziende un’adeguata redditività e strumenti per rispondere alle diverse sfide dell’economia in termini di maggiore produttività e migliore sostenibilità ambientale.
Una più ampia diffusione del fotovoltaico in agricoltura consentirà, inoltre, lo sviluppo delle ‘Comunità per l’energia rinnovabile’ con modelli di produzione e consumo sempre più efficienti in cui le aziende agricole potranno soddisfare non solo i propri fabbisogni di energia, ma mettersi a servizio di cittadini, imprese e amministrazioni comunali fornendo loro energia oltre che prodotti agroalimentari di pregio, cura del paesaggio e servizi ecosistemici.